Di questi tempi ogni televisione allestisce i palinsesti dell’autunno per presentarli agli investitori pubblicitari. Ma, a quanto riferiscono le cronache, Mario Orfeo, direttore dell’approfondimento informativo, ha mancato di formulare le attesissime proposte. E così, giusto ieri, ha perso l’incarico e forse avvierà qualche reclamo giudiziario, ma intanto s’è tolto dalle spalle una grana praticamente irrisolvibile. Perché il deficit d’approfondimento della Rai è un problema di struttura diffusa dell’azienda che non si risolve con la speranza di scoprire chissà quale genialata di programma. Perché in tv nulla s’inventa e tutto dipende dalle condizioni di contorno.

Le risorse umane

Le risorse umane della Rai non sono peggiori o migliori di quelle di Mediaset o La7, ma sono concentrate alla guardia di un bidone: il sistema delle molteplici edizioni delle multiple Testate, compresa l’All News riposta nel canale 48. L’informazione è la zona della Rai dove le colleganze politiche hanno sedimentato in tanti anni i propri cari, invero numerosi. Sebbene la Bbc, che ha più giornalisti della Rai, trasmetta giornalmente solo un pugno di notiziari e per il resto faccia rubriche che approfondiscono costume, scienza e politica, per non dire delle emissioni rivolte a tutto il mondo.

Ma, a parte tutte le cose di sostanza strutturale, può essere anche peggio, e cioè che Orfeo, brillante figlio del sistema, non creda possibile un approfondimento diverso da quello che si “sparge” (contraddizione lessicale mica male) fra i titolari corazzati di fasce orarie e di rubriche. Che scambiano l’approfondire col correre dietro alla notizia del momento, col contorno stanco di maschere da chiacchiera e allungandosi d’orario per portare a casa il pomeriggio e la serata.

Immaginiamo che dato il clamore di un Orfeo ributtato nell’Inferno, i vertici aziendali cercheranno di sfoderare qualche formato e di inventarsi qualche nuova conduzione. Sarà un modo per tamponare lo smacco e l’emergenza, ma c’è da star sicuri che si tratterà di un sasso che affonderà nella disattenzione generale senza spruzzi. Perché quanto all’informazione, l’unico format che sveglierebbe l’apatia dell’audience, sarebbe la rivoluzione della Rai contro se stessa, con canali interi che mutano d’aspetto e altri che scompaiono, scioperi terribili e lotte sanguinose in vista di qualcosa che somigli a una riforma sostanziale.

Rai e Parlamento

Purtroppo è molto improbabile che accada (lo diciamo da ottimisti) perché l’editore della Rai è il parlamento, che (si veda la corrente bozza di “principi” della commissione di Vigilanza Rai in materia di Contratto di Servizio) per natura riproduce il garantismo assembleare. Tanto prezioso per la democrazia rappresentativa, quanto mortale se pretende di “dirigere” un’azienda, anziché limitarsi al suo dovere: deliberarne il fine e l’esistenza insieme con i finanziamenti necessari.

Gli incontri della commissione di Vigilanza con l’amministratore delegato, disponibili in streaming sul canale parlamentare, sono un momento di culto per quelli come noi che s’angosciano sulle ragioni del ritardo produttivo dell’Italia. L’uno, l’amministratore, prospetta dati, situazioni e prospettive a seconda delle condizioni che il parlamento si risolverà a creare.

Dall’altra parte scena muta, querimonie, minacce ellittiche e tempo perso con le diatribe fra un parlamentare offeso e un noto conduttore. Scommettiamo ad occhi chiusi che quanto prima ci sarà una nuova convocazione per sviscerare fino in fondo il perché e il percome della degradazione di un Direttore accusato di renitenza sul campo di battaglia. Forse la scamperemo fino al 12 di giugno o forse neppure i comizi elettorali riusciranno ad evitarci il tritume delle indignazioni pelose e delle chiacchiere

Né c’è da sperare che Draghi metta tutta la sua forza, finché dura, per avviare la Riforma sostanziale della Rai, senza la quale qualsiasi Amministratore corre corre e suda, come il topolino nella ruota. Perché c’è sempre qualcosa d’altro a cui pensare, un Salvini da accalappiare, un Conte da stoppare. E quello che il governo alla fin fine pretende dalla Rai è che sappia stare buona, che continui a sfibrarsi, e che se proprio deve suicidarsi, procede almeno lentamente.

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