Sembra più concreta di altre volte la notizia che circola nei corridoi di via Teulada. Il conduttore di Report, da tempo in rotta di collisione con la governance meloniana, si incontrerà con Cairo
Sigfrido Ranucci dall’anno prossimo potrebbe passare a La7. La voce che circola in Rai, anticipata da Lapresse, su fatto che il conduttore a giorni avrebbe in agenda un importante incontro con Urbano Cairo, numero uno di La7, sarebbe fondata.
Già in passato il conduttore era stato in odore di addio, considerati i numerosi scontri con l’azienda. Stavolta, la misura sembra essere piena. E, nonostante i lavori per la stagione alle porte siano già iniziati, la trattativa per l’anno prossimo sembra avanzata, tanto che Lapresse arriva a parlare di «incontro decisivo», definizione che viene però ridimensionata da chi è vicino al dossier.
Sul passaggio si era sempre allungata l’ombra della copertura legale, che nel caso di Report rappresenta un elemento di tutto riguardo. Tuttavia, su questo punto Cairo si sarebbe da tempo fatto coraggio, mettendo in conto anche l’assistenza legale di cui un programma d’inchiesta come Report ha bisogno. L’altro punto che segnalano in Rai sono le possibili conseguenze di inchieste “scomode” per un imprenditore privato che vive di pubblicità. «Come faranno alla prima puntata su un nome che ha una voce rilevante nella categoria pubblicitaria?»
Resta il tema del nome del programma: Report è un marchio Rai e rimarrebbe alla direzione Approfondimenti, dove mettono già le mani avanti spiegando che il programma non si fermerebbe con l’addio di Ranucci, anche perché è ancora tutt’altro che chiaro quanta parte della sua squadra traslocherebbe con il conduttore.
Rapporti incrinati
La7 nelle passate stagioni ha già attinto a piene mani a quel bacino che era una volta Rai3, portando in squadra anche volti come Corrado Augias. Che la proprietà sia interessata al conduttore di Report – tra l’altro classe 1961, quindi ormai non più lontanissimo dalla pensione – non è un mistero.
Ranucci stesso lo scorso giugno aveva manifestato sotto la sede Rai di Napoli durante la presentazione dei palinsesti contro il taglio dell’informazione nella programmazione del prossimo inverno, da cui sono stati sforbiciate via diverse puntate anche del suo Report oltre che di altri programmi storici del servizio pubblico. Nelle settimane precedenti, aveva ricevuto un procedimento disciplinare dall’azienda per aver partecipato a trasmissioni e concesso interviste senza l’autorizzazione che i giornalisti Rai sono obbligati a chiedere.
«Se davvero la Rai dovesse perdere Sigfrido Ranucci, saremmo di fronte a un segnale devastante: lo smantellamento progressivo del servizio pubblico e l'appiattimento totale dell'informazione ai desiderata del governo Meloni. Sarebbe la conferma di una deriva in cui la professionalità e l'indipendenza viene sacrificata sull'altare del controllo politico» ha detto la presidente della commissione di Vigilanza Rai Barbara Floridia. Sono certo che Sigfrido, da sempre tifoso del servizio pubblico ancor prima che suo dipendente, non vorrà ammainare la bandiera di una vita e darla vinta a coloro che vorrebbero una Rai più spenta e più debole» aggiunge il consigliere d’opposizione Roberto Natale.
Il comitato di redazione del Tg3, dal canto suo, si rivolge all’azienda: «Pretendiamo dall'azienda che faccia tutto il possibile per dare al nostro collega e alla sua squadra le migliori condizioni di lavoro possibili, salvaguardando spazi di libertà e indipendenza, elementi essenziali della vita democratica del paese». Vittorio Di Trapani della Fnsi denuncia «una strategia ben precisa: non potendolo licenziare, i vertici della Rai hanno compiuto una quotidiana opera di interdizione al suo lavoro». Sandro Ruotolo, responsabile editoria del Pd, dice che «questa non è solo una fuga di volti noti, ma una ferita profonda al ruolo stesso del servizio pubblico».
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