A due giorni dalla presentazione dei palinsesti autunnali, l’azienda si rivolge al conduttore segnalandogli le interviste “non autorizzate” di Ranucci, in rotta con l’azienda per il taglio delle puntate dei programmi degli approfondimenti e per il rischio di vedersi le redazioni svuotate dalla stabilizzazione negoziata dall’Usigrai. La solidarietà delle opposizioni
Giampaolo Rossi contro Sigfrido Ranucci, capitolo ennesimo. Arriva a soli due giorni dalla presentazione dei palinsesti autunnali la raccomandazione – non è un richiamo disciplinare, si è affrettata a sottolineare la Rai – di rispettare le regole aziendali al conduttore di Report. Nella lettera si elencano le occasioni pubbliche in cui è intervenuto – alcune vecchie anche di due mesi – che Ranucci non si sarebbe fatto autorizzare secondo le norme previste dall’azienda. Una lettera firmata dal direttore del personale e dall’ad che – filtra dall’azienda – avrebbe avuto per primo l’intuizione di rivolgersi al conduttore.
«Mi accusano di aver partecipato alla trasmissione di Lilli Gruber il 6 maggio, senza essere stato autorizzato. Fatto non vero perché ero stato autorizzato dallo stesso Paolo Corsini (direttore degli approfondimenti, ndr) telefonicamente per lanciare la seconda parte della stagione di Report», scrive il conduttore sul suo profilo Facebook.
«Poi di aver presentato il mio libro a #Mestre, e di aver rilasciato un'intervista dove parlavo della minore libertà di stampa in Italia e del fatto che la gente si informava di meno. Non si riferiva alla Rai ma al mio libro La Scelta edito da Bompiani. Poi mi si accusa di aver partecipato con una telefonata a Piazzapulita per difendere Report e il collega Giorgio Mottola dalle accuse di manipolazione. Se devo prendermi un provvedimento per aver promosso e difeso la squadra e un marchio storico della Rai come Report, tutelato la libertà di stampa lo accetto con orgoglio».
L’azienda è intervenuta a stretto giro per sottolineare che «non è stata fatta alcuna contestazione disciplinare nei suoi confronti. Al vicedirettore “ad personam” Ranucci sono state semplicemente ricordate le vigenti regole aziendali in materia di rapporti con gli organi d’informazione e quelle più specifiche che riguardano i giornalisti. Regole che, si ricorda, valgono per tutti i dipendenti e collaboratori Rai, nessuno escluso», come si legge in una nota.
Le polemiche con l’azienda
Ranucci è da settimane in rotta di collisione con l’azienda e il sindacato Usigrai a causa dell’accordo per la stabilizzazione di 127 giornalisti dipendenti e partite iva: per aderire, tuttavia, è necessario trasferirsi nelle sedi regionali della Rai, motivo per cui le redazioni di molti programmi del genere degli approfondimenti – che spesso lavorano con contratti a termine – temono di essere svuotate.
La prospettiva di perdere risorse con esperienza, che saranno sostituite con nuove “prime utilizzazioni”, come vengono chiamate le partite iva, o con figure assunte con un nuovo concorso che l’azienda ha accettato di mettere in agenda per il 2026, si combina con un ulteriore elemento di preoccupazione per i conduttori degli approfondimenti: il taglio delle puntate. Una modifica del palinsesto che segue i tagli netti di alcuni programmi (alcuni sono stati rinviati al 2026, ma non ci sono ancora certezze definitive) e che riguarda soprattutto i programmi d’inchiesta come Report e Presa diretta. Oggetto della riduzione delle puntate anche il programma di Massimo Giletti e quello di Salvo Sottile.
La ragione è la spending review che l’ultima legge di bilancio ha imposto all’azienda anche se, obiettano in zona Cinque stelle dove a questo proposito hanno anche presentato un’interrogazione in commissione Vigilanza, la Rai rischia di fare figli e figliastri. La domanda che pone all’azienda la senatrice Dolores Bevilacqua riguarda chi – a differenza dei dipendenti – è contrattualizzato con forme particolari, come alcuni dei conduttori esterni.
La Cinque stelle chiede «quanti contratti con “minimi garantiti” siano attivi, a chi siano intestati, quali criteri ne abbiano determinato l’applicazione e quale impatto abbiano sui conti aziendali e sulla programmazione, anche in relazione ai tagli alle trasmissioni di inchiesta».
Le proteste
Le tensioni si incroceranno sul centro di produzione di Napoli venerdì prossimo, quando saranno presentati i palinsesti del prossimo autunno: in contemporanea, scenderanno infatti in piazza i manifestanti guidati dal comitato di redazione dell’approfondimento in polemica con l’azienda. «La drastica riduzione delle occasioni di racconto del paese a vantaggio di programmi di intrattenimento, utili solo a distrarre i cittadini, è un problema di tutti» si legge in una nota che annuncia la mobilitazione.
La rappresentanza sindacale ha anche preso posizione anche al fianco di Ranucci con una nota: «In Italia, in Rai, accade che se vai a parlare sul palco politico vicino al Governo, va bene e in Rai nessuno ha da ridire, ma se rilasci un’intervista sulla libertà di Stampa non lo puoi fare» si legge in una nota.
Sulla stessa lunghezza d’onda le opposizioni. «È l'ennesimo segnale di una deriva preoccupante. Telemeloni vuole mettere a tacere i giornalisti scomodi mentre smantella i programmi di approfondimento di rete in un momento in cui avremmo bisogno di più informazione pubblica e plurale» dice l’europarlamentare del Pd Sandro Ruotolo. Per il consigliere d’amministrazione Roberto Natale, «se è vero che “le regole valgono per tutti”, mi aspetto che domani in CdA l'ad porti il nome del nuovo direttore che propone per Rai Sport, dopo la doppia bocciatura che la redazione ha riservato al piano editoriale del direttore in carica. Altrimenti si confermerà il forte sospetto che le regole valgano a giorni alterni, secondo criteri che con la corretta gestione aziendale hanno poco a che spartire».
«Verrebbe da pensare che questa ''letterina'' sia una maldestra forma di intimidazione, proprio in un momento in cui Ranucci e altri giornalisti si stanno battendo per denunciare tagli pesantissimi al budget di programmi fondamentali come Report» scrivono i parlamentari del M5s. «Chi ha il dovere democratico di vigilare viene messo nell’impossibilità di agire. È impossibile andare avanti con una commissione di vigilanza bloccata da oltre otto mesi. Otto mesi. Per un veto politico della maggioranza. Alla luce di quanto sta accadendo, questo blocco non è solo grave: è diventato insopportabile» aggiunge la presidente della commissione di Vigilanza Barbara Floridia.
© Riproduzione riservata



