In attesa che Italia viva sveli il suo annunciatissimo documento con le proposte per “il salto di qualità”, il presidente della commissione Finanze della Camera Luigi Marattin ha indicato la strada che il partito di Matteo Renzi propone per il Recovery Fund: «Un’unità di missione, come quella per il dissesto idrogeologico», quella nata sotto il governo e Renzi e terminata appena è arrivato il Conte 1. Il sottosegretario del ministero dell’Ambiente Roberto Morassut (Pd) replica: «Italia sicura ha svolto una funzione importante per migliorare il monitoraggio e la selezione delle opere secondo criteri oggettivi. Ma la realizzazione degli interventi e sempre rimasta faticosa anche in quegli anni».

I dati li ha offerti di recente Ispra. Nel primo report sul sistema che raccoglie le proposte di progetti contro il dissesto idrogeologico Rendis è emerso che dal 1999 a oggi sono stati investiti 7 miliardi, circa 300 milioni all’anno. Invece ne servirebbero 26. Non risulta che con Italia sicura dal 2014 al 2018 ci sia stata un’impennata di investimenti, ma di comunicazione: «Le iniziative e il grande attivismo (anche sul piano comunicativo) di ItaliaSicura hanno caratterizzato fortemente lo scenario dell’azione governativa sul tema della difesa del suolo, soprattutto nei primi anni» ma «l’iniziale capacità propulsiva della struttura di missione ha però cominciato a perdere di incisività e di consenso finché, nel luglio 2018, l’esecutivo da poco insediato decise di non riconfermare la struttura, trasferendo al Mattm le relative competenze».

Italia Sicura

Mentre si combatte la guerra per i fondi europei, vanno avanti le altre battaglie. Proprio quella sul dissesto idrogeologico è una di queste. Anche qui è tornato forte il desiderio di unità di missione di Italia viva, ed è tornata anche Italia sicura. Lo scorso 28 novembre, mentre Bitti veniva travolta dal fango, la ministra della famiglia, Elena Bonetti – una di quelle disposte a dimettersi se non saranno ascoltate da Conte - twittava chiedendo di ripristinare la cabina di regia.

Il ministero dell’Ambiente invece sta lavorando a un decreto legge:  «Occorre dare mezzi tecnici e personale qualificato agli enti territoriali e alle autorità di distretto e investire ancor più risorse sul dissesto» dice Morassut. Anche per il dissesto idrogeologico si parla di Recovery fund. Il ministero vuole provare ad avere di più: «Il piano Next Generation Eu ha per ora previsto 4 miliardi e dico senza mezzi termini che sono pochi.  Ne servono almeno 6 o 7». Inoltre «bisogna mettersi in testa che gli interventi per il contrasto al dissesto sono interventi speciali e come tali vanno trattati». 

Di fronte alle pretese sulla gestione del dissesto idrogeologico di Italia viva Morassut dice: «Mi auguro che in questo delicato frangente si sfugga dalla tentazione di considerare il dissesto solo una grande cassaforte da gestire creando continuamente strutture centrali di gestione che camminano di ministero in ministero». 

Per lui «sarebbe semplicemente assurdo fare del dissesto idrogeologico una materia da “rimpasto”. Magari per continuare a fare della modellistica organizzativa come in Italia si fa da dieci e più anni». Un no a tutto questo sistema: «Il problema non sono le cabine di regia e dove le mettiamo. Il problema è la fragilità e a volte l’inconsistenza operativa della macchina amministrativa che deve fare le opere in tempo e bene».

La mediazione del Pd

In attesa che riprendano i confronti, la proposta del Pd in vista del Next generation Eu continua ad essere a metà strada tra Conte e Renzi, dove i tecnici faranno la loro parte ma con una critica a un’impostazione troppo verticistica: «Una struttura tecnica di supporto a governo e parlamento può avere la sua utilità purché serva a rendere più veloce l’attuazione dei progetti, ma non dovrà in nessun modo sostituirsi o entrare nel merito delle decisioni che spettano al legislatore», non offre dettagli, ma aggiunge: «bisogna evitare sovrapposizioni e far sentire tutti i comparti dello stato coinvolti e investiti di responsabilità». Il verdetto, come sempre, sarà quello che approverà il consiglio dei ministri.

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