Per due giorni la Sardegna è stata zona rossa. A flagellare l’isola non è stato il Covid-19 - nella cartina del virus il colore resta il giallo - ma la pioggia, che incessante ha colpito e continua a colpire la regione.

Le perdite maggiori si sono registrate a Bitti, piccolo comune in provincia di Nuoro. Tre persone sono morte. Giuseppe Mannu, di cinquantacinque anni, è stato travolto da una frana mentre tentava di mettere in salvo il suo gregge; Giuseppe Carzedda e Tzia Lia Oronesu, rispettivamente ottantanove e novanta anni, hanno visto invece la marea di fango entrare in casa e portarli via.

Ma la conta dei danni è lunga: A Galtellì una diga ha ceduto, costringendo centocinquanta persone a lasciare provvisoriamente le loro abitazioni; A Orune è crollato un ponte, fortunatamente senza provocare vittime; la Strada Statale 131, la principale arteria della Sardegna, è rimasta chiusa per ore. Le conseguenze economiche, poi, sono ancora impossibili da calcolare, ma è facile prevedere che gli eventi di questi giorni avranno serie ripercussioni sull’agricoltura e l’allevamento.

«È peggio di Cleopatra» ha dichiarato a caldo l’assessore all’Ambiente del comune di Bitti. Il riferimento è al ciclone che colpì la Sardegna nel 2013 uccidendo diciotto persone e provocando danni per un valore superiore al miliardo di euro.

Non è solo maltempo

Non cediamo alla tentazione di incolpare il fato avverso o un generico maltempo. Questo nubifragio, l’ennesimo, è dovuto al mix letale di crisi climatica e dissesto idrogeologico. Che il clima stia cambiando - in peggio - è ormai una realtà scientifica consolidata, ma ciò che spesso viene dimenticato nel dibattito pubblico è che gli effetti del global warming sono già tra noi. I fatti di questi giorni sono solo un piccolo esempio: secondo Legambiente dal 2010 ad oggi oltre cinquecentosessanta eventi meteorologici estremi attribuibili alla crisi climatica hanno colpito l’Italia. Cifre enormi, a cui vanno aggiunti i danni e le vittime provocate da tutti quegli effetti del riscaldamento globale diversi dal maltempo: ondate di calore estremo, desertificazione delle aree agricole, innalzamento del livello dei mari. Lo stato del dissesto idrogeologico, poi, viene fotografato dalla Coldiretti: nove comuni sardi su dieci sono messi a rischio da frane o alluvioni.

Alla politica non interessa

Questi dati non sembrano impensierire i nostri politici. Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa, nell’esprimere sui social il proprio cordoglio per le vittime, ha parlato di «aggressione climatica». Peccato che solo pochi mesi fa il suo dicastero abbia autorizzato il tratto sud della dorsale del metano sarda, il primo passo per portare nell’isola nuovo combustibile fossile importato dall’estero. Un progetto sviluppato in barba ad ogni raccomandazione della comunità scientifica e impegno preso a livello internazionale. Di recente il Politecnico di Milano ha presentato uno studio commissionato dal Wwf in cui si mostra come la Sardegna possa fare a meno del carbone già dal 2025 ed essere alimentata solo da rinnovabili entro il 2050. Tutto senza bisogno del metano. Un lavoro senza precedenti, ma che non ha fatto cambiare idea né a Roma né a Cagliari: si procede col metano, senza se e senza ma.

Non è da meno il governo regionale. Il presidente Christian Solinas, oltre ad essere il principale sponsor della transizione al gas, ha appena fatto approvare il Piano Casa, un provvedimento che autorizza incrementi volumetrici sotto i trecento metri dalla costa, in una fascia teoricamente protetta. Più cemento e meno aree verdi: esattamente la formula che ha portato a disastri come quello che ha colpito la Sardegna in questi giorni.

Dal centro la perturbazione è arrivata in Gallura, nel nord-est dell’isola. Il sindaco di Olbia ha raccomandato ai suoi cittadini di non uscire di casa per nessun motivo. Intanto l’allerta è tornata rossa anche su Sassari. È la nuova normalità nell’era della crisi climatica.

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