La Rai «discrimina» i lavoratori del servizio pubblico che abbiano accettato candidature elettorali o che partecipano attivamente in comitati politici e referendari. A dirlo è il giudice del lavoro del tribunale di Busto Arsizio che si è pronunciato sulla comunicazione a firma dell’ad Giampaolo Rossi, indirizzata a tutte le strutture, in cui si raccomandava, oltre alla rimozione dei nomi dei dipendenti e collaboratori politicamente attivi nelle elezioni amministrative o nei comitati referendari dai titoli di coda, anche l’astensione obbligata dal lavoro attraverso la fruizione di ferie o permessi. 

Il Tribunale ha ordinato alla Rai l’adozione con effetto immediato delle modifiche alla comunicazione interna «necessarie a evitare l’effetto discriminatorio evidenziato». Per il giudice, una strada potrebbe essere quella di limitare l’applicazione a «lavoratori e collaboratori implicanti una loro diretta e immediata visibilità attiva implicante dichiarazioni idonee a condizionare il voto in violazione del principio della par condicio». 

La decisione

Per la giudice, la circolare crea un «effetto disincentivante» alla «partecipazione attiva alla vita sociale del paese attraverso la (non necessaria) compressione dei diritti fondamentali costituiti dal diritto di esprimere liberamente al di fuori del contesto lavorativo il proprio pensiero, dal diritto di partecipare alla vita pubblica e aderire ad associazioni e partiti senza subire discriminazioni».

La circolare porterebbe i lavoratori coinvolti a essere «discriminati» rispetto «agli altri lavoratori e collaboratori, che non esprimono opinioni o non agiscono attivamente nel loro privato extra lavorativo». Per la giudice, infatti, per prevenire eventuali conflitti di interessi, non ci sarebbe stato bisogno di un meccanismo così stringente, «considerato anche il fatto che non vi sono elementi, riferiti agli anni passati, da cui risulti che il diritto a fruire di un servizio pubblico indipendente e imparziale sia stato leso dalla mancata astensione dal lavoro di dipendenti e collaboratori che avevano accettato candidature elettorali».

La replica

L’azienda nel pomeriggio ha pubblicato la sua versione dei fatti. «La Rai precisa che tali norme – nate per tutelare l’imparzialità e l’obiettività del servizio pubblico – erano già contenute nelle circolari del 2018, 2020 e 2022 su consultazioni elettorali e referendum» si legge in una nota dell’azienda.

La Rai ci tiene comunque a precisare che «nessuno viene obbligato a collocarsi in ferie/permesso o a sospendere il contratto, non essendoci alcuna disposizione normativa che preveda detti obblighi. La circolare, dunque, ha ribadito semplicemente norme già applicate e che nessuno aveva mai messo in discussione in precedenza». 

Per quanto riguarda il merito della causa nata dal  ricorso dell'Associazione nazionale lotta alle discriminazioni (Anlod) con il sostegno del Sindacato lavoratori della comunicazione della Cgil, bisognerà aspettare un’udienza da remoto fissata per il prossimo 16 luglio. Il Pd, nel frattempo, ha chiesto che la circolare venga «eliminata immediatamente». 

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