Pubbliche amministrazioni, una circolare intima di non fare comunicazione. Magi: «È un utilizzo abusivo della legge». Intanto anche Conte entra in partita, ma chiede solo quattro sì
Il comitato per il Sì al quesito sulla cittadinanza denuncia che per la Rai «i referendum sono fantasmi» e lancia la petizione «Rompiamo il silenzio». L’informazione pubblica sul voto dell’8 e 9 giugno è quasi nulla, secondo Riccardo Magi di Più Europa, la “scusa” ufficiosa è che in tv è difficile trovare rappresentanti del No, ma l’effetto «è che il regolamento per l’informazione sui referendum è diventato un regolamento per l’astensione». Perfetto per la destra di governo che, con rare eccezioni, ignora l’appuntamento e scommette sull’astensione per farlo fallire.
E non è solo la Rai a latitare. In questi giorni molte prefetture stanno inviando alle pubbliche amministrazioni, e in particolare alle scuole, una circolare che ricorda che «ai sensi dell’art.9 della legge 22 febbraio 2000, n.28, dalla data di convocazione dei comizi referendari e fino alla chiusura delle operazioni di voto, “è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione, ad eccezione di quelle svolte in forma impersonale ed indispensabili per l’assolvimento delle proprie funzioni”». In pratica è un invito a non fare informazione, ancora per Magi, «con l’utilizzo non estensivo ma abusivo di una legge che invece nasce per chiedere alle amministrazioni, e ai governi anche locali, di non utilizzare il proprio ruolo per le campagne elettorali: ma non vieta affatto di organizzare momenti di informazione corretta sui referendum». Più Europa annuncia un’interrogazione parlamentare.
Conte (solo) quattro sì
«Stanno facendo di tutto per rendere invisibile questo referendum», dice anche Giuseppe Conte da un video social diffuso il Primo Maggio. «Il M5s ha scelto di schierarsi perché si tratta di quesiti che migliorano la vita dei lavoratori, indipendentemente dalle idee che siano conservatrici o progressiste, di destra, di sinistra, di centro».
Con il messaggio, Conte entra finalmente nella campagna referendaria, dalla quale fin qui si era tenuto abbastanza alla larga, mentre Elly Schlein cerca di mobilitare la base del Pd a fianco della Cgil, come si è visto anche dalla partecipazione alla piazza di giovedì a Roma a fianco di Landini. Conte dunque è della partita? Sì, ma non del tutto: annuncia che il movimento dirà solo «quattro volte sì»: dunque sì ai quesiti contro i licenziamenti illegittimi e per la sicurezza sui luoghi di lavoro. Non una parola su quello sulla cittadinanza, sul quale ha lasciato libertà di coscienza ai suoi.
Concertone muto, Renzi no
Giovedì al concertone di piazza San Giovanni, a Roma, non si è sentita pronunciare una parola sul tema. La ragione sta nel fatto che i quesiti sono promossi solo dalla Cgil, la Cisl li vede come il fumo negli occhi, e la Uil dà indicazione di votare sì all’abolizione del Jobs Act e per la sicurezza sul lavoro, libertà per gli altri tre. Risultato: gli artisti sono stati “invitati” a non parlare del tema. Unico fuori programma, durante l’esibizione di Ghali: un gruppo di attivisti nel pubblico ha aperto uno striscione per il sì. Ma le telecamere della diretta Rai hanno rapidamente cambiato l’inquadratura.
Eppure il quorum potrebbe non essere una missione del tutto disperata. Un noto istituto di sondaggi ha rilevato la «propensione al voto» sui referendum. Il risultato è sorprendente: fra il 38 e il 40 per cento degli italiani sarebbe propenso a votare. Ma il committente non ha deciso di rendere pubbliche questi numeri, forse per ora.
La pensa al contrario Matteo Renzi che ieri a Tagadà (La7) ha spiegato di avere l’impressione «che il quorum non si farà neanche col binocolo». Ma Iv non fa campagna per l’astensione: vota no al quesito sul Jobs act e sì alla cittadinanza.
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