L’allontanamento della nostra collega dalla tribuna stampa di Montecitorio, dove giornalmente i cronisti parlamentari regolarmente accreditati seguono i lavori dell’aula, è al di fuori di ogni regola di buon senso e, soprattutto, estranea al regolamento interno della Camera dei deputati. Così com’è estranea alle posizioni di moltissimi politici eletti in quell’ala del parlamento, che hanno fatto sulle pari opportunità e la difesa delle donne grandi battaglie di principio, e alla presidenza stessa della Camera, che ha messo la questione femminile spesso al centro della propria agenda. In particolare, sotto la guida di Laura Boldrini.

Il regolamento

Non esiste a Montecitorio alcun articolo del regolamento, o comma, che imponga alle donne il dress code. Gli uomini, invece, sono obbligati a indossare la giacca; al Senato anche la cravatta. I commessi presenti all’entrata delle due camere si occupano di valutare la congruità del vestiario maschile.

Nel caso non corrisponda alle norme previste gli viene negato l’accesso, senza eccezioni. Le donne, giornaliste, deputate o funzionarie che siano, non hanno il dovere di portare un abbigliamento specifico.

Il richiamo

Il presupposto per cui la nostra collega è stata costretta ad allontanarsi dalla tribuna stampa è stato che aveva le braccia scoperte. Il vestito senza maniche è stato giudicato non idoneo a una tribuna aperta ai giornalisti, comunicazione arrivata per bocca di «una persona in forze all’ufficio stampa», così ci è stato riferito. La collega, umiliata per la vessazione subìta di fronte ad altri giornalisti e non avendo a disposizione altro abbigliamento, si è allontanata come richiesto. Una volta tornata in redazione, ha raccontato l’accaduto.

Immobilismo

Abbiamo contattato l’ufficio stampa di Montecitorio per chiedere spiegazioni. In una prima telefonata ci è stato risposto che erano già a conoscenza di quanto accaduto. Di fronte al nostro stupore per il fatto che la situazione era a loro già nota, e nonostante ciò non avessero ritenuto di intervenire, abbiamo ricordato che il regolamento della Camera non prevede norme in tal senso. Ci è stato riferito che, secondo quanto da loro appreso, l’abbigliamento non era stato ritenuto adeguato dalla persona che ha avanzato la richiesta di coprirsi, senza che questo avesse sollevato obiezioni di alcun tipo. Abbiamo quindi ricordato all’ufficio stampa che nessuno è autorizzato a bandire professioniste dalla Camera per il loro abbigliamento. Così come d’altronde, giustamente, non avviene per le deputate o le dipendenti del parlamento che sono libere di utilizzare l’abbigliamento che ritengono più giusto.

Le scuse

Dopo le nostre obiezioni, che inizialmente non hanno trovato ascolto, solo in una seconda telefonata l’ufficio stampa ha ammesso l’errore, parlando di «eccesso di zelo» da parte di una loro collaboratrice e cercando di minimizzare l’accaduto. Abbiamo più volte insistito per sapere se lo zelo della funzionaria rispondesse a un’indicazione dei suoi responsabili o di disposizioni date ai dipendenti, ma la dinamica non ci è stata chiarita del tutto.

Inizialmente, ci è stata manifestata la loro convinzione che la collega sarebbe poi rientrata in tribuna stampa dopo aver indossato una giacca. Ma non è accaduto perché la giornalista non aveva con sé nulla da indossare, ma anche e soprattutto perché non era obbligata a farlo. Solo dopo aver sollevato con forza il caso sono arrivate le scuse ufficiali dell’ufficio stampa che ha parlato di «grave e inaccettabile errore». Le scuse sono state rivolte direttamente anche alla collega che ha subìto la vessazione.

«Si è trattato di uno spiacevole e grave errore che non può e non deve ripetersi. Dell’errore si è scusato subito dopo il capo ufficio stampa e si scusa l’intera Camera dei deputati», è stata l’ultima replica di Montecitorio.

L’asp

Abbiamo contattato Marco Di Fonzo, presidente dell’associazione stampa parlamentare, di cui fanno parte le testate che frequentano la Camera, tra le quali la nostra, e che ne regola gli accessi. Ci ha spiegato che: «L’Asp è intervenuta stigmatizzando il fatto con gli uffici della Camera. Ha accolto positivamente che i responsabili dell’ufficio abbiano ammesso l’errore e che si siano scusati con la stessa collega. Chiaramente è una cosa inaccettabile, che non deve assolutamente succedere».

Nonostante la gravità dell’accaduto, l’Asp non ha comunque ritenuto di dover esprimersi pubblicamente sulla vicenda.

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