«Con il testo Zan si va sotto, con la Scalfarotto si passa. Allora? Ora e sempre #ControCorrente». Matteo Renzi usa lo storytelling – parola inflazionata e ora rottamata, ma un tempo molto cara al rottamatore – della mancanza dei voti al senato per la sua offensiva mediatica contro la legge Zan. Dopo il profluvio di interviste concesse nel week end ieri il leader di Italia viva aggiunge un video su facebook in cui, per scacciare il sospetto di voler affossare la legge, sposta l’attenzione sugli alleati che – è la tesi – lo usano come capro espiatorio per nascondere le proprie beghe. «Ci sono divisioni interne sia al Pd sia ai Cinque stelle», dice.

Quello che dice Renzi non è un segreto di stato. C’è qualche malumore nel gruppo del Pd sul testo contro l’omotransfobia, espresso peraltro apertamente, anche in una riunione con il segretario Enrico Letta dalle senatrici Valeria Fedeli e Valeria Valente, entrambe contrarie alla definizione di «identità di genere». Entrambe hanno promesso di votare sì. Come altri incerti, del resto. Ci sarebbe solo un caso di vero voto di coscienza, uno dei senatori cattolici del Pd che però i pontieri stanno cercando di convincere almeno a non partecipare al voto. Il nome viene “protetto” dai colleghi, proprio per la delicatezza della situazione, potrebbe essere quello del piemontese Mino Taricco che con Andrea Ferrazzi e Stefano Collina sono ala cattolica del Pd di palazzo Madama. Quanto ai Cinque stelle, i senatori rimasti nel gruppo sono per lo più devoti all’ex premier Conte e alla fu alleanza giallorossa. Anche nella confusione generale che vive il movimento, difficilmente rinuncerebbero a tentare un gol contro le destre di governo. Eppure circola la voce di 5-6 malpancisti. La conferma indirettamente Emma Bonino: «Chi fa i calcoli deve essere sicuro dei voti al senato: un compito molto difficile visto che i 5stelle sono divisi in vari tronconi».

Giornata campale

Martedì mattina alle 11 al senato ci sarà la riunione del tavolo dei capigruppo di maggioranza. Il presidente della commissione giustizia, il leghista Andrea Ostellari, dovrà riferire sui quattro emendamenti presentati da Italia viva: soppressione dell’articolo 1, quello delle definizioni di sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere; semplificazione dell’art.2, il contrasto alla discriminazione e alla violenza sarà per motivi «fondati sull’omofobia o sulla transfobia» (come nel testo di Ivan Scalfarotto); soppressione dell’art.4, e cioè quello che fa «salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla li­bertà delle scelte»; e infine modifica dell’art.7, che istituisce la Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia inserendo il rispetto «della piena autonomia scolastica» per la scelta delle scuole di come organizzare «cerimonie, in­ contri e ogni altra iniziativa utile» a combattere le discriminazioni. Le destre di governo dovranno dire ufficialmente se da qui si può partire per costruire una mediazione.

Tanto rumore per un libro

«So vedrà che questa mediazione non ha alcuna credibilità», predeve Franco Mirabelli, capogruppo in commissione giustizia. In ogni caso nel pomeriggio alle 16 e 30 in aula verrà votato il calendario di luglio. A voto palese. Non si aspettano colpi di scena. Iv vota sì. E la legge sarà calendarizzata a partire dal 13 luglio. Che è lo stesso giorno in cui arriva in libreria il libro di Renzi, Controcorrente, titolo che è da giorni l’hashtag di tutti i suoi post. Insomma l’attivismo dell’ex premier servirà a mettere un dito nell’occhio a Enrico Letta (che ieri ha riunito la segreteria per discutere il da farsi) ma anche per dare un aiutino al lancio editoriale.

Torniamo all’aula: se non c’è accordo sugli emendamenti, è probabile che torni in scena l’«algoritmo Calderoli», un meccanismo inventato dal senatore Jonny Crosio capace di creare milioni di testi, varianti piccole o grandi, partendo da un pugno di modelli base. Una formidabile arma ostruzionistica, già usata contro la riforma Boschi contro la quale furono depositato 85 milioni di emendamenti. «Me lo vedo Calderoli fare milioni di emendamenti con cui rischiamo di andare sotto», dice Renzi.

I numeri

Possibile, anzi sicuro «andare sotto» se i 17 senatori di Italia viva cambiano fronte. Basta fare qualche calcolo. I senatori sono in totale 321. 52 di Forza Italia-Udc, 20 di Fratelli d’Italia, 17 di Iv-Psi, 64 della Lega, 75 di M5S, 38 del Pd, 8 delle Autonomie. Dei sei senatori a vita, due sono nel gruppo misto dove sono anche gli 8 di Leu, i 2 di +Europa, i 6 di Idea Cambiamo, i due del Maie, 16 ex M5S usciti dopo la fiducia a Draghi, con 9 fra ex M5S e ex Fi fuoriusciti in precedenza (Ciampolillo, che voterà sì alla Zan, Causin, Martelli, Paragone, Giarrusso, De Bonis, Di Marzio, De Falco, e Sandrina Lonardo che ha già detto che non voterà il ddl Zan nella sua versione originale). Dei 46 del misto almeno la metà dovrebbe votare a favore della Zan. Pd, M5S, e Leu insieme fanno 121; l’ex maggioranza del Conte II arrivava a quota 171, quindi c’è una cinquantina di senatori ‘liberi’. Dall’altra parte Fi, Lega, FdI, Idea Cambiamo insieme fanno 142 voti; con Italia viva fanno invece 159. La maggioranza del Conte II senza Iv si ferma a 154. Insomma secondo il dem Mirabelli «dal voto segreto potremo avere delle sorprese», nel senso che alcuni voti di Fi potrebbero arrivare alla spicciolata e a favore. Ma se le destre compatte convergono sugli emendamenti di Iv, la legge Zan viene cambiata. Alessandro Zan, primo firmatario della legge, ieri ha moltiplicato gli appelli ai renziani. I renziani a loro volta hanno litigato con i Cinque stelle scambiandosi accuse di inaffidabilità. Ma un fatto è certo: senza Iv la legge Zan per come l’abbiamo conosciuta non ha più i numeri.

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