La candidatura per la regione Lazio sta mandando in tilt Fratelli d’Italia. Doveva essere annunciato durante l’apertura della festa per i 10 anni di Fratelli d’Italia, poi ha avuto un’accelerazione nel fine settimana e un’impennata con le dimissioni dal vertice della Croce rossa italiana di uno dei candidati forti, Francesco Rocca. Infine, la frenata è arrivata dalla leader Giorgia Meloni, che si è limitata ad annunciare che «è importanza valorizzare la condivisione della scelta» e per questo ha proposto alla coalizione di centrodestra «una rosa di nomi e cioè l'attuale vicepresidente Rampelli, profondo conoscitore della Regione e della Capitale; il nostro europarlamentare Procaccini e Francesco Rocca, presidente attualmente della Croce rossa internazionale».

Tutto sembra procedere verso il nome di Rocca, che già nei giorni scorsi era dato per candidato certo, eppure qualcosa nel corso della giornata ha alterato gli equilibri imponendo un nuovo stop. Alla fine, alle 21, è arrivata la nota congiunta di tutti e tre i partiti di centrodestra che hanno indicato Rocca come il candidato.

Lo scontro interno

Rocca è l’unico nome civico nella rosa di FdI e rappresenta per Fratelli d’Italia il tentativo di scacciare i fantasmi del Campidoglio e del disastro della candidatura di Enrico Michetti. Il suo nome è sempre stato nella testa di Meloni, che lo aveva immaginato anche come possibile ministro della Salute, e puntare su di lui per la regione Lazio risolve alla leader due grossi problemi interni nel partito.

Il primo problema porta il nome di Rampelli, che di Meloni è stato leader politico e mentore prima di essere scavalcato dalla sua protetta e lasciato fuori dalle poltrone pesanti del primo governo targato FdI. «Lui è l’unica tenue opposizione interna», dicono fonti di partito, ma anche il nome veramente forte con cui la partita elettorale del Lazio sarebbe – sondaggi alla mano – quasi un pro forma. Tuttavia, candidare lui significherebbe rafforzare la sua fronda interna e la linea di Meloni, in questo momento, è quella di costruire una nuova dirigenza di partito fedele alla sua leadership.

Procaccini, invece, sconta il limite territoriale di non provenire da Roma, dove si raccolgono due terzi dei voti delle regionali. Inoltre, la gerarchia di partito difficilmente permetterebbe lo sgarbo di scalzare un nome pesante come quello di Rampelli con quello di un altro politico. L’unica percorribile, dunque, è stata la soluzione civica, che ha incontrato anche il favore degli alleati, con Silvio Berlusconi che ha già interloquito con Rocca direttamente e Salvini che gli ha manifestato stima via social.

La candidatura di Rocca, infatti, è stata data per ufficiosamente certa dopo l’uscita del diretto interessato con una eloquente lettera di dimissioni strategicamente resa pubblica sul sito della Croce rossa italiana: «Ho deciso di presentare le mie dimissioni perché ho scelto di mettermi a disposizione del territorio» e «ho accettato una nuova sfida in cui credo fortemente», sono state le sue esatte parole. Un passo avanti deciso e individuale che ha bruciato sul tempo qualsiasi proclamazione, con la complicità anche di Matteo Salvini, che ha immediatamente amplificato su Twitter l’annuncio, scrivendo che «i cittadini del Lazio saranno in ottime mani».

Le radici a destra

Chi conosce bene Rocca, però, fatica a considerarlo solo un civico. Il suo nome, infatti, è strettamente legato al mondo della destra romana. Avvocato, ha smesso di fare la professione per dedicarsi al management nel settore sanitario e sta concludendo il terzo mandato da presidente della Cri.

I suoi contatti con il mondo della politica sono cominciati ufficialmente nei primi anni Duemila, quando la giunta regionale guidata da Francesco Storace lo ha nominato commissario straordinario per risanare l’ospedale Sant’Andrea di Roma, poi ha proseguito con un incarico alle politiche sociali con il sindaco Gianni Alemanno.

Negli anni successivi alla Croce Rossa - prima da commissario straordinario e poi da presidente - Rocca si è circondato di collaboratori provenienti dalla destra romana. Nel 2010, infatti, nella segreteria gestita da Rocca era entrato Paolo Pizzonia, ex membro dei Nar, i Nuclei armati rivoluzionari con una condanna per banda armata, mentre il suo portavoce era l’ex dirigente di Azione Giovani, Tommaso Della Longa.

Dopo di lui, il portavoce di Rocca è diventato Marcello De Angelis, ex parlamentare di An ed esponente di Terza Posizione. Insomma, civico sì ma con una lunga storia di vicinanza con la galassia ex Alleanza nazionale e oggi confluita in parte in Fratelli d’Italia.

Nel suo passato, infine, c’è una vicenda giudiziaria di gioventù di cui lui stesso ha parlato durante i suoi anni alla guida della Cri: una condanna a tre anni e due mesi per spaccio, rimediata a 19 anni, quando venne arrestato a Casal Palocco per aver venduto eroina per conto di una banda nigeriana.

Il mr Wolf di Meloni

Nella sua lunga reggenza al vertice della Croce rossa e, primo italiano, anche a capo della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, Rocca ha voluto costruirsi il profilo del gestore delle emergenze ed è questo che convince i suoi sostenitori per la regione: «Serve una persona carismatica, che sappia governare sulla giunta». Lo ha fatto con la sanità laziale negli anni della guida di centrodestra e ha continuato anche con la Croce rossa. Non a caso, uno dei suoi più diretti contatti politici è stato anche il mr Wolf di Forza Italia, Guido Bertolaso.

Con questo curriculum, Rocca sarà essere simbolo dell’attitudine al governo di FdI e avrà davanti una sfida che, secondo i sondaggi, è già praticamente vinta. Salvo cortocircuiti dell’ultim’ora, di cui il Lazio ha una lunga tradizione, soprattutto a destra.

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