Il giorno dopo il putiferio al Salone del Libro, gli attivisti di Extinction Rebellion associazione ambientalista, e Non una di meno, aspettano che gli siano notificate le denunce, pare 29, perché hanno deciso di contestare la ministra Eugenia Roccella. Lei avrebbe dovuto presentare il suo libro, e loro l’hanno accolta con la protesta. Al suo arrivo una ragazza si è bendata gli occhi, mentre tutte si alzavano in piedi, intonando cori e reggendo dei fogli con scritto “Giù le mani dai corpi e dalla terra”, “Aprite gli occhi” e “Né le terre né i nostri corpi sono territori di conquista”.

Nel frattempo, fuori dal Salone, Ecologia Politica e il Comitato EsseNon hanno aperto striscioni e volantinato per denunciare il rapporto con i principali partner di questa edizione del Salone del Libro, Intesa Sanpaolo e Esselunga. Mentre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni li accusa di atteggiamento antidemocratico, loro ribattono: «Sui giornali c’è scritto che non abbiamo voluto confrontarci con Roccella, invece una nostra rappresentate ha letto un testo in cui abbiamo spiegato la nostra posizione a difesa del clima e dei diritti delle donne», spiega Roberto, di Extinction Rebellion Torino.

E aggiunge: «Esiste una ovvia asimmetria tra chi governa e i semplici cittadini. Un'asimmetria di potere e opportunità di esporre il proprio pensiero. Loro hanno tutto lo spazio mediatico che vogliono, hanno il potere legislativo, hanno spazi in ogni evento rilevante di questo paese». Sostenere che la ministra «sia stata silenziata - come hanno detto Giorgia Meloni, Matteo Renzi e come hanno ripetuto ormai la quasi totalità degli esponenti del governo -, significa non comprendere questa differenza». 

Il testo

Oggi siamo qui come EXTINCTION REBELLION insieme a NUDM, il comitato EsseNon, EcologiaPolitica e FFF. Siamo venute per far sentire la nostra voce e disturbare l’intervento della ministra della Natalità Eugenia Roccella. Perché non possiamo restare a guardare mentre ancora una

volta gli spazi ci vengono tolti per essere dati a posizioni antiabortiste e negazioniste. Da quasi un anno stiamo chiedendo che vengano prese dalla Regione delle misure concrete per contrastare la crisi climatica. Le proteste sono iniziate quest’estate. Abbiamo visto il Po in secca, abbiamo sofferto il caldo atroce. La siccità era ormai diventata una realtà innegabile anche agli occhi dei più ciechi. Abbiamo lottato e presidiato il consiglio regionale per cercare di farci sentire dai consiglieri. Durante uno di questi presidi, a dicembre, ci viene permesso di entrare in Consiglio e di nuovo veniamo accolte con incredulità, ci viene chiesto cosa vogliamo esattamente, cosa pensiamo che si debba fare di concreto. Come se non ripetessimo da mesi le nostre richieste, come se ci vedessero per la prima volta. Abbiamo bisogno che la Regione prenda delle misure concrete per contrastare la crisi climatica.

Lo scorso mese abbiamo presidiato ancora una volta il consiglio della regione. In quell’occasione veniva discusso un ordine del giorno presentato dalla minoranza e costruito proprio a seguito di queste proteste, su una delle richieste di Extinction Rebellion, “Dire la Verità”. Durante questa stessa seduta di Consiglio, si votava anche il bilancio. Nessun fondo era destinato a contrastare in alcun modo la crisi climatica. Questo governo crede che i problemi veri siano ben altri, e decide allora di stanziare un milione di euro al cosiddetto fondo di “vita nascente”, nascondendo dietro a parole confuse le proprie posizioni antiabortiste. È doloroso stare a sentire le parole dei consiglieri. È doloroso vedere che il Salone del Libro, che si presenta come una delle massime manifestazioni culturali in Italia, decida di ignorare il tema della crisi climatica, che non viene menzionato in nessuno degli eventi in programma, per lasciare il posto a un sistema politico che come sempre si finge cieco davanti alle nostre preoccupazioni.

Il clima e l’aborto

È doloroso assistere inermi alla tragedia che sta colpendo l’Emilia Romagna in questi giorni, tutti i nostri pensieri oggi sono rivolti a quelle vittime. Ed è ancora più doloroso sapere che questo è solo l’inizio, che l’allerta meteo sta arrivando anche in Piemonte e che da ora in poi la nostra vita sarà un alternarsi di lunghi periodi di secca a giorni di piogge che portano via le nostre case.

Siamo stanche di essere accolte con incredulità, siamo stanche di essere criminalizzate. La scorsa settimana, siamo state fermate e perquisite perché stavamo facendo una manifestazione pacifica in aeroporto per protestare contro i jet privati. Siamo stanche delle battutine e delle risate. Quando durante il presidio abbiamo riportato a Stefano Allasia, il presidente del Consiglio regionale, le nostre preoccupazioni per la siccità che abbiamo vissuto e che vivremo di nuovo quest’estate, e perché la maggioranza non sembra preoccuparsi minimamente della tragedia che ci stiamo preparando ad affrontare, il massimo che lui è riuscito a risponderci è «di affidarci al padre eterno».

In un momento di instabilità, in cui anche solo provare a immaginare il futuro ci spaventa, la politica pensa solo a come poter mettere le proprie mani sui corpi delle donne. La regione Piemonte invita a parlare di natalità la ministra Roccella, Allasia si vanta dell’istituzione del “fondo di vita nascente”.

La linea politica è chiara: l’interruzione volontaria di gravidanza sta diventando sempre più inaccessibile in Italia. Solo in Piemonte, 1 medico su 2 è obiettore di coscienza.

Questo atteggiamento predatorio ci fa sentire doppiamente invase e offese. Non solo non veniamo ascoltate quando diciamo di avere paura per il nostro futuro, non solo come donne saremo tra le più colpite dagli effetti della crisi climatica ed ecologica. Ma la politica si occupa di noi solo come strumento di propaganda, per poter scegliere dei nostri corpi e delle nostre vite liberamente.

È assurdo e oltraggioso vivere in questo sistema. Non abbiamo bisogno che nessun politico parli per noi e che scelga per il nostro futuro. Ma vorremmo che un futuro ci venisse assicurato, e non dover avere paura di quello che succederà.

Alla paura però subentra anche la rabbia, che ci prende gli stomaci e ci fa venire voglia solo di urlare più forte. E allora saremo sempre qui a lottare, con gli occhi su di loro. Suoneremo le nostre campanelle, finché non saremo sicure di essere ascoltate. Perché né le terre, né i nostri corpi, sono territori di conquista.

© Riproduzione riservata