L’Italia, insieme alla Germania, all’Ungheria e a Cipro, si è opposta all’esclusione della Russia dallo Swift, il meccanismo che regola e autorizza le transazioni finanziarie internazionali. L’Europa, a parole, dichiara la propria solidarietà al popolo ucraino ma nei fatti non  utilizza uno strumento determinante che metterebbe in ginocchio l’economia “di guerra” della Russia di Vladimir Putin, che impedirebbe alle banche russe di rifinanziare il proprio debito e di convertire il rublo in valuta pregiata, euro o dollaro.

Pecunia non olet. È sulla finanza che si è mostrata, ancora una volta, la debolezza dell’Europa e il conflitto ucraino conferma quanto sarebbe necessaria una politica estera e di difesa comune europea per svolgere quella funzione di terzietà nello scenario internazionale. Purtroppo dobbiamo costatare che l’Europa assiste inerme al lancio di bombe e missili sull’Ucraina e su abitazioni civili. Perché Draghi ha detto no all’esclusione della Russia dallo Swift?  Lo ha fatto per continuare ad avere garantite le forniture di gas russo che senza lo Swift non potrebbero essere pagate tramite bonifico.

Il gas

Il 45 per cento del gas che importiamo arriva dalla Russia: dipendiamo dal punto di vista energetico da Putin che, grazie anche a questa forza-ricatto, bombarda uno stato sovrano come l’Ucraina. Di fronte a questa drammatica guerra in Europa, il governo italiano avrebbe dovuto costruire una strategia energetica per liberare il nostro paese dalla dipendenza dal gas e in particolare da quello russo. La Russia incassa oltre 100 miliardi di euro anno dalla vendita del gas e con buona parte di questi soldi finanzia la propria industria di armamenti che conta tra i 2 e i 3 milioni di occupati. In pratica, con il gas che compriamo – anche in queste ore! – da Putin, finanziamo la guerra contro l’Ucraina.

Nonostante lo scenario energetico sia chiaro, l’Italia persevera sulla strada sbagliata di dipendere da una fonte fossile come il gas, attualmente unica responsabile dell’aumento del prezzo dell’energia e del riscaldamento che ha messo in ginocchio imprese, artigiani e famiglie, molte delle quali non si riscaldano in casa per timore del costo delle bollette. Grazie all’aumento del prezzo del gas, Eni, nell’ultimo quadrimestre del 2021, ha ottenuto un utile di 2 miliardi di euro, con un incremento di fatturato, rispetto al 2020, del +3.870 per cento.

È una guerra per il gas quella che stiamo vivendo. E per far vincere la pace dovremmo liberarci da questa dipendenza. Nel recente decreto legge contro il caro bollette, il ministro Roberto Cingolani ha previsto di aumentare la produzione di gas nazionale da 3,3 miliardi di mc/anno a circa 5, incremento che equivale al 2,63 per cento del fabbisogno nazionale, pari a 76 miliardi di metri cubi all’anno.

Ci sono esponenti politici – da Salvini a Calenda – che propongono di raddoppiare i gasdotti e aumentare le trivellazioni in Italia per estrarre il gas nazionale: èuna posizione filo russa perché costringerebbe l’Italia a dipendere per i prossimi anni dalle forniture di gas della Russia.

Le riserve

Secondo il Mite, l’Italia ha riserve “certe” di gas, che può estrarre al 90 per cento. Si tratta di 45 miliardi di metri cubi che potrebbero soddisfare il fabbisogno nazionale solo per sette mesi. Poi ci sono le  riserve “possibili”, pari a 44 miliardi di metri cubi che hanno una probabilità di poter essere estratte al 50 per cento. Sommando le riserve certe con le possibili, garantiremmo complessivamente un fabbisogno per 15-16 mesi ma ovviamente ci sarebbe bisogno di anni per estrarre e utilizzare queste risorse.

In tempi di guerra, ci dimentichiamo dello stato di salute del nostro pianeta e del collasso a cui stiamo andando incontro con il cambiamento climatico essendo il metano un gas climalterante a forte emissione di CO2.  Draghi in parlamento ha detto che potremmo riaprire le centrali a carbone. Eppure sarebbe possibile da subito costruire una politica energetica di pace, puntando sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica. Nei prossimi due anni potremmo dimezzare l’utilizzo del gas per la produzione di energia elettrica se puntassimo sulle rinnovabili e questo è stato confermato pochi giorni fa anche dall’amministratore delegato di Enel Francesco Starace.

Abbiamo oltre 110 GW di autorizzazioni, tra eolico e solare, che sono bloccate, mentre potremmo utilizzare gli accumuli idroelettrici che valgono 8 GW. C’è un aspetto importante dal punto di vista sociale: l’energia prodotta con le rinnovabili costa poco e stabilmente. È stato calcolato da Elettricità Futura che, raggiungendo nel 2030 l’obiettivo del 72 per cento di rinnovabili, si ridurrebbe la bolletta elettrica di 30 miliardi di euro. 

Oggi, i prezzi dell’energia sono la diretta conseguenza di quelli del gas naturale, la cui impennata ne è la causa. Il gas influisce sulla bolletta perché il costo marginale dell’energia elettrica dipende dal prezzo del gas, che in Italia è prevalente. Se avessimo il mix previsto per il 2030, con la prevalenza delle rinnovabili, la dipendenza dal gas sarebbe molto ridotta. Più rinnovabili inseriamo nel mix energetico, meno il gas pesa sulle tasche degli italiani che risparmierebbero tanti soldi.

Putin vuole condizionare e destabilizzare l’Europa usando il gas e imponendo contratti pluriennali per legarci alla Russia fino al 2040. Per costruire una politica di pace e attenta al clima, è necessario liberarci al più presto dalla dipendenza dal gas. Nel frattempo, in nome della democrazia, escludiamo la Russia dallo Swift. 

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