Per la Corte costituzionale, il collegio regionale di garanzia elettorale sardo che si è pronunciato sulla decadenza della presidente della Regione Sardegna M5s Alessandra Todde ha esorbitato dai propri poteri, cagionando una menomazione delle attribuzioni costituzionalmente garantite alla Regione. Tradotto, avrebbe addotto come cause per la decadenza ipotesi non previste dalla legge come cause di ineleggibilità.

Lo scrive la Consulta nella sentenza n. 148.

La Corte ha messo nero su bianco che che non spettava allo Stato e, per suo conto al Collegio di garanzia affermare, nella motivazione dell’ordinanza impugnata, che «si impone la decadenza dalla carica del candidato eletto» e disporre «la trasmissione della presente ordinanza/ingiunzione al presidente del Consiglio Regionale per quanto di competenza in ordine all’adozione del provvedimento di decadenza di Todde Alessandra dalla carica di presidente della Regione Sardegna».

La vicenda

«Siamo in un ordinamento in cui il diritto di elettorato passivo è un diritto politico fondamentale. Pertanto le cause di decadenza sono rigorose, predeterminate e tassative, i limiti sono di stretta interpretazione» sostiene il costituzionalista Stefano Ceccanti. «Il collegio regionale di garanzia di fronte alle irregolarità commesse ha invece provato ad allargare le fattispecie che portano alla decadenza, ma nessuna di esse è prevista dalla legge come causa di decadenza». 

Si tratta della conclusione di una vicenda che va avanti da dicembre 2024, quando per la prima volta, dopo nove mesi dalla sua elezione Todde era stata accusata di una rendicontazione sbagliata in campagna elettorale. La Corte ha osservato che «le pur gravi fattispecie contestate alla presidente eletta (tra le quali, la mancata nomina di un “mandatario elettorale”, avente il compito di raccogliere i fondi della campagna elettorale, e la produzione una dichiarazione sulle spese sostenute, con relativo rendiconto, caratterizzata da diverse non conformità rispetto alle previsioni di legge) non sono riconducibili a quelle che, in modo esplicito, la legge numero 515 del 1993 ha selezionato come ipotesi di ineleggibilità e, quindi, di decadenza». 

Resta poi in piedi «la questione relativa alla possibilità di riqualificazione dei fatti», rimessa al giudice civile. La materia «ha formato oggetto del giudizio civile promosso dalla dottoressa Todde dinanzi al Tribunale di Cagliari, che l’ha confermata, quanto alla sanzione pecuniaria irrogata, con sentenza 28 maggio 2025, numero 848». Insomma, il merito della contestazione è legittimo (e con esso il ricorso), ma Todde non rischia più di decadere dalla carica di presidente. 

Le reazioni

Festeggia, ovviamente, la diretta interessata: «La Corte ha affermato che non spettava né allo Stato, né al Collegio di garanzia dichiarare la mia decadenza né che vi erano i presupposti per poterla dichiarare. Vado avanti a testa alta». Soddisfatto anche il presidente del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte: «Cosa diranno adesso i garantisti "a senso unico" del centro-destra che scudano i loro ministri e sottosegretari e finanche i criminali libici per ogni possibile violazione del diritto interno e internazionale e poi invece tentano di ribaltare il voto espresso democraticamente dal popolo sardo, con cavilli giuridici e campagne denigratorie?»

Positivo il Pd, che pure sosteneva Todde, una delle poche vittorie del campo progressiste nelle elezioni regionali più recenti. «Insieme alla sentenza vengono archiviate anche le speranze di quei partiti che, a destra, avevano utilizzato la vicenda come un tentativo di rivincita nei tribunali, dopo aver perso la partita in campo». Le opposizioni in Regione sostengono invece che la vicenda giudiziaria abbia azzoppato la presidente, bloccando l’azione politica in Regione: le sentenze, sottolinea Paolo Truzzu, capogruppo di FdI e rivale di Todde, «riconoscono gli errori che ha fatto la presidente, la Corte Costituzionale poi dà un giudizio sulla decadenza rinviando tutto al Tribunale civile. Quindi direi che sarà il caso di aspettare le decisioni della Corte d'Appello di Cagliari». Per il capo dei meloniani «il dato politico che resta è che questa legislatura non è ancora iniziata».

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