«Si è affermata una linea politica, ma io sarò la segretaria di tutte e di tutti». Elly Schlein ribadisce la sua intenzione di tenere unito il partito. Non è la prima volta ma stavolta –  ieri sera su La7 - annuncia che oggi incontrerà Stefano Bonaccini. Vuole «scegliere con lui», dice, il ruolo «più efficace» per praticare quella linea di unità fin qui annunciata solo a parole, promette «un ruolo di partito di primo piano».

Attacca Giorgia Meloni per gli annunci della conferenza stampa di Cutro: «Le misure le guarderemo» ma quello dell’esecutivo «è un messaggio tardivo, che viene dopo un lungo silenzio e un’assenza». Assicura che lei, benché «pacifista», non cambierà la linea del Pd sulla guerra russo-ucraina. Invece abbandonerà la «linea Minniti» sui migranti, e cioè il suo Pd dirà no al rifinanziamento degli accordi con la cosiddetta guardia costiera libica (ma il Pd già da tempo è su questa linea). 

Sono cose che ha già detto. La novità è che finalmente ha dato un appuntamento al suo ex sfidante. Un contatto c’è stato ieri nel tardo pomeriggio, subito prima dell’annuncio in tv; una comunicazione breve, giusto la promessa di rivedersi oggi, probabilmente in videochiamata. Il tempo stringe e l’area degli sconfitti – dirigenti e militanti, che sono maggioranza nel congresso del partito – non può essere messa di fronte a un prendere o lasciare: sarebbe un pessimo inizio per il nuovo Pd, e anche una sconfessione di tutti gli appelli all’unità.

Mancano due giorni: domenica la segretaria dovrà fare una proposta all’assemblea – sarà a Roma, al centro congressi La Nuvola –  e l’assemblea dovrà votarla. Ma dal ruolo che lei offrirà di Bonaccini discende tutto il resto. E non può essere una proposta al buio: in quella sede gli sconfitti ai gazebo hanno i numeri per pesare. Come nei gruppi parlamentari. Certo, nessuno ha voglia di votare contro la segretaria che promette un nuovo corso, e che ha stravinto su questa promessa, ma una cosa è «dare una mano», ovvero collaborare, un’altra ricevere un ultimatum. 

Ore intense per la leader

Per Schlein la giornata è stata fin lì molto intensa. In mattinata ha ricevuto la valanga della solidarietà bipartisan per una scritta comparsa su un muro, a Viterbo: «La tua faccia è già un macabro destino». La firma è una svastica. Presto lo spray nero viene cancellato, ma dalla premier Giorgia Meloni in giù tutti esprimono sdegno, dalla maggioranza è gara alla dichiarazione più severa. 

Nel pomeriggio, un impegno molto triste per la segretaria: al senato c’è la camera ardente per Bruno Astorre, il senatore generoso e segretario del Pd del Lazio che lo scorso 3 marzo si è tolto la vita. Proprio lì, nel suo ufficio a palazzo Madama. Lasciando sotto shock tutta la comunità democratica. I funerali sono oggi alle 15, al campo sportivo di Colonna, comune dei Castelli Romani dove Astorre è nato e dove è stato consigliere comunale nel 1995.

Pd sulla Nuvola

Ma la sabbia della clessidra di Schlein scende veloce verso la sua elezione ufficiale all’assemblea di domenica. Lì dovrà proporre e far votare il presidente e i cento componenti della direzione, lista alla quale ancora non ha messo mano e testa. Dalla prima scelta discenderà tutto il nuovo assetto: segreteria (di nomina della segretaria, l’offerta è che anche la minoranza abbia i suoi rappresentanti), vicesegretari, capigruppi di camera e senato (ormai abbastanza certo l’avvicendamento in entrambe le camere) e uffici di presidenza. 

Non è una questione di poltrone. Il nodo è politico:Schlein e Bonaccini devono dimostrarsi di saper trasformare in pratica le promesse di unità nel loro primo incontro, il 3 marzo scorso. In quell’occasione lei è rimasta sulle generali, promettendo di farsi risentire entro le successive 48 ore. Ma non è successo. E il malumore, da parte della minoranza riformista, a ieri sera rischiava di superare la soglia di guardia. Diventava irritazione per la scarsa considerazione che Schlein stava dimostrando.

A sua volta dal lato dei sostenitori di Schlein filtrava irritazione per la riunione che la mozione Bonaccini ha tenuto martedì scorso a Roma. Da cui erano arrivati, pure indirettamente, segnali giudicati contrastanti: l’offerta di collaborazione non viene considerata coerente con il no alla partecipazione alla segreteria messo in chiaro da una parte di Base riformista - e soprattutto con il rifiuto di Bonaccini di accettare il ruolo da vicesegretario. Tutti no peraltro circolati solo nei retroscena di stampa: per il semplice fatto che da parte di Schlein nessuna proposta ufficiale era ancora arrivata. Lo sconfitto preferisce il ruolo di presidente: autorevole, ma non esecutivo. Tradotto: non costretto a essere legato al dettaglio su una linea politica non sua. È la soluzione verso la quale sembra orientarsi la segretaria. 

Rischio emorragia silenziosa

Nella mattinata di ieri, il malumore per l’attesa al buio si indovina dalle parole che Bonaccini. Intanto a proposito dei recenti abbracci fra Schlein e Giuseppe Conte: «Attenti all'idea di schiacciarci solo a guardare il M5S». Poi sul boom di iscrizioni al Pd di questi giorni: «Abbiamo permesso di partecipare nella prima fase anche a chi non era iscritto, come quelli di Art.1. C’era da auspicarlo, così come Elly è rientrata, speriamo che in tanti arrivino ma dobbiamo evitare l’emorragia silenziosa di chi magari rischia di non sentirsi a casa propria».

Piovono iscritti

Succede infatti che nel Pd piovono nuovi iscritti. Dopo una settimana dal voto dei gazebo in Lombardia si erano già iscritte quasi mille persone, 977 nel Lazio, 680 in Toscana, 639 in Emilia-Romagna, 318 in Sicilia, 255 in Puglia e 184 in Liguria. Effetto Schlein, senza dubbio: sono molti i simpatizzanti che l’hanno votata ai gazebo e che stanno decidendo di prendere la tessera.

C’è chi spiega il fenomeno con i numeri di Art.1, che oggi riunirà la direzione per iniziare a istruire la pratica dello scioglimento del partito. La loro iscrizione al Pd è promessa già firmata come condizione per votare ai congressi di circolo e ai gazebo. Il partito si trasformerà in un’associazione culturale. In tempi non brevi: ci sono molti aspetti concreti da affrontare. In ogni caso Art.1 non ha aperto il tesseramento del 2023 e in molti, anche dirigenti, si sono già iscritti nel nuovo partito. 

Dunque non è solo con i sì del partito di Roberto Speranza che si può spiegare il boom delle nuove tessere: a ieri eravamo intorno a quota 8mila. Nella prima settimana dopo le primarie ce ne sono state 700 nuove a Roma città, 300 a Firenze, circa 250 a Bologna, quasi 500 a Milano, 100 a Genova, e a Padova e a Bari, 150 a Napoli, poco meno ad Ancona, Cagliari e Brescia. Benissimo per la segretaria. A patto che, ai nuovi ingressi non corrisponda «l’emorragia silenziosa» di cui parla Bonaccini. 

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