«Questa piazza dimostra che l’alternativa c’è, siamo noi che ci apriamo agli altri», «Da questa piazza parte una fase nuova». Quando Elly Schlein chiude il suo comizio a piazza del Popolo di Roma, è finalmente chiaro perché ha così testardamente voluto convocare una manifestazione in un momento delicato e difficile, quando in Medio Oriente è in corso una guerra durissima, e le due regioni più rosse d’Italia, la Toscana e l’Emilia-Romagna, stanno combattendo a loro volta gli effetti delle alluvioni. «Non siete stati chiamati qui per riempire una piazza», dice lei ai suoi, accolta da un tripudio di bandiere del Pd: «Abbiamo bisogno delle vostra sana incazzatura per cambiare le cose».

Schlein attacca alzo zero la presidente del Consiglio: «Dopo un anno di governo che ha aumentato i contratti precari, smantellato l’unico strumento di sostegno al reddito, tagliato la sanità pubblica, vorrei che dicessimo una cosa semplice: basta». Poi sulla riforma costituzionale: «Per coprire la manovra economica che indebolisce il Paese, il governo Meloni lancia un fumogeno, un’arma di distrazione di massa», «Il premierato non esiste in nessun altro Paese», «Smantella la repubblica parlamentare», «Giù le mani dalle prerogative del Presidente della Repubblica», «Meloni non vuole governare ma comandare», «ma la storia di questo Paese ha già dato e non è andata bene».

Ma per il «fronte del no» al referendum costituzionale c’è tempo. La segretaria ha convocato il popolo democratico per un’altra ragione: spiegare che questo «è il nostro tempo», annunciare un cambio di passo, un upgrade del ruolo del suo partito all’opposizione: «Siamo noi a dover ricostruire il campo progressista», «L’alternativa c’è e parte da noi. Noi continueremo a cercare convergenze con le altre forze di opposizioni perché sentiamo la responsabilità di costruire l’alternativa alle destra. Questa piazza è già più larga del Pd». Cerca un equilibrio tra politichese e pragmatismo: «Il Pd non ha alcuna ambizione di autosufficienza» ma «sappiamo che senza Pd non si costruisce l’alternativa alla destra» ma «siamo qui per confrontarci sui temi concreti».

Alcuni promessi alleati sono venuti: i rossoverdi Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni e il presidente M5s Giuseppe Conte che oggi, forse per buona creanza verso l’ospite, non è in versione competitor: «Io sono per il campo giusto e non per il campo largo. Siamo qui per confermare il dialogo che abbiamo già avviato col Pd». Il fatto è che i cronisti incrociano poco i politici, a meno che non si diano appuntamenti alle transenne: stavolta sono tenuti lontani dal retropalco dove pascolano big e meno big. Ci sono tutti, ma non si vedono. L’obiettivo, o almeno l’effetto, è che nel giorno della piazza del Pd unito non ci sia la corsa alle dichiarazioni dei singoli.

E anche sul palco l’unico esponente del Pd a parlare, prima della segretaria, è il presidente Stefano Bonaccini, che infiamma la piazza: «Siamo un grande partito, non possiamo stare al chiuso, al caldo, bisogna stare fuori, anche se a volte si rischiano i fischi». Il resto sono le voci delle battaglie civili e sociali che il partito ha sposato, chiamate da Marta Bonafoni, coordinatrice della segreteria, giornalista, e mano destra (o meglio sinistra) di Schlein. Saluto del sindaco Roberto Gualtieri, segue un medico specializzando, una studente universitaria, la sindacalista di La Perla, azienda in lotta contro i licenziamenti, la pensionata del Comitato Opzione Donna, l’immancabile giovane Fridays For Future, la sindaca del comune alluvionato Bertinoro Jessica Allegni, una famiglia arcobaleno, i presidenti di Acli e Arci, Manfredonia e Massa (Massa chiede il «cessate il fuoco» per Gaza, dalla piazza sale un’ovazione, la segretaria però chiederà di «liberare tutti gli ostaggi di Hamas e un cessate il fuoco umanitario», non è esattamente la stessa cosa), uno strepitoso Mamadou Kouassi, il migrante che ha ispirato il film di Matteo Garrone «Io capitano». Pezzi di bravura della scrittrice Chiara Valerio, del giornalista Paolo Berizzi e dello scrittore Maurizio De Giovanni («L’autonomia differenziata è una porcata»). Insomma: l’album di famiglia del Pd di Schlein.

In ogni caso la giornata è un successo incontestabile per la segretaria. Frutto in gran parte del lavoro silenzioso ma monumentale del responsabile organizzazione Igor Taruffi. Il Pd dà dunque un potente segnale di forza: 50mila per gli organizzatori; solo dall’Emilia-Romagna hanno preso treno e pullman in 3mila. A scanso delle polemiche sui numeri, il Nazareno fa circolare le riprese dal droni: e le immagini della piazza piena fanno un certo effetto. C’è il servizio d’ordine light «di 150 ragazzi e di ragazze», come ci era stato raccontato; ma tra i ragazzi e tra la folla si intravede una trentina di discretissimi compagni di lunga militanza che hanno occhi ovunque; comunque nessun momento di tensione. E così il sabato romano dimostra che il Pd c’è, e assomiglia a un partito vero, nonostante tutto; e che l’alternativa alle destre forse potrebbe esserci. Finale del palco con ragazzi e ragazzi, e Bella ciao. Non è una novità per il Pd. Ma certo, nella versione di Goran Bregović, stavolta la musica è parecchio più mossa.

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