Pubblicamente tutti negano, ma il clima in maggioranza tra la premier Giorgia Meloni e gli alleati di Forza Italia è di guerra fredda: troppo fresca la rottura con il compagno Andrea Giambruno, troppo fonda la ferita dai video di Striscia la notizia e dunque indirettamente dalla famiglia Berlusconi.

Il risultato sono una sequenza di passi indietro politici rispetto ad accordi di maggioranza già chiusi e sgambetti su questioni collaterali, dalle nomine alla gestione della Rai. C’è un un dato di fondo, però, di cui ha dovuto prendere atto soprattutto Meloni: per quanto ora i rapporti con Arcore siano ai minimi storici, senza Forza Italia il governo non può rimanere. Basterebbe qualche assenza pianificata nelle commissioni o che gli azzurri si mettano di traverso in parlamento, infatti, per far tribolare il governo proprio nella fase più delicata dell’anno in cui si approva la legge di Bilancio che palazzo Chigi auspica senza emendamenti.

Prescrizione ed energia

Il rischio è che nella faida, però, finiscano imbrigliati alcuni provvedimenti di rilievo anche su scala europea. Una prima conseguenza si è già notata lunedì, quando dal consiglio dei ministri è stato espunto il dl Energia, promosso dal ministro azzurro Gilberto Pichetto Fratin, formalmente perchè la proroga della tutela dei prezzi in bolletta avrebbe rischiato di mettere in discussione uno degli obiettivi del Pnrr. Tuttavia, il fatto che il testo ormai chiuso sia sparito dall’ordine del giorno appena tre ore prima del cdm non ha contribuito a distendere gli animi tra alleati.

Con il risultato di un riverbero su un’altra decisione che sembrava già presa e che riguarda la riforma della giustizia. Cavallo di battaglia di FI, la maggioranza aveva trovato una sintesi per riformare la prescrizione, eliminando il balzello dell’improcebilità in secondo grado e appello previsto dalla Cartabia.

Ognuno aveva ceduto su qualcosa, in particolare gli azzurri che avrebbero preferito un ritorno alla cosiddetta legge ex Cirielli, ma avevano accettato una formula che prevede lo stop, «in seguito alla sentenza di condanna di primo grado», «per un tempo non superiore a 18 mesi». Invece, dopo le turbolenze della settimana, FI ora ha chiesto un surplus di riflessione e potrebbe far saltare l’accordo, facendo leva sui numeri ed eventuali appoggi di Azione. Il risultato è stato un rinvio dell’esame in aula, in attesa di capire quando e se i rapporti si rassereneranno.

Le nomine

Intanto, però, in Forza Italia è dilagato il timore che le ire di Giorgia Meloni possano riguardare anche altri progetti cari a Forza Italia o alla famiglia Berlusconi. Nei giorni scorsi, infatti, è arrivato un attacco diretto al sottosegretario forzista Alberto Barachini per la decisione di nominare Giuliano Amato a capo della commissione algoritmi. Certamente, poi, non ci si potrà più aspettare favori per Mediaset, come ha anticipato il ministro dell’Agricoltura e cognato della premier Francesco Lollobrigida. E le situazioni a rischio non sono finite.

Gli obiettivi sensibili per gli azzurri, infatti, sono tanti: anche il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi è nell’occhio del ciclone per gli introiti paralleli alla sua attività di sottosegretario resi noti con lettera anonima. La lettera è arrivata anche al ministero e venerdì scorso gli uffici l’avevano segnalata all’Authority antitrust. Vero è che Sgarbi non può essere categorizzato in maniera esclusiva con Forza Italia ma la sua imposizione al ministro Gennaro Sangiuliano, che a via del Collegio romano non l’avrebbe voluto, è arrivata da Arcore. Ancora più delicata la situazione interna alla Rai.

Le grane Rai

I dati Agcom del mese di settembre rivelano come il Tg2 – diretto da Antonio Preziosi, quota azzurra – abbia dedicato il doppio del tempo ad Antonio Tajani, circa il 14 per cento del tempo, rispetto a quello destinato alla presidente del Consiglio, che è stata in onda solo per il 6,7 per cento. Una circostanza che difficilmente si ripeterà, appena arriverà all’attenzione del direttore generale Giampaolo Rossi o di palazzo Chigi.

Ma anche le trasmissioni rischiano di finire nel mirino. Dopo il via libera alla puntata di Report sull’eredità di Silvio Berlusconi contro cui si è scagliato Maurizio Gasparri, il pensiero dei forzisti corre anche a Check up salute ed Elisir, entrambi cari alla consigliera d’amministrazione d’area Simona Agnes (tra i nomi più quotati per la presidenza, che sarà discussa dopo le elezioni europee). Agnes non potrebbe fare a meno del sostegno dei meloniani e già si ragionava di un ticket che avrebbe portato Rossi alla poltrona di ad. Ma tutto questo era prima della vicenda Giambruno.

Per non parlare del canone: la prima sforbiciata è arrivata per volere della Lega, e per ora FdI ha promesso di pareggiare i fondi che verranno meno attingendo alla fiscalità generale. Il timore dalle parti di Mediaset è che questo sostegno possa mutare in un allentamento dei vincoli di raccolta pubblicitaria a cui sottostà la Rai, trasformandola in un concorrente veramente temibile. A questo punto, nulla è da escludere. Ma con la consapevolezza che – nell’interesse del governo – la tensione tra FdI e Fi a un certo punto dovrà abbassarsi.

 

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