L’unica certezza è che la modifica ai decreti sicurezza arriverà, ma dopo il 30 settembre. Il primo passo è portarlo al prossimo consiglio dei ministri, come è stato chiesto congiuntamente dal Partito democratico e da Liberi e uguali. Anche perché il testo è pronto. «Arriva da un lungo lavoro fatto insieme al Viminale, terminato non con un generico documento di principi ma con un vero e proprio testo normativo», dice il capogruppo di Leu, Federico Fornaro, che ha chiesto una «rapida approvazione» di un decreto che «riporta il tema delle migrazioni fuori dalla logica emergenziale e riallinea l’Italia agli accordi internazionali».  

Eppure, dietro il rinvio – il testo del nuovo decreto immigrazione era pronto a metà agosto – non ci sarebbe solo la ragione politica di fornire al leader della Lega, Matteo Salvini, un argomento forte per la campagna elettorale delle elezioni regionali di settembre.

Il congelamento di sei settimane del testo, chiuso dopo un delicato confronto tra le forze della maggioranza coordinato dalla ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, avrebbe una ulteriore spiegazione tattica.

A mettere sull’attenti il governo era stato lo stesso Salvini, autore dei due decreti sicurezza che il governo vuole modificare. Alle prime avvisaglie dell’iniziativa dell’esecutivo, il leader della Lega aveva dichiarato durante una trasmissione su Rete 4 che «se il governo proverà a cancellare i decreti sicurezza io piuttosto giro paese per paese gli 8mila comuni italiani per raccogliere un milione di firme per un referendum per bloccare quello che sarebbe un atto che favorisce solo la criminalità».

Individuata l’insidia, ovvero la minaccia di Salvini di chiedere un referendum sulla nuova legge sull’immigrazione, i costituzionalisti di area governativa legati al Partito democratico si sarebbero messi al lavoro. E un modo per neutralizzare la mossa sarebbe stato trovato nella legge che regola la proposizione dei referendum abrogativi.

La norma, infatti, individua per la raccolta delle firme una finestra temporale che va dal 1 gennaio al 30 settembre. Se la richiesta di referendum viene considerata formalmente valida dalla corte di Cassazione, il voto si tiene nella primavera successiva. Nel caso di approvazione del nuovo decreto immigrazione immediatamente dopo la chiusura del testo, dunque, Salvini avrebbe potuto trascinare il paese in una nuova campagna referendaria sul tema dei migranti già tra la primavera e l’estate del 2021.

Per questo il governo avrebbe optato per un rinvio tattico. Approvare il decreto Lamorgese dopo il 30 settembre farebbe infatti slittare l’eventuale referendum al 2022, regalando al governo un anno e mezzo di tranquillità e togliendo a Salvini uno degli argomenti di attacco che preferisce. La scelta del congelamento del testo per scongiurare un immediato referendum, però, non è nata nelle riunioni fatte al Viminale tra giugno e luglio per scrivere la bozza. «A luglio il tavolo di lavoro ha consegnato il testo finito nelle mani della ministra Luciana Lamorgese, ma le tempistiche di approvazione spettano al governo», dice Fornaro. 

Anche tra le file di una parte Pd, la giustificazione del rinvio in chiave anti-referendaria non convince. «La notizia non mi risulta e, se l’avessi sentita mi sarei infuriato perché ogni ritardo nella modifica dei decreti significa lasciare più persone a morire in mare», dice l’ex presidente del partito, Matteo Orfini, sostenitore dell’abrogazione dei decreti di Salvini. «Ora bisogna solo calendarizzare il nuovo decreto e sono felice che finalmente anche altri riconoscano l’impellenza di superare quella legislazione».

Il dato politico, però, rimane: con il testo pronto solo a metà agosto, il dibattito per la sua approvazione sarebbe stato infuocato – vista la delicatezza della materia – e avrebbe inevitabilmente fagocitato la campagna elettorale per le regionali. Un’eventualità considerata non auspicabile nemmeno dai più convinti sostenitori della necessità di riformare i decreti sicurezza.

Sia guardandola dal lato referendario che da quello delle regionali, il calendario ha consigliato prudenza al governo.

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