Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha trasmesso l’immunità parlamentare al figlio, Leonardo Apache La Russa, sotto indagine per violenza sessuale, per diversi giorni. La procura di Milano finora non aveva potuto sequestrare il telefono del ragazzo, né prendere i messaggi.

Alla fine il 14 luglio, più di due settimane dopo la denuncia, riporta il Fatto Quotidiano, l’autorità giudiziaria di Milano con decreto ha ottenuto il dispositivo del più piccolo dei figli di La Russa, ma non la Sim a quanto specificano gli altri quotidiani. La consegna è avvenuta da parte dell’indagato ai magistrati che seguono le indagini. Il decreto riporta le parole chiave con cui analizzare il dispositivo.

La sim e la costituzione

La sim sarebbe intestata non a La Russa padre, ma a una società dello studio legale La Russa e, dunque, gli inquirenti si sono posti il problema se quel cellulare possa o meno essere ritenuto una «pertinenza» del senatore La Russa. Un caso unico. La procura ha cercato di sciogliere questo nodo giuridico il prima possibile.

La Costituzione prevede che senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare.

Allo stesso modo, senza via libera, i membri del parlamento non possono essere sottoposti a intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.

Perciò la procura da una parte non poteva disporre a piacimento del sequestro dello smartphone, visto che a nessuno è permesso entrare a casa La Russa senza che il parlamento dia il via libera. E dall’altra parte, doveva stare ben attento ad acquisire i messaggi. La questione in questo secondo caso è più sfumata.

Comunque la procura non può prendere messaggistica che includa in qualche modo gli interessi del presidente La Russa.

All’avvocato della famiglia del presidente del Senato, Adriano Bazzoni, è stato chiesto se La Russa stesse pensando o no di consegnare tutto. Ma è stato molto vago: «È un tema che non ho attenzionato e non abbiamo affrontato assieme anche perché stiamo aspettando rispettosamente l’esito delle indagini. Sinceramente non so se la scheda sim sia intestata al presidente del Senato».

La presunta vittima, la ragazza di 22 anni che ha denunciato, ha già reso disponibile tutto il materiale in suo possesso.

L’interrogatorio e l’interrogativo

Il presidente del Senato, appena è emersa la notizia della denuncia, ha detto di aver «interrogato» suo figlio: «Dopo averlo a lungo interrogato ho la certezza che mio figlio Leonardo non abbia compiuto alcun atto penalmente rilevante». Non solo, ha messo in dubbio la versione della ragazza ricordando che aveva assunto cocaina.

La presunta violenza sessuale sarebbe avvenuta a casa della seconda carica dello Stato la notte fra il 18-19 maggio: dopo una serata all’Apophis Club di via Merlo 3 a Milano la ragazza è finita a casa La Russa. Circostanza confermata anche dal presidente, che l’ha vista nella camera del figlio: «Ho aperto la porta, l’ho vista, era tranquilla e poi se ne è andata». Da allora si susseguono le ricostruzioni, e tutti hanno letto i messaggi whatsapp della ragazza che ha affermato di non ricordare nulla di quanto accaduto quella notte. La mattina dopo, ha riferito, si è trovata nuda nel letto di Leonardo Apache La Russa.

Le perizie mediche hanno riportato che aveva lesioni che potrebbero essere compatibili con una violenza sessuale, toccherà alle indagini dare un racconto dei fatti.

La denuncia è stata depositata il 29 giugno. Mentre passano i giorni, sullo sfondo diventa sempre più grande un altro interrogativo: se il telefono nel frattempo mantenga o no le prove intatte. Il risvolto politico sarebbe clamoroso, e quello penale sarebbe compromesso.

Dopo la prima uscita finita tra le polemiche, La Russa ha moderato i toni. Avrebbe potuto contribuire al raggiungimento della verità senza ipotesi di un dibattito parlamentare dall’esito incerto.

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