Uno è un dirigente del Pd, l’altro è un indipendente molto vicino ai Cinque stelle, amico di Giuseppe Conte di cui è stato ministro dell’università. Attenti a quei due: Matteo Lepore e Gaetano Manfredi, rispettivamente sindaco di Bologna e di Napoli. Uno è classe 1980 e in autunno ha vinto in città al primo turno con il 61,9 per cento dei voti. L’altro è classe ‘64, eletto anche lui al primo turno con 62,88 per cento. In comune hanno molti ragionamenti, alcuni punti programmatici, ma anche e soprattutto il fatto di essere espressione di uno schieramento largo, che comprende Pd e Cinque stelle. 

L’occasione dell’incontro è data dal bolognese: ha chiamato il collega a sottoscrivere un «patto» fra due città, due amministrazioni, un asse operativo su questioni concrete: politiche urbane, innovazione, lavoro e giovani. Per ora si tratta di una promessa.  Il primo incontro è avvenuto ieri nel capoluogo emiliano-romagnolo, il protocollo invece sarà firmato a Napoli dopo il voto.

Come era già avvenuto con il sindaco di Firenze Dario Nardella, il primo cittadino di Bologna stavolta ha chiamato il collega napoletano perché, dice quest’ultimo, «dall’esperienza dei tanti sindaci che operano nelle città che sono a guida progressista si può veramente costruire un’agenda nazionale, un’agenda urbana che guardi ai bisogni delle persone, nella fase post-pandemica e in questa fase di crisi dell’energia. Noi abbiamo la necessità di dare risposte concrete, le persone si sentono sole, abbandonate, si tratta di dar loro una risposta, ma anche di sfruttare questo enorme potenziale umano che è dato dai nostri giovani».

Lepore spiega però che l’idea è più larga ed è quella «riunire dopo le elezioni il centrosinistra parlando delle questioni sociali», «iniziare a lavorare su alcune politiche urbane molto importanti», «due città progressiste come Bologna e Napoli che nelle ultime elezioni amministrative hanno avuto il consenso e il mandato per avere delle coalizioni ampie debbano dare un segnale di cambiamento forte per le persone», «dare un contributo a riunire tutto il paese tra nord e sud, perché vediamo un grandissimo divario».

Riunire i progressisti 

Ma c’è di più, e questo di più non è “dietro” questo primo incontro, è davanti: è rimettere insieme un’area progressista – che in autunno, all’epoca della loro elezione, si poteva ancora chiamare «campo largo», definizione ormai bandita dal lessico politico del centrosinistra – «quella che ha portato quei sindaci a governare le città, e che invece alle elezioni politiche si è presentata divisa e rissosa. A Roma Giuseppe Conte attacca quotidianamente Enrico Letta. Nelle città i sindaci progressisti tengono botta e proteggono le loro maggioranze.

Spiega Lepore: «Vogliamo coinvolgere tanti colleghi, e pensiamo che dopo le elezioni si debba riunire il centrosinistra, pensiamo che il nostro compito sia quello, al di là delle appartenenze politiche. Manfredi non è iscritto al Pd, io sì, ma siamo persone libere che hanno costruito un progetto progressista».

Anche Verona e Cuneo

Il concetto viene ripetuto e articolato la stessa sera alla festa dell’Unità, che ha chiamato a confrontarsi, oltre a Lepore e Manfredi, anche il sindaco di Verona Damiano Tommasi, che anche lui ha vinto nella sua città con quello che definisce «un campo lungo», e la sindaca di Cuneo Patrizia Manassero, che invece ha vinto con una coalizione fra Pd e civici, che a sua volta comprendeva anche le forze di quello che oggi si definisce Terzo Polo. Entrambi sono stati eletti lo scorso febbraio. 

Il ragionamento di Lepore e Manfredi non dà per scontata la vittoria delle destre –anche perché in campagna elettorale è vietato darsi per già sconfitti. Quello che si dà per indispensabile è, comunque vada, la necessità di ricomporre la rottura fra Pd e Cinque stelle. 

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