Un costo di 140mila euro di sponsorizzazioni social nell’ultimo mese di campagna elettorale, quello decisivo, per provare a vincere le elezioni. Una cifra raggiunta, mettendo insieme la pagina di Fratelli d’Italia (119mila) e quella di Giorgia Meloni (21mila), che conferma il tentativo di primeggiare prima su Facebook e poi nelle urne. E in termini di quantità, il dato è chiaro: nessuno ha speso più di Fdi. Nei 30 giorni precedenti il voto, comunque, i leader si sono scatenati, attingendo al budget a disposizione. Addirittura Giuseppe Conte ha rotto un tabù: ha fatto ricorso alla promozione a pagamento dei post.

Da sempre aveva puntato tutto sul traffico organico, forte dei numeri della sua fan page. Poi il cambio di passo e il massiccio investimento maturato a ridosso del voto, proprio nell’ultima settimana con un conto complessivo, finanziato dal Movimento 5 stelle, di 23.242 euro. Una quota che è comunque la metà rispetto all’esborso del Partito democratico, che si è attestato poco sotto i 47mila euro.

A differenza di tutti gli altri big, però, il segretario Enrico Letta non ha messo nemmeno un euro per promuovere i contenuti della sua pagina personale. Anche l’arcinemico di Conte, Luigi Di Maio, ha deciso di avviare per la prima volta da quando è sui social, un piano di post a pagamento. La spesa è stata più ridotta in confronto al leader del M5s, fermando poco sopra quota 11mila euro. Una necessità dettata comunque anche dalla scarsa riconoscibilità del simbolo di Impegno civico, che finora non è riuscito a raggiungere nemmeno 800 mi piace sulla pagina Facebook.

Chi ha convinto sui social

Il bilancio del mese di campagna elettorale di Matteo Salvini è stato di 62.830 euro con una cadenza stabile, visto che ogni settimana il budget per sponsorizzazioni è stato intorno ai 15mila euro, mentre la Lega, con un ritmo di 1.500 euro ogni sette giorni, ha raggiunto la soglia di 6mila euro. Ma al netto dell’aspetto quantitativo, c’è il risultato da valutare in termini qualitativi. «La campagna elettorale è stata piuttosto fiacca», dice in premessa Paolo Natale, docente di sociologia all’università di Milano e componente del comitato scientifico della Società italiana di studi elettorali.

Ma, a suo giudizio, «Meloni ha comunicato bene, al di là degli episodi controversi tipo il discorso in Spagna, alla platea di Vox. Ha in gran parte raggiunto l’obiettivo di risultare tranquillizzante». L’altro profilo convincente nella strategia di comunicazione è stato Conte: «Ha messo sul campo una proposta in cui si pone come il nuovo Robin Hood al contrario del Pd descritto come il partito delle ztl», osserva l'esperto.

Big spender e outsider

Un altro big spender è stata è stato Coraggio Italia, il partito del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, che ha pagato 60.409 euro in un mese, in media 2mila al giorno, a cui si aggiungono i 4.700 euro del fondatore della piccola formazione centrista. Appena sotto a questa cifra spicca poi +Europa, a 55.170 euro.

La leader Emma Bonino si è limitata a investimento di poco superiore ai 2mila euro preferendo, così, veicolare il simbolo del partito. Più parsimonioso è stato Carlo Calenda con un plafond di 30mila euro totali, conteggiando i 18mila della sua pagina personale e il resto messo sul conto del partito. Dimessa la strategia digital di Matteo Renzi, che si è fermato sotto i 1.500 euro, lasciando maggiore spazio al suo partito: Italia viva ha speso 16.565 euro, una somma comunque non imponente.

Non mancano delle curiosità. Tra i volti meno noti, poi, spicca Severino Nappi, candidato in Campania della Lega, assurto agli onori della cronaca per aver proposto in più occasioni il condono edilizio nella sua regione. Per lui l’esborso è stato 27.605 euro. Ma anche il responsabile economico del Pd, Antonio Misiani, ha previsto una spesa superiore ai 18mila euro.
Tanti soldi, insomma, che hanno promosso post. Stando solo ai leader e ai principali partiti in campo, il computo supera il mezzo milione di euro. Ma non sempre le risorse messe per promuovere i contenuti sono efficaci. Come, secondo la visione di Natale, nel caso di Letta: «Ha dato l’impressione di essere un po’ pasticcione dal punto di vista tattico, in materia di alleanza, che ha inevitabilmente avuto delle ricadute sulla comunicazione». E non è da meno l’analisi su Berlusconi, che in termini di spesa social è stato sottotono con appena 10mila euro dopo un iniziale boom di investimento: «La campagna è sembrata una macchietta, come le comparsate su Tik Tok o la mosca uccisa durante l’intervista».

© Riproduzione riservata