Con il quarto voto favorevole, è stata definitivamente approvata la proposta di aggiungere un comma all’articolo 33 della Costituzione secondo cui «La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme». La proposta è stata sostenuta trasversalmente da tutte le forze politiche e da diverse espressioni della società civile – come l’associazione CulturaItaliae – ed ha trovato nel Ministro Abodi un positivo immediato entusiasmo.

La Carta fondamentale, così modificata, fissa ora il diritto di ciascuno a fare sport inquadrandolo come vero e proprio diritto umano fondamentale dinanzi al quale le istituzioni statali, regionali, territoriali, al pari delle organizzazioni sociali, devono attivarsi al fine di assicurare il benessere psicofisico degli individui.

Tale concetto è già ampiamente radicato nell’ordinamento giuridico e la previsione ora in Costituzione non sembra avere una reale portata innovativa.

Fin dagli anni ’70, infatti, la Corte costituzionale ha definito lo sport quale «attività umana cui si riconosce un interesse pubblico tale da richiederne la protezione e l’incoraggiamento da parte dello Stato» (sentenza n. 57 del 1976) per poi affermare, in più occasioni, come le associazioni sportive «siano tra le più diffuse formazioni sociali dove l’uomo svolge la sua personalità», trovando un ancoraggio costituzionale negli articoli 2 e 18 (così, ad esempio, nelle sentenze n. 49 del 2011 e 160 del 2019). Proprio in virtù di ciò, la legge n. 107 del 2015 ha fissato, nelle scuole, il diritto del minore «all’esercizio della pratica sportiva quale insopprimibile forma di svolgimento della personalità del minore».

D’altronde anche a livello internazionale il principio ora esplicitato in Costituzione è da tempo consolidato se si pensa che nel 1978 l’Unesco ha adottato la Carta internazionale per lo sport in cui afferma che la pratica all’educazione fisica è un diritto fondamentale e che nel 2013 le Nazioni Unite hanno adottato la risoluzione n. 67/296 affermando come lo sport sia strumento capace di promuovere l’integrazione e lo sviluppo economico.

La novella costituzionale, dunque, piuttosto che introdurre un nuovo diritto che è già nell’ordinamento giuridico, potrebbe avere l’effetto di “costringere” lo Stato e le Regioni ad adottare misure congiunte volte a regolare in modo omogeneo la tematica dello sport, atteso che oggi l’unico riferimento esplicito in Costituzione è dato dall’articolo 117 secondo cui l’ordinamento sportivo è materia concorrente tra la competenza statale e quella regionale.

Tuttavia questa ennesima micro-modifica costituzionale induce ad una riflessione sistemica.

Se si analizzano, infatti, anche le novelle approvate nella scorsa legislatura e le numerose proposte avanzate in questa, emerge come la Costituzione sia divenuta negli ultimi dieci anni un testo prêt-à-porter, pronto ad essere modificato per renderlo conforme agli istinti della maggioranza del momento.

Assistiamo, infatti, al tentativo di “scaricare” sulla Costituzione ciò che non si è in grado di fare con legge ordinaria: d’altronde, negli ultimi vent’anni, il numero di leggi “a scoppio ritardato” – cioè che richiedono l’approvazione di decreti attuativi per essere davvero efficaci – è aumentato in modo esponenziale fino a trasformare questi atti imperativi in generiche manifesti d’intenti privi, spesso, di forza giuridica.

Si pensi che le leggi approvate nella scorsa legislatura hanno rinviato ad oltre 1800 decreti attutativi, di cui oltre i 2/3 non hanno mai visto la luce. Il continuo ricorso a leggi “a scoppio ritardato” ha indotto molti parlamentari a trasformare la Costituzione nel loro terreno di gioco, sperando che l’inserimento nella Carta fondamentale di un certo principio possa, in qualche modo, imporre al Governo di assicurare tempi certi per l’attuazione delle leggi ordinarie che a quel principio si riferiscono.

Con ciò ignorando che la Costituzione è purtroppo il primo atto normativo a restare in parte ancora inattuato e che dunque la prima priorità del Legislatore dovrebbe essere quello di dare sostanza concreta ai precetti costituzionali anziché inserirne di nuovi che, rimanendo inattuati, portano a creare un diffuso disvalore nei confronti della nostra Carta fondamentale.

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