Per infastidire gli ultimi rappresentanti dell’ortodossia di Forza Italia, basta citare due nomi: la vicepresidente della Camera, Mara Carfagna, e il presidente della regione Liguria, Giovanni Toti. Nei tempi d’oro del partito erano considerati i delfini di Silvio Berlusconi, poi arrivarono il declino e le prime divisioni interne e i due, da che erano stati nominati coordinatori del partito, vennero messi ai margini con poco garbo.

Oggi che il peso elettorale di Forza Italia è ridotto al lumicino, sia Toti che Carfagna tornano a provare ad accendere la fiamma delle origini e rispolverano un sempreverde della politica italiana: la creazione di uno spazio politico per i moderati. Sempre all’interno dell’alleanza di centrodestra, ma con un nuovo protagonismo del centro rispetto alla destra di Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Un guscio semivuoto

I loro incontri sono ormai noti – l’ultimo dei quali è stato mercoledì sera, in un ristorante romano -, l’idea che li accomuna anche: Forza Italia è ormai un guscio semivuoto, dunque serve ricostruire un polo di ispirazione popolare e liberale, che faccia leva sul dato storico che agli italiani non piacciono gli opposti estremismi.

Del resto, un eco di questa suggestione arriva anche dalla Lega sovranista di Matteo Salvini, in cui l’ideologo Giancarlo Giorgetti teorizza da tempo un movimento «verso il centro» dopo il mezzo flop delle regionali, in cui è stato bocciato il teorema dell’uomo forte che soffia sulla paura dell’immigrazione.

Scetticismo

Eppure, l’iniziativa delle due ex promesse di Forza Italia viene accolto con scetticismo proprio tra i reduci del partito di Berlusconi. «Questi non vanno da nessuna parte», taglia corto un senatore della vecchia guardia, che teorizza: «Uno spazio al centro si aprirà solo quando Berlusconi nominerà il suo successore, prima quello spazio rimarrà bloccato da lui».

Tradotto: fino a quando il Cavaliere non concederà il passo, nessuno potrà guadagnare la prima fila nel campo che è stato da lui governato per oltre vent’anni. Se fino ad ora Berlusconi era stato categorico nello stroncare iniziative concorrenti, ora però qualcosa si starebbe muovendo anche ad Arcore.

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In cerca di una benedizione

Il canale di comunicazione tra Carfagna e il cavaliere non si è mai interrotto e la presidente della Camera è una delle poche a cui Berlusconi risponde sempre personalmente al telefono. Certo una benedizione ancora non c’è, ma chi lavora al progetto Toti-Carfagna è convinto che non ci sia nemmeno alcuna esplicita contrarietà di Berlusconi.

Gli strali, piuttosto, arrivano dal cerchio di fiducia che si muove intorno al leader, Niccolò Ghedini in testa, sempre attento a stroncare qualunque alzata di capo.

Il localismo

«Si tratta di una piccola operazione di palazzo, portata sulle spalle da un leader locale senza nessuna proiezione su scala nazionale», dice un parlamentare di Forza Italia che viene dalla galassia democristiana, riferendosi a Giovanni Toti. Proprio la dimensione territoriale che è considerata una debolezza secondo i parametri romanocentrici, sarebbe invece un punto di forza nell’idea del centro di Toti e Carfagna.

Nella Lega sta aumentando il peso anche in chiave nazionale del veneto Luca Zaia, che ha incassato un clamoroso successo elettorale soprattutto grazie alla buona gestione della pandemia, dunque lo stesso potrebbe fare Toti, che si è riconfermato governatore della Liguria dove l’efficienza nella ricostruzione del ponte di Genova è diventata modello nazionale.

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La guerra tra bande

Intanto, il tramonto di Forza Italia si sta consumando in una guerra tra bande. Nella Sicilia che è stata per anni granaio elettorale suonano campanelli d’allarme: il pupillo di Berlusconi, Gianfranco Miccichè ha sostenuto che i risultati alle amministrative siano stati soddisfacenti, ma su 16 comuni al voto Fi si è presentata solo in 9, raccogliendo risultati non esaltanti.

Nell’altro grosso bacino di voti che è la Campania è in corso una faida interna che ha prodotto la caduta libera dal 19 al 5 per cento, con il passaggio di alcune figure chiave nell’alveo del governatore dem, Vincenzo De Luca. In Liguria è stato lo stesso Toti a svuotare completamente il serbatoio di consensi, raccogliendo il 23 per cento con la sua lista civica.

In questo scenario da fine di un’era, dunque, quel che resta di Forza Italia si divide in due: chi si muove e teorizza nuovi poli di centro; chi invece attende di capire se Berlusconi stia meditando un ultimo colpo di teatro. Nel mezzo, la variabile che dà un po’ di sollievo: se la nuova legge elettorale sarà di tipo proporzionale, anche una Fi prosciugata può essere determinante per il centrodestra, dunque peserà politicamente più di quanto conti in termini di voti.

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