«Affrontiamo questo momento con fiducia e auguriamoci che potremo riprendere quanto prima le attività di svago». Questa dichiarazione di Giuseppe Conte risale a meno di due mesi fa, è stata pronunciata il 18 ottobre durante la conferenza stampa in cui si introduceva il primo decreto del presidente del Consiglio che introduceva restrizioni per affrontare la seconda ondata. 

La fiducia ci sarà anche stata, gli italiani si sono adeguati alla chiusura dei ristoranti a mezzanotte, a quella delle palestre, ma la possibilità di riprendere le «attività di svago», come le chiama il presidente del Consiglio, è ancora ben lontana. Anzi: proprio in queste ore si sta discutendo di nuove chiusure ancor più stringenti nei giorni intorno a Natale, dopo che anche dall’estero le decisioni dei governi vanno in quella direzione. Le discussioni del governo seguono solo di poche ore l’annuncio della cancelliera Merkel di tornare in lockdown totale dal 16 settembre al 10 gennaio: in Italia, fino a qualche giorno fa, i governatori regionali spingevano ancora per un allentamento delle restrizioni sugli spostamenti tra comune e comune. 

A dar loro sponda dal lato governativo c’era stato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che giovedì scorso annunciava su Facebook: «A Natale permettiamo ai cittadini di spostarsi tra i piccoli comuni», con tanto di foto autorevole. Attualmente, le intenzioni del governo stanno andando in tutt’altra direzione, si parla addirittura di ripristinare la zona rossa per più dei tre giorni (25, 26 e 31) già decisi già in tutta Italia. 

Come siamo arrivati al Natale

Il primo appuntamento del ciclo autunnale delle conferenze stampa del presidente del Consiglio ormai diventata abitudine stabile nel 2020 era stato a inizio a settembre, quando Conte si era rivolto agli studenti per assicurare loro che nel nuovo anno scolastico ci sarebbero state sì nuove regole, ma assicurando che «ci potranno essere difficoltà, ma invito a rispettare le regole e affrontare con fiducia questo anno. Quest'anno si torna a scuola, in presenza». Di nuovo fiducia, di nuovo un annuncio in parte disatteso, soprattutto in alcune regioni, come in Campania, dove le scuole sono state chiuse quasi subito dopo la loro riapertura.

Già a metà ottobre, Conte non voleva sbilanciarsi sulle feste di fine anno: «Non faccio previsioni per Natale, faccio previsioni delle misure più idonee, adeguate e sostenibili per prevenire un lockdown, però dipenderà molto dal comportamento di tutta la comunità nazionale». Uno spauracchio, quello del lockdown, che né il governo italiano né quelli esteri volevano più agitare, dopo la chiusura totale della primavera. Complice la volontà di sostenere un’economia che si stava appena riprendendo, nessuno voleva andare a stimolare i malumori di una popolazione che ha affrontato la seconda ondata con decisamente meno fiducia della prima. La conferma dell’atmosfera tesa è arrivata con le manifestazioni di Napoli e Roma, ma ancora a dicembre Conte si vantava di aver «evitato un lockdown generalizzato». 

Serenità?

Oggi non c’è più nessuna traccia della serenità con cui il presidente del Consiglio si augurava di arrivare alle feste a inizio novembre, quando venivano introdotti i colori delle regioni, e con loro i 21 parametri valutativi e tutte le polemiche dei governatori che ne sono discese. Di lì a pochi giorni si sarebbe discusso della validità dell’approccio, dei dati regionali su contagi e terapie intensive incompleti o consegnati in ritardo, delle dichiarazioni di chi si sentiva svantaggiato dalle decisioni settimanali della cabina di regia.

Ma durante la conferenza stampa del 4 novembre Conte, già confrontato con una domanda sulle feste, aveva detto di contare sul fatto che se le misure avessero aiutato, durante il periodo natalizio «qualche spesa in più ce la potremo permettere». Pur senza prevedere «un Natale con veglioni e abbracci», la speranza era anche che sarebbe potuta tornare «la fiducia nei consumi». 

Risultato finale: «un beneficio economico». Il beneficio si sta cercando di ottenerlo anche stimolando gli acquisti (in presenza) con il programma di cash back, che dovrebbe riportare i clienti nei negozi, ma contemporaneamente manda a monte tutte le precauzioni prese negli ultimi mesi, soprattutto nelle regioni rosse tornate gialle, cioè con le città praticabili anche fuori dalle necessità più stringenti, proprio nei giorni scorsi.

Nel cosiddetto «decreto Natale», in ogni caso, erano già previste le limitazioni per i viaggi tra regioni e all’estero, con la sola deroga della residenza. Una decisione che, oltre a provocare esodi concentrati nei giorni immediatamente precedenti all’inizio del divieto, il 21 dicembre, sembrava in completa contrapposizione con l’idea di far tornare gialle le regioni negli ultimi giorni prima delle feste. 

Mentre quindi da un lato il governo rivendicava di essere riuscito a non imporre un lockdown generalizzato e cercava di rilanciare i consumi, dall’altro, obbedendo alle indicazioni di esperti e reagendo alle influenze provenienti dall’estero, ha deciso adesso un’inversione a u, passando dal Natale immaginato come tregua e momento di ricongiungimenti, seppure in maniera limitata, a momento di chiusura massima. Qualcosa non ha funzionato.

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