Veneto, stallo a destra. Il risultato delle Marche condizionerà il post Zaia

Il vertice a Roma di oggi? Saltato o «mai esistito» come ha detto Matteo Salvini, nonostante ad annunciarlo sia stato un dirigente di primo piano di Forza Italia come Fulvio Martusciello. L’incontro di ieri tra Salvini e Luca Zaia? Di certo si sono incrociati nella laguna di Venezia, complice il festival del cinema, ma poco più di questo. «Anche perché cosa potrebbero dirsi, visto che ancora è tutto fermo?» sogghigna un esponente meloniano del Veneto. Il leader della Lega ha detto di sperare che una riunione tra leader di centrodestra ci sia la prossima settimana, ma ormai è un ritornello che si ripete da agosto. In realtà, a sentire i dirigenti veneti dell’una e dell’altra tra le due forze che si contendono il candidato presidente – Lega e Fratelli d’Italia – alcuni punti fermi ci sono, anche se non vengono detti ad alta voce. Il primo, d’area FdI, è che il nome del candidato in Veneto non arriverà prima «dell’ultima settimana di settembre o della prima di ottobre». L’attesa è per le Marche, dove si vota il 28 e 29 settembre: se la vittoria, come spera via della Scrofa, andrà a Francesco Acquaroli, allora si potrà lasciare palazzo Balbi nelle mani della Lega. «Altrimenti...», lascia in sospeso la frase la fonte. Ecco perché, non più tardi di due giorni fa, è stato lo stesso Zaia a dire che è ancora troppo presto per sapere a chi andrà il candidato, parzialmente smentendo le rassicurazioni di Salvini alla base della Liga veneta. Pd, Emiliano rinuncia a correre in Puglia. Decaro: «Via anche Vendola» Altra quasi certezza, pur ufficiosa, è che la data delle elezioni sarà fissata il 23 novembre. A giustificarlo viene portata una ragione di stretta amministrazione: la regione Veneto stanno svolgendo le riunioni per il consolidato di bilancio in vista di un possibile esercizio provvisorio per l’inizio del 2026. Questo, in previsione che la prima riunione della nuova giunta non possa essere prima di Natale. La mossa serve a Zaia per tenere coperte le sue carte fino all’ultimo, anche a costo di infastidire chi a destra pensa che il Doge stia «tenendo la regione sotto scacco». La sua via d’uscita è duplice. Una è quella di succedere a Roberto Brugnaro come sindaco di Venezia, nonostante le origini trevigiane. C’è prudenza, però: Zaia è politico attento e conosce la sua grande popolarità sul territorio ma anche la bizzosità dei veneti. Il centrodestra vince in scioltezza la regione, ma non i capoluoghi. L’altra ipotesi è romana: se il candidato in regione fosse il segretario e deputato leghista Alberto Stefani, Zaia potrebbe subentrargli nel seggio a Roma e da lì prendere la via di un incarico almeno di sottogoverno. Del resto, a Roma si ricorda spesso l’ottimo rapporto del governatore con la premier e in molti dentro FdI sono pronti a scommettere che sarà lei a trovargli un incarico di rilievo. Unico punto su cui tutti sono d’accordo – chi pubblicamente, chi privatamente – è sull’inopportunità di una lista Zaia. Forza Italia ha posto con forza il suo veto, Salvini continua a considerarla un’ipotesi percorribile e FdI non si pronuncia. Tuttavia le opinioni degli ortodossi di partito convergono: una lista Zaia non conviene a nessuno, men che meno alla Lega, la cui lista ufficiale in Veneto viene sottostimata proprio per questo. La sensazione è, però, che il Doge farà il passo indietro solo dopo rassicurazioni sul suo futuro, da qualsiasi parte provengano. Intanto, Salvini ha provato a intorbidire le acque: «Il simbolo della Lega sicuramente ci sarà, poi le liste sono pronte», ha detto a Venezia. Salvini va da Zaia, la destra prepara un vertice a Roma per chiudere sulle regionali Il totonomi Intanto, il totonomi prosegue. Sulla sponda leghista, il più quotato è appunto Stefani, espressione stretta del salvinismo e considerato romanocentrico, la cui candidatura è percepita come «spenta» dai dirigenti territoriali. Alternativa di area Zaia è la sua attuale vice, Elisa De Berti, che sarebbe anche più gradita a FdI. Percepita come persona poco ingombrante, dal profilo più amministrativo che politico, non pesterebbe i piedi ai suoi assessori e – senza candidato presidente – è certo che FdI pretenderà di esprimere l’assessore alla Sanità. Anche dentro FdI, però, c’è qualche rimestamento. Se fino a qualche settimana fa il nome più quotato era quello del senatore Raffaele Speranzon, forte del suo legame forte con il vertice romano e considerato a livello locale «il più moderato ed equilibrato», è tornato a sgomitare anche Luca De Carlo. Pasticcio a destra: dubbi su Occhiuto, paura in Campania Il deputato, dato per nome forte qualche mese fa e poi eclissatosi, è tornato ad accendersi in dichiarazioni pubbliche molto battagliere sul futuro del Veneto sulla scia del ritorno del suo riferimento nazionale: Francesco Lollobrigida. Eppure, al netto delle dichiarazioni pubbliche, le quote pendono ancora in favore di un candidato leghista. Anche perché, viene fatto notare, se la Lega dovesse cedere il Veneto sarebbe un passaggio da fine di mondo, complicato da gestire senza perdere la faccia per la segreteria di Salvini.