Mostro, anzi no. Si chiude così, almeno per i media, il secondo capitolo processuale del caso di Bibbiano e dei demoni della val D’Enza: la corte d’assise d’appello di Bologna ha assolto lo psicoterapeuta Claudio Foti, diventato uno dei volti chiave dell’inchiesta e che in primo grado era stato condannato a quattro anni con rito abbreviato. A suo carico, pendeva l’accusa di aver manipolato la testimonianza di una sua paziente al fine di farle ammettere una violenza sessuale da parte del padre, sottoponendola alla discussa tecnica della Emdr, Eye Movement Desensitization and Reprocessing, o desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari. Rimangono invece ancora in sospeso le posizioni processuali ma meno mediatiche di altri 17 imputati, tra cui quella dell’ex moglie di Foti, Nadia Bolognini.

Anche questo è uno degli effetti distorsivi del caso Bibbiano, ribattezzato dagli inquirenti “Angeli e Demoni” quando ancora non era vietato dare nomi suggestivi alle inchieste, su cui già nella fase delle indagini preliminari avevano preso il sopravvento le speculazioni giornalistiche e la strumentalizzazione politica (il «partito di Bibbiano» usato come accusa al Pd dall’allora grillino Luigi Di Maio). La vicenda processuale, però, non è ancora conclusa e da chiarire sono le posizioni di psicoterapeuti e assistenti sociali della val D’Enza, accusati di falsificare relazioni al fine di allontanare alcuni bambini dai genitori, per poi darli in affido ad altre famiglie dietro compenso.

Se nel caso di Bibbiano la posizione di Foti è rimasta marginale, il nome del fondatore della onlus Hansel e Gretel di Moncalieri ritorna però in moltissime vicende degli ultimi vent’anni in materia di minori.Ex giudice onorario del tribunale dei minori di Torino, Foti in realtà non ha una laurea in psicologia o in medicina, ma si è laureato in lettere e ha poi seguito numerosi corsi in neuropsichiatria e psicologia ma nessuno equiparabile ad una laurea. Tuttavia, il suo accreditamento e l’iscrizione all’ordine degli psicologi nel 1989 è stato possibile grazie a una legge proprio di quell’anno che istituisce l’albo e che permetteva a laureati in materie diverse dalla psicologia di iscriversi grazie a una sorta di sanatoria, se negli anni precedenti all’istituzione dell’albo erano stati riconosciuti come tali dagli enti pubblici.

Proprio la collaborazione con gli enti pubblici ha fatto il successo di Foti, che negli anni è diventato direttore scientifico di centri studi, formatore e anche docente in alcune università, oltre che perito a cui si sono affidate le procure di tutt’Italia. Nel corso degli anni, infatti, lui e una schiera di suoi “allievi” legati alla Hansel e Gretel sono diventati punto di riferimento per perizie giudiziarie e corsi di formazione. Ma sono anche finiti al centro di numerosi processi per molestie e abusi sessuali fondati su colloqui con minori, molti dei quali si sono dimostrati castelli di carte.

Uno dei più eclatanti è stato ripreso da Panorama e risale al 2007 a Salerno. L’inchiesta ipotizzava orge, sevizie e sette sataniche: le vittime tre fratellini, e il carnefice il padre. Foti era a capo del collegio di esperti dell’accusa e la madre dei bambini, che accusava il marito di violenze, era seguita una psicologa che si era formata presso Hansel e Gretel. Poi, dopo dieci anni, l’assoluzione del padre e, in sentenza, la segnalazione riguardo a Foti di «numerosi fenomeni di induzione diretta e suggestione» sui min ori. Lo stesso è accaduto al caso dei presunti abusi dell’asilo di Rignano Flaminio, con ventuno bambini che sostengono di essere stati abusati e cinque imputati. Anche in quel caso, Foti era consulente per la procura di Tivoli. Anche in quel caso, dopo anni di indagini e clamore mediatico, tutto si concluderà con assoluzioni.

E poi altri casi a Pisa e Oristano, Milano e Arezzo, in cui copione che si somiglia sempre: ipotesi di abusi su minori con indagine a carico di un parente e Foti nominato perito dall’accusa. Tuttavia, Foti si è difeso dicendo che «In 40 anni ho fatto centinaia di consulenze , forse talvolta le mie valutazioni potevano essere migliori. Ma io compivo valutazioni, non ho mai sostenuto l’accusa di alcuno».

Il ruolo delle perizie

Negli anni, però, Foti si è trasformato in una sorta di guru della psicoterapia infantile e in tutti i casi riaffiora quello che è stato ribattezzato il “metodo Foti”. Il diretto interessato ha sempre respinto la definizione, considerando le sue tecniche accreditate a livello scientifico e definibili come di «disvelamento progressivo» o «empatico», tuttavia in molte sentenze sono emerse le criticità della tecnica, basata su due assunti: esisterebbe un numero molto alto di abusi su minori non individuati e i bambini non mentono.

Il metodo sarebbe stato elaborato da Foti a partire dalle linee guida del Cismai, un’associazione privata fondata nel 1993 che opera nel campo degli abusi su minori a cui per lungo tempo è stato iscritto con la sua onlus. Questa associazione è da tempo al centro del dibattito tra psicologi sull’attendibilità dei metodi, soprattutto quando applicati per perizie all’interno dei processi. La “dichiarazione di consenso in tema di abuso sessuale”, infatti, sostiene che «è comprovato che l’abuso sessuale è un fenomeno frequente e in grande prevalenza sommerso» e «le separazioni coniugali i altamente conflittuali sono indicate come una condizione di particolare rischio per l'insorgenza di dichiarazioni non veritiere, ma possono essere anche occasioni che favoriscono rivelazioni autentiche». Dal punto di vista del metodo, non prevede l’obbligo di registrare le sedute coi minori.

Le linee guida più accreditate in caso di ascolti in sede processuale, invece, sono quelle della Carta di Noto, che prevedono la videoregistrazione, il divieto di domande suggestive e l’utilizzo di metodologie scientificamente affidabili, oltre alla necessità di più incontri e più test sul paziente. Tuttavia - come è stato ricordato anche nella vicenda processuale di Foti - non si tratta di uno strumento tassativo: secondo diverse sentenze di Cassazione, il suo rispetto non può essere considerato imperativo per gli psicologi che operano. Una confusione, questa, che mostra come il mondo della giurisprudenza e quello della psicologia fatichino a trovare un minimo comune denominatore. Con esiti drammatici tra le presunte vittime e i presunti carnefici.

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