In piena terza ondata, con oltre 100mila morti registrati, arriva il momento di fare il punto su quanto avvenuto nella “stanza dei bottoni” nei primissimi giorni dello scoppio della pandemia nel nostro paese.

Parliamo di Bergamo. Oggi salta fuori un verbale riservatissimo (acquisito anche dalla procura di Bergamo) di una riunione informale e ristretta del Comitato tecnico scientifico, che si è tenuta il pomeriggio del 2 marzo 2020. Alle ore 18. All’incontro partecipa anche l’ex premier Giuseppe Conte. Con lui riuniti ci sono il ministro della Salute, Roberto Speranza, il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Sivio Brusaferro e alcuni membri del Cts, tra cui l’allora coordinatore Agostino Miozzo.

Di questa riunione non esistono verbali ufficiali, almeno non negli atti pubblicati sul sito della Protezione Civile. Eppure, qualcuno prende appunti. Si scopre così che le date non tornano. E nemmeno le dichiarazioni ufficiali rilasciate dall’allora presidente del Consiglio.

L’allarme già il 28 febbraio

Il 28 febbraio di un anno fa, il matematico della Fondazione Bruno Kessler di Trento, Stefano Merler, invia alla regione Lombardia i dati sulla situazione epidemiologica: la regione ha un R0 pari a 2.1, la bergamasca 1.8. I dati, come specifica Merler, tengono conto solo dei sintomatici e sono molto sottostimati. Queste informazioni vengono comunicate al governo? Un R0 superiore a 2 voleva dire che bisognava chiudere tutto. Subito.

Quello che sappiamo è che tra il 2 e il 3 di marzo la regione governata dal leghista Attilio Fontana invia all’Iss una mappa epidemiologica della Lombardia, compresa la Val Seriana, ma non un’istanza formale di zona rossa. I contagi nella bergamasca sono già 366. Il 24 per cento dei casi lombardi.

Sempre il 2 marzo, l’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera, invia una e-mail al capo del dipartimento di Protezione civile, Angelo Borrelli, esprimendo “la necessità di reclutare con la massima urgenza medici per rafforzare gli organici del sistema sanitario regionale, non più sufficienti per affrontare gli impatti dell’epidemia in corso”.

La doppia riunione del Cts

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Il 2 marzo 2020 è una data fondamentale. Quel giorno, infatti, il Cts si riunisce due volte: una al mattino e una al pomeriggio. La seduta del pomeriggio non viene messa ufficialmente a verbale. In quella seduta, però, è presente anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che viene messo al corrente della situazione critica nella bergamasca.

Non solo, in quella riunione il Cts suggerisce a Conte di adottare misure restrittive in Val Seriana, ma il premier è titubante. Il punto, oggi, non è solo la titubanza dell’ex premier di fronte a dati epidemiologici drammatici provenienti dalla Lombardia, ma che Conte, sentito come persona informata sui fatti il 12 giugno scorso, abbia dichiarato ai pm bergamaschi - come da indiscrezioni pubblicate sul Corriere della Sera - di avere appreso la situazione epidemiologica in Val Seriana e le raccomandazioni dei suoi tecnici solo il 5 marzo. Tre giorni dopo.

Che il 2 marzo la situazione fosse critica in Lombardia lo dimostra la prima nota riservata dell’Iss di quello stesso giorno (che ho riportato lo scorso 26 marzo su Tpi.it) in cui si raccomandava di chiudere Alzano e Nembro in una zona rossa. Il Cts il 3 marzo la mette a verbale. Ma il governo prende tempo. E Conte dichiara di aver letto quel verbale 48 ore dopo e di aver deciso poi di chiudere la Lombardia in accordo con il presidente Fontana (in una zona arancione e non rossa) l’8 marzo, perché chiudere solo la Val Seriana sarebbe stato insufficiente.

In realtà le cose non sono andate così. E il verbale riservato del 2 marzo lo dimostra.

Di che cosa si è discusso esattamente in questo incontro? Di estensione della zona rossa ai comuni di Alzano Lombardo e di Nembro, che evidenziavano “numeri preoccupanti” rispetto alla diffusione del contagio.

A illustrare all’ex premier la grave situazione epidemiologica in Val Seriana è il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro, che suggerisce di limitare l’accesso a questi comuni a chi viene da fuori.

Tuttavia, Conte quel 2 marzo obietta che non sia possibile ricostruire la catena di trasmissione e sottolinea che la zona rossa vada usata “con parsimonia, perché ha un costo sociale, politico, non solo economico, molto alto”. La nota si conclude con questa frase attribuita a Conte: “decide di rifletterci”. Quanto è durata questa riflessione? Sei giorni, durante i quali i bergamaschi sono morti a centinaia.

Conte ha mentito ai pm bergamaschi? O ha solo avuto un vuoto di memoria? Difficile ipotizzare che di una riunione così cruciale, in cui si prefiguravano “numeri preoccupanti” in una zona economicamente strategica della Lombardia, non vi sia traccia nella memoria dell’ex premier. In una intervista rilasciata lo scorso aprile al Fatto Quotidiano, Conte dichiara: “La sera del 3 marzo il Cts propone per la prima volta la possibilità di una nuova zona rossa per i comuni di Alzano Lombardo e Nembro”. Oggi sappiamo che ne è venuto a conoscenza addirittura 24 ore prima.

Se non stessimo parlando di un virus contagiosissimo la differenza di pochi giorni non susciterebbe tanto scalpore. Ma sei giorni a marzo 2020 sono fatali. La Lombardia andava chiusa subito. Invece, l’ex premier Conte decide di rifletterci, omettendo di dire all’opinione pubblica e ai pm che già dal 2 marzo era conoscenza della gravissima situazione in Val Seriana.

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