Un altro civico, anzi un’altra civica, è possibile. Non si tratta delle sardine, di una politica flash come i flash mob, né di competenti catapultati nelle liste, ma di una coalizione di persone e movimenti che sul territorio sono impegnati da sempre. Si chiama “civica”, questa coalizione bolognese, perché si ispira al municipalismo di Ada Colau, sindaca di Barcellona, che la sostiene. Nata prima delle scorse amministrative come alternativa a sinistra del Pd, oggi la “Coalizione civica coraggiosa ecologista solidale” si presenta con una lista a sostegno del candidato del Pd, Matteo Lepore. E la scommessa ora è più rischiosa: trasformare da dentro il centrosinistra, restituirgli un’anima rosso-verde, “ecologista”, femminista come la leader e capolista trentenne Emily Clancy e con quel tocco di Emilia-Romagna “coraggioso” portato da Elly Schlein.

(I candidati di Coalizione civica per il Comune e per i quartieri di Bologna)

«La nostra lista è intersezionale», dice Clancy. E in effetti ci sono dentro Black Lives Matter, Extinction Rebellion, i Fridays for Future, e rappresentanti di molteplici istanze. Lepore ha cercato questa alleanza e promette che il patto con la coalizione non è solo maquillage. Ma anche dal successo di questa lista dipenderà la capacità di fare di Bologna «la città più progressista d’Italia», come vorrebbe lui.

A quel punto, il caso di Bologna potrebbe fare da apripista nazionale? «L’esperienza bolognese è esemplare nei fatti», dice il candidato sindaco. «Penso all’alleanza coi Cinque stelle, ai personaggi di rilievo che si sono messi in gioco e all’attenzione puntata su di noi. Se alle urne va bene, essere la città più progressista sarà una sfida di portata nazionale».

La sorpresa

«Io sono stata la sorpresa ed ero sorpresa io stessa», dice Emily Clancy. Parla di quando, cinque anni fa, è stata eletta in consiglio comunale per la prima volta. Con Federico Martelloni candidato sindaco, Coalizione civica prese il sette per cento e Clancy, la più votata dello schieramento, fu pure la più giovane consigliera eletta in Comune. «Ero tornata da poco da Londra».

Nata a Bologna il 25 aprile del 1991, ha studiato giurisprudenza tra il King’s College e l’Alma Mater. Nel frattempo, ha sempre lavorato: barista, traduttrice, speaker radiofonica, dj, volontaria nei sindacati dei lavoratori in Canada… «Sono sempre stata impegnata politicamente, dal liceo in cui ero rappresentante di istituto. Con coalizione ho fatto un passo in più perché si ispirava alle esperienze neomunicipaliste d’Europa, era vicina ai cittadini senza però essere una lista civica qualunquista. Aveva una forte base valoriale di sinistra».

La vate del neomunicipalismo è Ada Colau, sindaca di Barcellona. Le precarietà, le diseguaglianze, sono tutte tangibili nelle città globali, che la sociologa Saskia Sassen indica come le nuove frontiere: «Nelle zone urbane si concentrano la finanza e le tensioni globali, ma proprio da lì è anche possibile sparigliare i giochi, agire per i diritti». Colau da anni predica che «le città sono la speranza per rifondare dal basso la democrazia in crisi in Europa, per ricostruire fiducia». Ha lanciato la rete “Fearless cities”, città senza paura, e coalizione partecipa. «Quando Colau puntava a essere rieletta, io ed Emily siamo andati a Barcellona e abbiamo partecipato alla sua “brigada”», racconta Marco Trotta di coalizione. «L’esperienza serviva a creare una rete di supporto internazionale e a scambiarsi buone pratiche». Per esempio? «Sull’integrazione».

Coalizione, per inciso, ha in lista la leader del Black Lives Matter cittadino, la 25enne Seyna Ndione, che dice: «Voglio portare il tema della cittadinanza nel dibattito pubblico». Bologna non è una metropoli come Barcellona, ma è comunque un corpo urbano attraversato da tensioni di nuova generazione. Un esempio concreto riguarda Airbnb: la sindaca spagnola, la cui storia politica nasce nei movimenti per la casa, ha provato a regolare la piattaforma. Clancy, da Bologna, ha imposto il tema del diritto all’abitare.

«Con Airbnb gli affitti erano alle stelle, così in consiglio ho portato le istanze di movimenti come Pensare urbano – ora in lista – e abbiamo ottenuto una istruttoria pubblica». Tra le cose che Clancy rivendica, c’è pure «la battaglia per il bosco urbano dei Prati di Caprara». Coalizione è ecologista e porta con sé le rivendicazioni dei Fridays e di Extinction Rebellion.

Nuova generazione

L’esperienza bolognese è stata a sua volta ispiratrice di altre coalizioni civiche italiane: «Noi siamo stati i primi», dice Marina D’Altri, copresidente; le cariche dentro coalizione sono doppie per garantire parità di genere. «Poi sono nate una ventina di realtà simili». Perché partire «dalla civitas» come dice D’Altri? «La visione municipalista per noi è fondamentale, è una lente diversa rispetto a quella dei partiti. Ci sono formazioni che partecipano a coalizione – sinistra italiana, possibile, articolo 1, Coraggiosa… – ma rimangono un passo indietro», dice D’Altri.

L’esigenza di una coalizione fatta di «forze politiche e sociali che gravitano a sinistra» nasce prima delle amministrative scorse: «Volevamo ribadire politiche di sinistra poco frequentate dal Pd nazionale e locale. I movimenti per la scuola pubblica, per esempio, hanno svolto un ruolo fondativo in coalizione». Coalizione che ha dato sbocco politico anche ai centri sociali attivi in città, come il Tpo, Làbas… «Nei due mandati di Virginio Merola, il Pd ha rotto coi centri sociali», dice Alessandro Canella, direttore di Radio Città Fujiko. «Anzitutto perché il Pd all’epoca era renziano e aveva una visione manageriale della città, la spingeva verso la gentrificazione. Poi perché furono praticati gli sgomberi, prima di Atlantide, poi di XM24...».

Dall’Istituto Cattaneo, Marco Valbruzzi, autore di Come votano le periferie, dice che realtà come Coalizione sono state un argine all’emorragia di consensi del Pd nelle aree socialmente periferiche della città. «Bologna è l’unica tra le grandi città, a parte Firenze, in cui il centrosinistra non ha perso le periferie». La tendenza generale, spiega Valbruzzi, è che «tra il 2016 e il 2018 si consuma una rottura con la base anche perché il jobs act e le politiche renziane piegano il ceto di riferimento dei partiti progressisti». Mentre in altre città del nord l’emorragia di consensi ha avvantaggiato la Lega, e a sud i Cinque stelle, i bolognesi hanno scelto l’astensione piuttosto che tradire il centrosinistra. «A fine 2019 hanno sperato nelle sardine, e in generale hanno potuto contare sulla tradizione civica».

Lepore è consapevole che bisogna ricostruire pezzi di rappresentanza e non a caso per «la città più progressista» punta su Coalizione. Che prima di accettare ne ha «discusso per mesi», dice Clancy: «Siamo la sinistra!», ironizza. «Io avevo considerato un terzo polo, una alleanza rossoverde, di sinistra ed ecologista. Ma con la candidatura alle primarie della renziana Isabella Conti, mettere in campo anche il mio nome togliendo voti a Lepore avrebbe facilitato la presa renziana». Lepore ha comunque dovuto firmare i sette punti di coalizione.

Se Clancy diventasse vicesindaca, qual è la prima cosa che farebbe? «Candiderei Bologna a diventare tra le cento città europee che annullano le emissioni entro il 2030 e istituirei il “sindaco della notte”». L’idea del nachtburgemeester, che amministra la vita notturna, nasce dieci anni fa ad Amsterdam ed è stata replicata altrove. «La sicurezza – dice Clancy – può essere di sinistra: le strade sicure sono quelle attraversate dalle donne. In una città socialmente vitale e non abbandonata possono sentirsi più sicure».

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