“Che bisogno c’era di un nuovo partito?”, si chiedeva questa mattina il senatore Gianluigi Paragone alla presentazione della sua nuova formazione politica, No Europa per l’Italia - Italexit con Paragone. “Questo è l’unico partito di cui c’era ancora bisogno: un partito che dica chiaramente che l’Italia deve uscire dall’Unione europea”, si è risposto.  

A Paragone, ex Movimento 5 stelle, ex direttore della Padania ed ex conduttore televisivo, di sicuro non manca il coraggio. La presentazione del suo partito arriva in un momento in cui l’Unione europea sembra aver recuperato almeno una parte della sua popolarità.  

Proprio due giorni fa, il Consiglio europeo ha approvato il Recovery fund, il primo storico accordo per emettere una massiccia quantità debito comune europeo con cui aiutare i paesi più colpiti dalla crisi economica scatenata dalla pandemia di coronavirus.

Anche prima dei risultati di questa settimana, gli italiani erano piuttosto freddi nei confronti dell’abbandono dell’euro.  

Secondo un sondaggio commissionato lo scorso aprile dal centro studi Cise dell’università Luiss, il 65 per cento degli italiani è favorevole alla permanenza nell’euro. È un sentimento comune nell’Unione. Persino nella disastrata Grecia, al culmine della crisi del 2015, il 71 per cento degli abitanti dichiarava di non volere l’uscita dalla moneta unica.

Di fronte al tenace timore dell’ignoto manifestato dagli elettori, tanto la Lega quanto il Movimento 5 stelle hanno moderato o del tutto abbandonato le loro posizioni anti euro. Anche all’estero gli avversari della moneta unica hanno perso posizioni. Nel gennaio del 2019, ad esempio, la leader del Rassemblement National, Marine Le Pen, ha detto che l’uscita dall’euro “non è più una priorità per la Francia”.

Paragone non si scoraggia e dice di voler puntare a quel 18 per cento di italiani che invece dall’eurozona dice di voler uscire. “In Italia manca un partito che chieda l'uscita dell'Italia dall'Unione europea e dall'unione monetaria”, ha detto di fronte a una dozzina di giornalisti in una saletta della Camera.

Non è la prima volta che Paragone si mette in una posizione solitaria. Lo scorso dicembre era stato l’unico senatore del Movimento 5 Stelle a votare contro la legge di bilancio. “Dentro questa manovra trovo ancora una volta la logica della gabbia di Bruxelles. Quindi, purtroppo, devo votare no”, aveva detto. Da tempo in rotta con la leadership centrista dell’allora capopartito Luigi Di Maio, Paragone è stato deferito dal comitato di disciplina ed espulso dal partito poche settimane dopo.

Ma la sua nuova avventura non è folle come potrebbe apparire a prima vista. La crisi che attende l’Italia sarà lunga e profonda ed è tutto da vedere se l’entusiasmo filoeuropeo di questi giorni è destinato a durare. Ancora più importante sarà capire se il governo riuscirà a trasformare i fondi ottenuti nel negoziato di questa settimana in spesa capace di generare consenso.

Risentimento e tensioni sociali saranno forti nel nostro paese. In passato, un simile scontento è stato catalizzato dal segretario della Lega, Matteo Salvini, che proprio con la battaglia anti euro riuscì a far uscire il suo partito da una profonda crisi e a trasformarlo nel primo partito d’Italia (salvo poi ridurre il volume del suo euroscetticismo non appena lo ha ritenuto opportuno).  

Sembra difficile che Paragone riesca in un’operazione altrettanto grandiosa (gli manca il partito di Salvini e la sua lunga esperienza politica). Ma di fronte a una nuova crisi è possibile che si apra di nuovo il terreno politico per un euroscetticismo radicale. Potrebbe essere un terreno a “destra” della Lega e Paragone potrebbe svolgere un ruolo simile a quello che il leader degli euroscettici britannici Nigel Farage ha avuto con il Partito conservatore. Oppure quello spazio potrebbe aprirsi dentro la Lega.  

Per Paragone, ex direttore del giornale di partito La Padania, sarebbe un ritorno a casa. 

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