«Siamo a un punto di partenza, non di arrivo», sono le parole di Giorgia Meloni all’esecutivo del suo partito.

Meloni ha anche confermato una «costante» interlocuzione con il governo Draghi e ha spiegato che il silenzio scelto in questi giorni è per rispettare le procedure istituzionali, che vogliono il Quirinale come motore per iniziare le consultazioni. 

Una certezza, però, viene data: «Non c'è alcun dubbio che il centrodestra unito farà il mio nome» per la premiership.

Alla fine, dopo due ore di riunione, l’esecutivo del partito – una sorta di riunione allargata a 30 big del partito – riunito nella storica sede di via della Scrofa, ha deliberato all’unanimità «il mandato a Meloni per le trattative per formare il governo», ha detto il capogruppo al Senato di FdI, Luca Ciriani. 

Una copia esatta di quel «mandato a trattare» che il consiglio federale della Lega ha consegnato a Matteo Salvini, indicando un lungo elenco di desiderata

Questa riunione, infatti, è diventata una sorta di risposta a distanza ai movimenti della Lega, ristabilendo anche i rapporti di forza emersi con il voto del 25 settembre.

In questi giorni, la leader ha lavorato senza sosta per trovare una sintesi in vista della formazione del prossimo governo: quali caselle riempire e con quali nomi, quanti tecnici d’area preferire ai politici, quanti dicasteri assegnare ai due alleati.

Proprio quest’ultimo passaggio è il più difficile: il gioco delle parti prevede che Lega e Forza Italia, separati da qualche decimale all’8 per cento, spingono per avere almeno quattro ministri a testa e chiedono un governo politico, perchè «la stagione dei tecnici è finita».

Gli alleati

Schermaglie scontate e che Meloni si aspettava, ma che potrebbero farsi più minacciose se lei non incontrasse le richieste considerate imprescindibili da Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Secondo le indiscrezioni attuali, quindi, il ritorno al Viminale per Salvini e un posto di peso, magari alla Sanità, per la fedelissima del Cavaliere, Licia Ronzulli.

Entrambe le richieste non convincono Meloni, che però, ha scelto il silenzio anche su questo e formalmente non replica nè ai retroscena di giornata nè alle comunicazioni ufficiali come quella della Lega di ieri.

Certamente avrebbe preferito maggiore sobrietà da parte di Salvini, in particolare nell’avanzare pubblicamente richieste che superano di gran lunga la quota immaginabile per la Lega con questo risultato elettorale.

Chi lavora con lei sostiene che il lavoro per comporre la squadra sia in fase molto avanzata e che il quasi sì strappato all’economista del board Bce, Fabio Panetta, anticipato da Domani, abbia messo al sicuro il dicastero più delicato – quello dell’Economia – e tutti gli altri verranno di conseguenza.

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