“Antonino Scopelliti era un uomo delle Istituzioni, un uomo di legge e credeva nella giustizia. Ha sacrificato la sua vita per questo. E la giustizia cammina lenta, così come la verità, ma arriva sempre.”

(Francesco, 12 anni – Scilla)

Ho trascorso gli ultimi quindici anni a provare a testimoniare l’esempio di Antonino Scopelliti, magistrato ucciso nel 1991 da mano ancora ignota. Sono stata ospite di un considerevole numero di scuole, ho incontrato bambini, giovani, universitari. Ho incontrato donne e uomini delle Istituzioni, Forze dell’Ordine, Magistrati, Associazioni. Ho avuto l’onore di parlare davanti al Capo dello Stato, di raccontare Antonino Scopelliti e il suo senso del dovere, il suo essere un servitore dello Stato. Per trentaquattro anni, davanti alla stele posta in sua memoria sul luogo in cui è stato ucciso ho condiviso lacrime e parole di speranza, ho condiviso rabbia e dolore, indignazione, sconforto. Ho avuto momenti bui in cui mi sono chiusa nel silenzio, in cui avrei voluto mollare tutto perché mi sembrava che questa ricerca della verità non portasse a nulla. Si. Anche io.

Un dolore senza fine

Solo Dio può sapere cosa alberga nel cuore di chi vede strappare alla vita un affetto così importante come quello di un padre, un figlio, un fratello. Solo Dio sa il dolore di non poter immaginare futuro, la consapevolezza di aver perso per sempre un abbraccio, una carezza, un sorriso o una parola di conforto. Solo Dio sa quanto sia difficile andare avanti e sorridere. Testimoniare un esempio. Raccontarlo ai propri figli spiegando a quegli occhi di bambina perché il nonno Nino, mio padre, non è con noi. I familiari delle vittime, chi resta e sente il peso di vivere anche per loro, non trova mai pace. Nessuno ci restituirà quelle presenze martirizzate da mano ignobile.

L’unica cura per alleviare il dolore è riuscire a consolare il pianto con verità e giustizia. E non sono parole vuote da ripetere come una litania alle commemorazioni, ma sono anzi piene di valore e significato. Verità e giustizia sono tutto ciò che resta per avere qualcosa che si avvicini alla pace. E non sono sindacabili, non sono contrattabili, non sono procrastinabili.

Le parole di Nordio

È umiliante che oggi ci venga spiegato che se i processi o le indagini vanno avanti per troppo tempo e la verità non viene mai trovata, bisognerebbe arrendersi perché «il tempo non è soltanto padre della verità ma padre dell’oblio».

Al ministro della Giustizia, mi rivolgo da familiare di una vittima per avere rassicurazioni. Per sentirmi dire che lo Stato è in grado di stanare gli assassini, i mafiosi, i delinquenti. Sempre. Anche se le indagini sono state fatte male. Anche se ci sonno stati errori. Anche dopo anni.
Dal ministro della Giustizia del mio Paese oggi mi sarei aspetto un’iniezione di coraggio. Ma non il coraggio di “lasciare andare”. Il coraggio di continuare a perseverare accanto ai magistrati e agli inquirenti perché nessun delitto rimanga impunito.
Io la verità la voglio conoscere. E voglio che sia prima di tutto una verità giudiziaria, poi la storia racconterà la sua parte. Io la verità la pretendo perché è un diritto. Lo pretendo perché quando parlo a mia figlia, ai giovani, ai bambini, devo poter dire loro che stare dalla parte giusta conviene, che lo Stato è più forte, che chi commette reati, chi uccide non la fa franca, nemmeno dopo 50 anni.

Lo pretendo perché il sangue di Antonino Scopelliti, ucciso da mano ancora ignota dopo 34 anni, ha bagnato il nostro Tricolore per senso del dovere e dedizione e perché il suo esempio di uomo giusto che quotidianamente consegniamo alle nuove generazioni attraverso le attività della fondazione a lui intitolata, non può cadere nel nulla. Papà ha dato la vita per la nostra patria per garantire verità e giustizia a chi cercava conforto, pieno di speranza, nella Legge.

Papà è stato ucciso per aver voluto cercare la verità portando il peso della solitudine del magistrato. L’impopolarità del ruolo. Spendendosi per restituire alle vittime, a chi resta fiducia nello Stato, nelle Istituzioni, nella Giustizia. E questa è l’identità delle Istituzioni, quella che non ammette la resa.

Caro Ministro, la prego di comprendere il mio dolore. Lo Stato non si arrende. La verità non è opzionale. Non è una botta di fortuna che a qualcuno capita e ad altri no. La verità deve essere garantita in ogni caso, in ogni processo, in ogni delitto. Dotare gli inquirenti di mezzi adeguati, garantire tempi celeri per i processi, riformare ciò che non funziona per garantire giustizia alle vittime e alle loro famiglie, limitare gli errori giudiziari, lavorare per abbattere la recidiva, ad esempio, tra i minori che terminano la loro restrizione in carcere, queste alcune delle urgenze del nostro Paese. E che allora si abbia il coraggio di non arrendersi al tempo, e le chiedo di essere al mio fianco e al fianco di tutti quei familiari delle vittime che cercano e aspettano la verità e che guardano alla sua figura come a quella di un padre di cui fidarsi così come deve essere inteso il ruolo nelle Istituzioni al servizio del Paese.

*Figlia del giudice Antonino Scopelliti e presidente della fondazione intitolata al padre

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