L’Europa ha un piano, o almeno così dice. Le pressioni per ridurre le disuguaglianze vaccinali globali stanno aumentando. India e Sudafrica la prossima settimana presenteranno una nuova proposta sulla sospensione dei brevetti e stavolta ci sono gli Stati Uniti pronti a negoziarla. Domani la direttrice della World Trade Organization, Ngozi Okonjo-Iweala, farà capolino tra gli europarlamentari della commissione Commercio. Tutte le attenzioni sono su Bruxelles, che venerdì assieme a palazzo Chigi promuove il vertice globale sulla salute ma che sul tema è apparsa divisa e riluttante. Ora la Commissione europea avanza una sua proposta, che vuole mettere anche sul tavolo della Wto entro luglio. Da subito, gli effetti sono due. Il primo è dilatorio: invece di incardinarsi nel negoziato sulle proposte già avviate, l’Europa ne propone una ulteriore. Il secondo è la frammentazione: in questo piano Ue, l’iniziativa viene di fatto relegata ai singoli governi, ai quali spetta una eventuale azione e pure il confronto con Big Pharma.

I contenuti del piano

Il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis, che ha la delega al Commercio, ha annunciato le sue intenzioni oggi davanti all’europarlamento, durante un dibattito sui brevetti dei vaccini nel quale l’assemblea non ha trovato una posizione unitaria. Il primo punto per Dombrovskis è aumentare la produzione. Su questo la Commissione prosegue in assoluta continuità: da mesi il commissario Thierry Breton prova a facilitare gli accordi tra Big Pharma e manifatture, seguendo il modello “BioNTech-Sanofi”; la società tedesca detta le condizioni, rimane titolare di tutto, ma utilizza le capacità di Sanofi per infialare le dosi. Le joint venture volontarie sono la strada preferita da Ngozi Okonjo-Iweala stessa, che ha battezzato questa strada come «la terza via». E che però è in campo da mesi, ma a quanto pare non basta: solo lo 0,3 per cento di vaccini arriva ai paesi poveri; il direttore dell’Oms parla ora di «apartheid vaccinale». Dombrovskis dice che ci sono già 200 accordi di questo tipo, propone di «incoraggiare le aziende». Vuole poi aumentare la cooperazione con Covax. Dice che serve un impegno globale, in sede Wto, per togliere le barriere all’esportazione; questa è una frecciata agli Stati Uniti, che però pochi giorni fa hanno dato un segnale; Joe Biden ha annunciato l’esportazione di 80 milioni di dosi. Infine Dombrovskis spiazza tutti con le licenze obbligatorie: dice che bisogna chiarire meglio, e facilitare, ciò che è già previsto dall’accordo Trips.

Di governo in governo

Cosa significa? Il commissario europeo si riferisce alle cosiddette “Trips flexibilities”, e cioè alle disposizioni che sono già in vigore nell’accordo sulla proprietà intellettuale della Wto. Gli articoli 30 e 31 disciplinano le cosiddette licenze obbligatorie, e sono l’eredità della lotta di Nelson Mandela per avere accesso ai farmaci per l’Hiv. Un paese la cui condizione sanitaria ed economica lo richieda, può decidere con legge propria di produrre per il proprio mercato interno scavalcando i brevetti e accordando un risarcimento all’azienda titolare. Un paese che non ha neppure la capacità produttiva per fare questo, può avvalersi della clausola sull’importazione parallela, e acquistare a sua volta i vaccini a prezzo di costo da chi può produrli. Vittorio Agnoletto, che insegna globalizzazione e politiche della salute alla statale di Milano e si occupa per l’Italia dell’iniziativa “Right to cure”, dice che «questo tipo di soluzione è estremamente difficile da utilizzare, perché ogni paese ha le sue leggi su come disporre le licenze obbligatorie e una volta messe in atto sarebbe costretto da solo a confrontarsi e a scontrarsi duramente con Big Pharma. Ma soltanto i paesi ricchi, quelli che meno avrebbero bisogno di queste licenze, hanno il peso e la forza per sostenere le sfide, anche legali, che un’ipotesi del genere comporta». Agnoletto bolla la proposta come «un tentativo diversivo». Il dato di fatto è che l’Ue, i cui paesi si sono presentati uniti ai negoziati per i vaccini, propone adesso una soluzione che andrebbe adottata governo per governo. Mentre intanto India, Sudafrica, 118 paesi chiedono da ottobre alla Wto una soluzione globale condivisa. La rappresentante Usa al Commercio Katherine Tai ha steso una sua proposta ma è probabile che gli Usa negozieranno su quella emendata che arriverà a breve da India e Sudafrica. Tai affronta l’ostracismo dei repubblicani in patria ma insiste: «Non si possono rischiare vite per difendere la proprietà intellettuale» e «c’è il rischio di una paralisi» alla Wto.

L’Italia

In tutto questo Roma si prepara a ospitare il Global Health Summit, mentre Emmanuel Macron brucia le tappe e fa i suoi annunci ai partner africani. «Dietro le parole sulla liberazione dei brevetti, mi pare che Macron nasconda al massimo l’intenzione di promuovere licenze volontarie. In ogni caso fa solo promesse, da mesi», commenta Nathalie Ernoult dall’ufficio di Parigi di Médecins sans frontières. E Draghi cosa fa? La deputata Angela Ianaro è la prima firmataria di una mozione di maggioranza che chiede al governo di «superare i diritti di proprietà intellettuale per risolvere i problemi di produzione», dice che «il mandato del parlamento al premier è chiaro: hanno votato a favore i Cinque stelle come me, il Pd, Leu, Forza Italia e Lega». Il premier ha assunto una posizione nitida sul tema? «Al question time ha espresso una posizione simile a quella formulata ora da Dombrovskis, ma no, non si è espresso dichiaratamente per la sospensione dei brevetti», dice Ianaro.

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