Appena la notizia è arrivata da Washington, Ken Paxton, il procuratore generale del Texas, ha chiuso l’ufficio, mandato a casa i collaboratori e proclamato il 24 giugno giornata annuale in memoria dei bambini «non nati».

In altre parti degli Stati Uniti invece le strade si sono riempite di voci di protesta contro una decisione che riporta gli Stati Uniti indietro di 50 anni e priva le donne di libertà di scelta sulle loro vite.

La maggioranza conservatrice della Corte suprema con sei voti contro tre ha cancellato il diritto costituzionale all’aborto. La decisione era attesa da maggio, quando c’era stata una prima fuga di notizie sulla bozza di sentenza che i giudici stavano valutando, ma il ribaltamento della sentenza del 1973 Roe vs Wade non ha nulla di tradizionale: meno del 2 per cento delle sentenze sono state rovesciate nella storia della Corte suprema.

\

Di fronte al massimo tribunale degli Stati Uniti si sono riuniti sostenitori e contestatori della decisione: l’America spaccata in due, divisa a metà persino nella geografia delle libertà civili, nel diritto di disporre dei propri corpi.

Spezzati in due

In tutto 26 stati su cinquanta sono pronti a limitare i diritti delle donne. L’altra metà invece si prepara da maggio ad accogliere le donne che vorranno abortire, con piani per aumentare le cliniche per le interruzioni di gravidanza.

Almeno 13 stati avevano già approvato negli anni e nei mesi passati leggi per vietare o restringere il diritto all’aborto: ora quelle leggi potrebbero entrare in vigore nel giro di giorni, massimo settimane. L’Oklahoma ha già reso illegale l’aborto fin dal concepimento, in Texas è vietato a partire dalla sesta settimana e non è coperto da alcuna assicurazioni sanitaria, né privata né pubblica, in Louisiana e Kentucky diventerà illegale immediatamente, in Florida entrerà in vigore un divieto di aborto dopo le 15 settimane dal primo di luglio, la stessa scadenza dovrebbe diventare legge in Mississipi.

Il Guttmacher Institute, uno dei più importanti centri di ricerca che sostiene il diritto all’interruzione di gravidanza, tra il 2017 e il 2020 ha registrato aumenti delle interruzioni di gravidanza proprio in alcuni degli stati che hanno cancellato o cancelleranno il diritto all’aborto, a partire proprio dall’Oklahoma. In alcuni stati come la Georgia, dove dovrebbe entrare in vigore un divieto dopo le sei settimane, l’aborto è destinato a diventare tema di scontro alle prossime elezioni di Midterm.

«La volontà di dio»

Le anticipazioni della sentenza erano state lette dai democratici come una occasione per mobilitare gli elettori e evitare una prevista sconfitta alle urne e ieri il New York Times riportava una indiscrezione secondo cui in privato Donald Trump avrebbe definito negativi gli effetti della sentenza per i repubblicani. Pubblicamente, però, l’ex presidente ha dichiarato che la sentenza è la volontà di Dio, e non degli uomini che lui ha nominato come giudici ribaltando gli equilibri politici del massimo tribunale americano.

I tre giudici nominati dai democratici hanno dichiarato esplicitamente il loro dissenso. Ma la fase storica che stanno vivendo gli Stati Uniti tutt’altro che semplice, solo poche settimane fa il più importante partito repubblicano, quello del Texas, ha dichiarato illegittimo il presidente di quella che viene definita la più grande democrazia del mondo. Qualcosa è profondamente rotto.

Ieri il presidente Joe Biden ha rilasciato una dichiarazione concisa in cui mette in discussione la credibilità della Corte: «La maggioranza conservatrice della Corte suprema mostra quanto sia estremista». «La mia amministrazione userà tutti i suoi poteri legali. Ma è il Congresso che deve agire», ha detto, chiamando alle urne: «Con il vostro voto, potete agire».

La sentenza pubblicata ieri definisce i diritti delle donne del 2022 sulla base della tradizione della common law: «La conclusione inevitabile», recita la decisione, «è che il diritto all'aborto non è profondamente radicato nella storia e nelle tradizioni della Nazione. Al contrario, una tradizione ininterrotta di proibire l'aborto sotto pena di punizione penale persistette dai primi giorni della common law fino al 1973». Poco importa che gli atteggiamenti verso l’aborto siano cambiati come la stessa sentenza riconosce.

A pagare il prezzo della decisione redatta da Samuel Alito, non saranno tutte le donne. Del loro destino non deciderà solo la geografia, le più colpite secondo tutte le analisi saranno le donne con redditi più bassi e appartenenti ai «gruppi marginalizzati», dicono dall’istituto Guttmacher. I diritti delle une e delle altre potranno dipendere anche dall’azienda per cui lavorano, visto che società come Starbucks, Tesla, Netflix, JpMorgan, hanno annunciato da tempo di coprire le spese, anche di viaggio, per le interruzioni di gravidanza.

La segretaria di stato all’economia Janet Yellen aveva avvertito che gli Stati Uniti pagheranno la decisione anche in termini economici: considerando quanto impatterà la privazione della libertà di scelta sulle scelte lavorative delle donne.

© Riproduzione riservata