Si sbloccano le trattative sul nucleare iraniano. L’incontro, che era previsto a Roma sabato, si dovrebbe tenere ancora in Oman. Lo ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano. Mercoledì il capo dell’Aiea va a Teheran L’Ue sanziona sette persone e due entità giudiziarie del regime
Sono tempi impegnativi per diplomatici e mediatori internazionali. Ai tavoli già aperti per la guerra in Ucraina, il conflitto tra Hamas e Israele, la riduzione dei dazi imposti dagli Stati Uniti, la spartizione del potere in Siria tra Erdogan e Netanyahu ora si sommano anche le trattative sul nucleare iraniano dopo mesi di stallo.
Dopo gli incontri avvenuti in Oman, paese che ha già facilitato in passato lo storico accordo raggiunto a Vienna nel 2015 concluso con l’Iran, l’Unione europea e i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza più la Germania, la prossima meta per la tornata di mediazioni sarà Roma. Lo ha confermato anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
«Abbiamo ricevuto la richiesta da parte delle parti interessate, da parte dell’Oman che svolge il ruolo di mediatore e abbiamo dato una risposta positiva. Siamo pronti ad accogliere, come sempre, incontri che possono essere portatori di risultati positivi, in questo caso sulla questione nucleare», ha detto Tajani lunedì. «Roma si conferma capitale di pace e di mediazione. Non è la prima volta che ci sono incontri di questo tipo nel nostro paese e noi siamo disposti a fare tutto ciò che serve e continueremo a sostenere tutti i negoziati che possono portare a un risolvere la questione del nucleare, ma anche a costruire la pace», ha aggiunto.
La sede prescelta sarebbe dovuta essere l’ambasciata dell’Oman nella capitale italiana e, quindi, di fatto si sarebbe continuato a trattare nella terra del piccolo sultanato.
Poi il dietrofront. Tra lunedì e martedì notte il portavoce del ministero degli Esteri della Repubblica Islamica, in un’intervista all’Irna, rilanciata dai media iraniani, ha precisato: «Dopo le consultazioni è stato deciso che Muscat continuerà a ospitare il secondo round di colloqui», con gli Usa «che si terrà sabato 20 aprile».
L’ultima trattativa “mediorientale”, che si è tenuta a Roma, è stata a fine luglio. Riguardava la guerra a Gaza e non ha portato ad alcun risultato utile, questa volta lo scenario è leggermente più ottimistico viste le difficoltà interne al regime iraniano. I colloqui sul nucleare iraniano in Oman «rappresentano un passo nella giusta direzione, perché non vogliamo vedere un’arma nucleare sviluppata dall’Iran», ha detto l’alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Kaja Kallas che ha chiesto il sostegno di G7 e Stati Uniti.
Mosca e Aiea
Ad abbassare le aspettative ci ha pensato il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi che si recherà nel fine settimana a Mosca per alcuni colloqui nel Cremlino. La visita era già pianificata da tempo, ma sarà l’occasione per discutere dell’incontro avvenuto il 12 aprile a Mascate.
La diplomazia iraniana ha fatto sapere che fino a quando ci saranno pressioni su Teheran sarà complicato arrivare a un nuovo accordo. E i tempi rapidi imposti da Trump per raggiungere il cessate il fuoco tra Putin e Zelensky e la pace in Medio Oriente, per ora, non stanno pagando. Senza contare le preoccupazioni di Israele per l’accordo.
In Oman le trattative si sono tenute in via indiretta con la mediazione del ministro degli Esteri Badr al Busaidi. I due capi negoziatori si sarebbero scambiati solo i convenevoli a fine giornata. Un passo in avanti ulteriore è rappresentato dalla visita del capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Raphael Grossi. Mercoledì sarà in Iran per affrontare il tema delle attività di monitoraggio e verifica negli impianti nucleari iraniani.
Le sanzioni Ue
Nel frattempo, il Consiglio dell’Ue ha imposto sanzioni nei confronti di sette persone e due entità, accusate di gravi violazioni dei diritti umani. L’Ue ha sanzionato la prigione centrale di Shiraz, e la Prima Sezione del Tribunale Rivoluzionario di Shiraz.
Inoltre, Bruxelles sta imponendo misure restrittive nei confronti di membri della magistratura, tra cui Farzadi Hedayatollah, capo della prigione di Evin (dove era stata reclusa la giornalista italiana Cecilia Sala), e Mehdi Nemati, capo del Dipartimento di Protezione e Intelligence delle Prigioni di Fars.
Il ruolo dell’Oman
L’Oman rappresenta un terreno neutro e pragmatico sia per gli Usa che per il regime degli ayatollah. L’obiettivo di Donald Trump è evitare che l’Iran fermi il procedimento dell’arricchimento dell’uranio e non superi il 90 per cento, soglia chiave per la realizzazione della bomba atomica. La corsa al riparo da parte di Washington segna un incredibile dietrofront, uno dei tanti, da parte del presidente Trump.
Nel 2018, durante il suo primo mandato presidenziale aveva dato ordine di ritirare gli Usa dall’accordo in maniera unilaterale e di imporre nuove sanzioni nei confronti di alti funzionari del regime. Una decisione che ha inasprito i rapporti e minato la buona riuscita dei patti presi con cui Teheran aveva accettato di limitare l’arricchimento al 3.67 per cento.
Al momento l’Iran ha detto di aver raggiunto un arricchimento pari al 60 per cento. Da qui, il motivo dell’accelerazione.
© Riproduzione riservata