Tre giorni fa la portavoce della Casa Bianca ha detto che l’operazione di evacuazione da Kabul non può che essere definita «un successo», parole che dopo il doppio attacco suicida nei pressi dell’aeroporto suonano come una grottesca e intollerabile presa in giro. Gli attacchi erano stati ampiamente previsti dall’intelligence, il direttore della Cia aveva incontrato in segreto i Talebani, presumibilmente per negoziare sulle condizioni di sicurezza, il presidente Joe Biden aveva rassicurato tutti sulla tenuta degli accordi presi con i nuovi reggenti dell’Afghanistan, eppure gli attentatori sono riusciti a colpire ugualmente, sancendo una debacle politica e militare di proporzioni simili al disastro della Baia dei Porci o alla crisi degli ostaggi in Iran.

Ora sarebbe fin troppo generoso dire che la situazione è sfuggita di mano al presidente, che evidentemente in mano non l’ha mai avuta. Gli attacchi hanno ucciso e ferito decine di civili innocenti e militari impegnati nell’evacuazione, ma hanno contemporaneamente polverizzato la credibilità di Biden, presunto restauratore della razionalità e della decenza dopo i quattro anni dell’indicibile oscenità trumpiana. Il suo motto “America is back” è svanito nelle volute di fumo che salgono dall’aeroporto di Kabul.

Dalla rovinosa caduta di Kabul nelle mani dei Talebani i difensori del presidente hanno proposto diverse variazioni di questo argomento: la decisione politica è giusta, l’esecuzione sul campo imperfetta. In nessuna circostanza sarebbe stato semplice e indolore portare a in salvo soldati e civili alleati, ma fino a che punto si può tollerare una esecuzione “imperfetta”?

Quando gli errori tattici e materiali diventano responsabilità politiche ineludibili per un presidente che a ogni occasione ripete il ritornello “the buck stops with me”, cioè meriti e colpe spettano infine solo al comandante in capo? A Biden tocca anche la beffa crudele di sentire i Talebani che, con vocabolario da burocrati dell’Onu, condannano «nei termini più decisi» gli attentati e dicono che la responsabilità della sicurezza nell’area colpita era degli americani. L’America sarà anche tornata, ma i suoi nemici non se ne sono accorti.

 

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