Le dimissioni del primo ministro portoghese António Costa hanno colto il Paese di sorpresa, ma gli analisti concordano che la sua sia stata la decisione migliore, l’unica possibile. Costa, leader del Partido Socialista (PS) a capo del governo dal 2015, ha scelto di ritirarsi alla luce delle indagini di un caso di corruzione che lo coinvolgerebbe e che implica pesanti accuse verso un suo ministro e stretti collaboratori. A breve il presidente Marcelo Rebelo de Sousa potrebbe annunciare le elezioni anticipate. Resta da capire come i partiti riusciranno a organizzarsi per affrontare una campagna elettorale inaspettata, e cosa significa la fine del governo di Costa per la sinistra portoghese. 

«Costa ha detto di avere la coscienza a posto, e con le sue dimissioni ha voluto evitare che attacchi politici riferiti alle indagini giudiziarie mettessero a rischio la credibilità della sua carica e la fiducia nelle istituzioni democratiche», è la prima interpretazione del direttore aggiunto del quotidiano Diário de Notícias, Leonídio Paulo Ferreira.

Secondo António Costa Pinto, professore di politica all’Instituto de Ciências Sociais di Lisbona e noto analista politico, il rapporto tra le dimissioni di Costa e lo stato di salute della democrazia portoghese, che proprio nel 2024 compirà 50 anni, è più complesso. Costa Pinto nota che negli ultimi anni un maggiore scrutinio del potere giudiziario abbia compromesso la carriera di diversi politici, molti dei quali risultati poi innocenti. «È un equilibrio delicato e difficile», dice. In questo caso le accuse a Costa portano alla caduta di un governo di maggioranza, con un bilancio di stato in via di approvazione, e a una probabile e frettolosa campagna elettorale che sarà influenzata dal tema della corruzione.

Fino a oggi si riteneva che Costa avrebbe potuto dimettersi solo per assumere un’alta carica a livello europeo. Cosa che, come nota Ferreira, era già successa nel 2004, quando l’allora primo ministro José Manuel Barroso divenne presidente della Commissione europea. Il presidente portoghese del tempo, Jorge Sampaio, accettò che la coalizione di Barroso nominasse un nuovo primo ministro ed evitò di portare il Paese al voto. Non sarà lo stesso per Rebelo de Sousa che già in tempi non sospetti aveva chiarito che se Costa si fosse mai dimesso avrebbe indetto le elezioni.

D’altronde, spiega José Santana Pereira, professore di scienze politiche all’Istituto Universitario di Lisbona (Iscte) che «se Rebelo de Sousa si limitasse a chiedere al Partido Socialista di formare un nuovo governo, il partito si troverebbe in una situazione di estrema fragilità». Fragilità per altro già sintomatica.

Santana Pereira spiega che il Ps si è indebolito da quando ha vinto le elezioni, nel gennaio 2022, perdendo circa il 10% dei consensi nei sondaggi più recenti. A fare la differenza, secondo Santana Pereira, saranno due fattori: «La misura in cui una nuova leadership del Ps sarà in grado di prendere le distanze dalla squadra di Costa, cosa difficile; e la misura in cui saprà instillare nell'elettorato moderato il timore di una possibile coalizione tra il principale partito di centro destra, il Partido Social Democrata (Psd), e il partito populista di destra radicale Chega. Timore che, in qualche misura, spiega l'inaspettata maggioranza assoluta del Ps nel gennaio 2022».

Resta inoltre da capire chi potrebbe sostituire Costa alla guida del Ps per affrontare una campagna elettorale. Due dei nomi in ballo sono l'ex sindaco di Lisbona e attuale ministro delle Finanze Fernando Medina e il presidente del parlamento Augusto Santos Silva, ma non è scontato che siano disposti ad assumere la guida del Ps in un momento di crisi per il partito, mettendo a rischio il proprio futuro politico.

Anche perché l’eventuale campagna potrebbe assumere toni forti. «È probabile che molti partiti di opposizione, se non tutti, cercheranno di dipingere il Ps come un partito in cui la corruzione è endemica», spiega Santana Pereira. Già ora girano meme che forzano un parallelismo con il caso di José Sócrates, ex primo ministro del Ps, finito in carcere per corruzione nel 2014, quando ormai il suo incarico era terminato.

A ogni modo l’impressione è che, in caso di elezioni, sia improbabile che i due principali partiti, Ps e Psd, ottengano la maggioranza assoluta. La questione su cui si dovranno interrogare gli elettori è: chi sarebbe in grado di guidare un governo di minoranza, in coalizione o in una logica di parlamentarismo contrattuale con piccoli partiti?

È difficile azzardare una risposta. Antonio Costa Pinto sottolinea come sia difficile prevedere l’esito di un eventuale voto, tuttavia «vale la pena sottolineare che sia il Ps che il Psd, a differenza di quanto accaduto in molte democrazie europee, hanno resistito bene all'erosione del sistema partitico». Insomma il consenso per il centrosinistra portoghese rischia di essere compromesso nel breve termine, ma non nel medio. «Non è pensabile che il Ps scompaia dalla scena politica», conclude Costa Pinto.

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