Il primo ministro del Portogallo, Antonio Costa, ha annunciato le dimissioni in seguito all’inchiesta sul suo conto per presunta corruzione. Un terremoto per la politica portoghese, che sta coinvolgendo alti funzionari e ora fa sentire gli effetti direttamente sui vertici del governo. La polizia, nell’ambito delle stesse indagini, ha già arrestato anche il capo di gabinetto di Costa, Victor Escaria.

«È stato o sarà aperto un procedimento penale nei miei confronti. Ovviamente sono pienamente disponibile a collaborare con il sistema giudiziario in tutto ciò che riterrà necessario per accertare la verità su qualsiasi questione», ha detto il premier, spiegando le motivazioni del suo passo indietro, comunicato in precedenza al presidente della Repubblica, Marcelo Rebelo de Sousa.

La notizia, comunque, era nell’aria fin dalla mattinata, quando il premier aveva messo in agenda un discorso in diretta tv. Le indiscrezioni si erano susseguite fino alla previsione delle dimissioni di Costa.

Dimissioni di Costa: lui ribadisce l’innocenza

Costa ha comunque sostenuto di «non aver commesso alcun atto illecito», ribadendo quindi la fiducia nella giustizia. Per questo, ha aggiunto, «ero pienamente pronto a dedicarmi con energia all'adempimento del mandato che i portoghesi mi hanno affidato fino alla fine di questa legislatura». Solo che di fronte al progredire delle indagini, non ha potuto far finta di niente.

L’inchiesta punta a far chiarezza su vari aspetti, a cominciare dalle concessioni per delle miniere di litio di Montalegre, città al confine tra il Portogallo e la Spagna. Sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti, poi, sono finiti alcuni progetti per la costruzione di un impianto di idrogeno verde a Sines, città a sud del Portogallo, dove sono stati perquisiti gli uffici del comune.

Perquisizioni a raffica

Negli ultimi giorni stati passati al setaccio anche i documenti al ministero dell’Ambiente e di quello delle Infrastrutture. Lo scopo è quello di acquisire la documentazione necessaria alle indagini. I magistrati, al momento, non hanno ancora prove del coinvolgimento diretto di Costa, ma il suo nome aleggia sull’inchiesta.

Da qui la decisione del premier di lasciare l’incarico che ricopriva dal 2015, diventando un modello di governo per la sinistra con un’alleanza che andava dai socialisti ai comunisti. L’intesa è stata rotta e il leader socialista era stato a capo di un esecutivo monocolore di minoranza. Nel 2022, però, grazie a una netta vittoria alle elezioni, era rimasto al comando del paese con il sostegno del suo partito. Un cammino trionfale. Almeno fino a oggi.

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