«L’occidente dovrebbe smetterla con la sua politica provocatoria», dice il presidente turco, Recep Tayyp Erdogan, che provoca su più fronti, e sono tutti fronti chiave per l’Europa. Provoca la Grecia, paese membro dell’Unione. Prende spazio nei Balcani, focolaio potenziale di conflitti. Chiarisce qual è il suo vero ruolo nello scacchiere ucraino, quando dice che l’Europa «raccoglie quel che ha seminato».

Anche se giustifica i suoi movimenti sotto la veste di «mediatore» dei conflitti, in realtà Erdogan persegue in modo spregiudicato le proprie mire. Eppure l’Europa intrattiene relazioni, stringe cooperazioni, versa soldi all’autocrate turco. Ripete la stessa strategia indulgente già adottata in precedenza con Vladimir Putin.

Minacce ad Atene

«Potremmo arrivare di notte, senza preavviso». Questa di inizio settembre è l’ultima di una lunga serie di minacce di Erdogan alla Grecia, ed è tra le più esplicite: è un preavviso di una possibile aggressione.

Chi si esercita nell’analisi fa notare che le elezioni in Turchia si avvicinano – si terranno nel 2023 – e che a fronte dei fallimenti domestici fa comodo al presidente accendere i toni sulle contese territoriali. Lo stesso governo greco dichiara che «la retorica aggressiva turca è in vista delle elezioni». Quale che sia la sua strategia, il dato di fatto è che Erdogan ormai da anni porta avanti una politica aggressiva nel Mediterraneo orientale e va allo scontro con la Grecia.

A inizio settembre il governo turco si è mosso anche con una lettera rivolta a Onu, Nato e alto rappresentante Ue. In questo testo il ministro degli Esteri turco formalizza una lista di accuse verso la Grecia, a suo dire la responsabile di «azioni illegittime e richieste massimaliste nell’Egeo».

Tra le accuse recenti alla Grecia c’è quella di violare lo spazio aereo turco e aver «condotto azioni ostili» nella zona di Creta. In realtà da tempo la Turchia alimenta su vari fronti un conflitto latente con la Grecia e con l’Ue: c’è ad esempio l’attività delle navi-trivelle turche nel Mediterraneo orientale, che già due estati fa ha alzato la tensione, e c’è la spinta di Ankara su Cipro; da tempo ha autoproclamato sua la parte a nord dell’isola, che è membro dell’Ue.

«Negli scorsi anni la Turchia ha portato avanti la sua agenda revisionista e insiste nel voler destabilizzare la nostra regione», risponde la Grecia, sempre per lettera a Onu, Nato e Ue.

La presa sui Balcani

«Ora possiamo lavorare a quel progetto di nuova autostrada». Il separatista serbo Milorad Dodik sembra molto soddisfatto dell’incontro di martedì con Erdogan, e questo già dovrebbe mettere in allerta, visto che Dodik – appoggiato sia dal premier ungherese che dal presidente russo – è uno dei principali attori di destabilizzazione nella Bosnia ed Erzegovina, e quindi nei Balcani. Proprio nei Balcani è in tour questa settimana il presidente turco: prima la Bosnia, poi questo mercoledì la Serbia; l’ultima tappa in Croazia.

«Erdogan è presente nell’area dal punto di vista finanziario, diplomatico, culturale e militare. Punta a esercitare un’influenza sulla scia dell’era ottomana», dice Sinisa-Jakov Marusic di Balkan Insight. Il presidente turco mantiene buoni rapporti con il suo omologo serbo, Aleksandar Vučić, che ha incontrato questo mercoledì. «Avere due autocrati che si supportano in un contesto fragile come quello dei Balcani può essere problematico per l’Ue e gli Usa, ancor più se si considera che stanno perdendo terreno nella regione, per la loro inabilità a integrarla e a preservare gli accordi di Dayton». Accordi che durante il suo tour Erdogan sta prendendo di mira, oltre a delegittimare il ruolo dell’Onu. Nella sua tappa a Sarajevo, il presidente turco ha criticato l’alto rappresentante Christian Schmidt per la decisione di intervenire sulla legge elettorale; in un contesto a dir poco teso, la Bosnia Erzegovina vota il 2 ottobre.

Più l’Ue si mostra impotente nel gestire l’intrico dei Balcani, più Ankara prende spazio; formalmente, da «mediatrice».

Putin e l’Ue

Anche sullo scacchiere ucraino, Erdogan si presenta come «mediatore». Fatti e parole mostrano però qual è il suo reale posizionamento: dalla parte dei propri interessi, anche contro l’Ue se serve. La Turchia sta garantendo alla Russia un “paradiso senza sanzioni”, e dopo aver sostenuto che i tagli al gas sono innescati dalle sanzioni (stessa tesi del Cremlino) questo mercoledì il presidente turco ha ancora una volta fatto il gioco di Putin: è l’Europa che «provoca» – ha detto – e «sottovaluta la Russia». Intanto Mosca lanciava altri affondi all’Europa sul fronte alimentare: «Troppo grano è andato all’Ue, dovremmo limitare l’export dall’Ucraina all’Europa». Ne parlerò con Erdogan, ha chiosato Putin.

Nel frattempo l’Europa continua a garantire fondi ad Ankara per la gestione dei flussi migratori, continua a riservare a Erdogan incontri al vertice e persino nuovi accordi di cooperazione come quelli siglati dal governo Draghi con la Turchia a luglio.

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