Se l’amministrazione Usa va in tilt pezzo per pezzo

Un luogo comune sulla seconda amministrazione Trump, ampiamente alimentato dal racconto mediatico, si sta smontando sotto i nostri occhi prima ancora di arrivare al traguardo simbolico dei cento giorni della presidenza. Il luogo comune suona così: questa volta sono organizzati. Il primo mandato era il regno dell’improvvisazione e del dilettantismo, cosa peraltro comprensibile per un immobiliarista prestato al reality che non credeva davvero che sarebbe stato eletto, mentre questa volta Trump è arrivato al potere con i soliti progetti inquietanti ma sorretto da una macchina efficiente. La personificazione dell’efficienza è Elon Musk, personaggio assai criticabile ma che ha costruito la sua favolosa fortuna mandando razzi in orbita e producendo auto elettriche molto sofisticate, non proprio l’immagine di un incompetente pasticcione. Altre decisioni significative, a partire dalla scelta di JD Vance alla vicepresidenza, sembravano preludere al passaggio dalla fase circense a quella politica. Trump, Xi Jinping, Putin: nel disordine mondiale nessuno vuole fare il “pollo” E invece le imprevedibili forze dell’egotismo trumpiano stanno prendendo il sopravvento e i fatti ogni giorni s’incaricano di smentire la presunzione di efficacia che è stata concessa anzitempo a questo secondo mandato. Con la lettera agli azioni di Tesla e la promessa di tornare a occuparsi dell’azienda, Musk ha ufficializzato il suo allontanamento dal lavoro di Doge e in generale dagli affari del governo. «Continuerò a spendere un giorno o due alla settimana sull’amministrazione fino a quando il presidente lo vorrà», ha detto, e la Casa Bianca ora minimizza la notizia come circostanza ampiamente discussa e concordata, ma arriva a valle di furibondi scontri fra il capo di Doge e membri del governo. L’ultimo caso è quello del rumoroso litigio – a portata d’orecchio di Trump – nei corridoi della Casa Bianca con il segretario del Tesoro, Scott Bessent, ma Musk si è accapigliato – in alcuni casi anche su X – con il segretario di Stato, Marco Rubio, con quello dei Trasporti, Sean Duffy, e soprattutto con il consigliere economico Peter Navarro, l’alfiere dei dazi che hanno creato una tempesta nei mercati che ha costretto la Casa Bianca a retrocedere. Già poco dopo l’insediamento, vedendo i modi spicci che Musk impiegava nella sua foga razionalizzatrice, Trump lo aveva rimproverato dicendo che occorre cambiare le cose con il cesello, non con l’accetta. Il piano strampalato di Trump, sui dazi la Cina era preparata Ma senza l’accetta che rivoluzione è? E infatti anche la stessa missione di Doge è drasticamente ridimensionata. Il dipartimento doveva recuperare 2.000 (duemila) miliardi di dollari, ma ora ha ammesso di essere arrivato alla cifra ben più modesta di 150 miliardi. E anche quella è decisamente sovrastimata: i risparmi documentabili ammontano a circa 63 miliardi. Non è certo solo l’orbita di Musk ad aver perso il suo centro di gravità. La questione dei dazi ha aperto una faida fra Navarro e Bessent, quest’ultimo sostenuto da molti consiglieri economici, e il costante desiderio trumpiano di licenziare il capo della Fed, Jerome Powell, è indigeribile per tanti alla Casa Bianca. Al Pentagono si sta consumando un deprimente regolamento di conti innescato dalla diffusione di materiale sensibile su Signal da parte del segretario della Difesa, Pete Hegseth, che si è trovato a licenziare proprio le persone che aveva assunto per bonificare un dipartimento a suo dire infestato di parassiti e traditori. Tutto questo senza contare che c’è un’attivista MAGA di comprovata fede cospirazionista, Laura Loomer, che senza incarico né credenziali sta dettando a Trump la lista dei funzionari della sicurezza nazionale da licenziare in quanto traditori. Lui, seguendo una logica inaccessibile ai più, la riceve, la ascolta e in diversi casi esegue le indicazioni. L’abbraccio di Trump può diventare soffocante per Meloni Infine, la grande riforma dell’organigramma del dipartimento di Stato è finita sui giornali prima che nelle comunicazioni ufficiali, e sarà foriera di scontri nella complessa burocrazia diplomatica, un altro caso complicato nelle mani di Rubio, l’uomo che si è ritrovato a dire all’Ucraina che questa faccenda della guerra sta uscendo dalle priorità del presidente. Ogni giorno che passa il Trump 2 assomiglia sempre di più al Trump 1, e la sintesi l’ha fatta in modo involontariamente sincero la portavoce di Trump, Karoline Leavitt, quando le hanno chiesto dell’ennesimo scontro interno: «Alla fine tutti sanno che sono al servizio del presidente Trump».