Le prime indiscrezioni facevano presagire che quello avvenuto ieri in Francia fosse un attacco di matrice fondamentalista. La conferma è arrivata dal presidente Emmanuel Macron. Nel liceo Gambetta di Arras, nel nord del paese, un giovane ventenne ceceno ha ucciso un professore e ferito gravemente altre due persone. Un attentato che ai francesi ha ricordato quello avvenuto contro il docente di storia Samuel Paty in un sobborgo parigino il 16 ottobre del 2020, di cui a giorni ricade la sua ricorrenza.

Uno dei testimoni presenti al liceo durante l’attacco ha detto che l’attentatore, prima di essere stato fermato dalla polizia, gli ha chiesto se fosse un docente di storia, proprio come Paty. Le vittime però potevano essere di più. Macron ha annunciato che un secondo attentato è stato invece sventato dalle forze dell’ordine.

Un uomo è stato fermato con un coltello «mentre usciva da una sala di preghiera non lontano da un liceo», ha detto ai media francesi. Il fatto che ieri ci sia stata la prima vittima di terrorismo in Francia di questo 2023 e un secondo attentato è stato sventato come riferito dal presidente, non è una casualità con ciò che sta accadendo in Medio Oriente. Hamas nei giorni scorsi aveva chiesto alla comunità arabo-musulmana di mobilitarsi in un venerdì della rabbia per sostenere la sua operazione militare. Si è verificato ciò che i servizi d’intelligence occidentali avevano temuto. Da giorni erano preoccupati che cellule dormienti e lupi solitari potessero essere animati dalla «battaglia» fomentata dal leader di Hamas Ismail Haniyeh durante il discorso con cui annunciava l’inizio dell’operazione al-Aqsa storm.

Forti dei rischi, il presidente Emmanuel Macron aveva addirittura vietato le manifestazioni previste in favore della Palestina, scelta che gli ha costato anche molte critiche politiche. Ma la Francia, che in Europa vanta una delle comunità ebraiche e musulmane più numerose del continente, non è immune a disordini di ordine pubblico nelle sue strade. E se non è il rischio terroristico a preoccupare lo è invece la possibilità di scontri tra le due comunità che rischia di generare una spirale di violenza incontrollabile. Il Consiglio di Sicurezza israeliano e il ministero degli Esteri avevano raccomandato in via precauzionale a tutti gli israeliani all’estero di non andare nei luoghi dove si sarebbero svolte le manifestazioni.

Oltre la Francia

Il conflitto preoccupa anche la comunità ebraica di altre città europee. A Berlino le scuole ebraiche erano quasi vuote ieri. Un fatto che ha suscitato l’ira due insegnanti che hanno spedito una lettera al sindaco di Berlino, Kai Wegner, in cui hanno accusato la Germania di non essere «all’altezza di accogliere un gran numero di persone provenienti da paesi prevalentemente arabi, da un lato, e di combattere efficacemente l’antisemitismo e l’odio verso Israele, dall’altro».

Nei giorni scorsi la polizia aveva fermato 140 manifestanti e avviato indagini contro altri 13, accusati di aver organizzato manifestazioni pro Palestina non autorizzate.

In Italia, invece, si sono tenute manifestazioni in quasi tutte le più importanti città del paese. Gli unici disordini si sono registrati tra le forze dell’ordine e alcuni studenti dell’università La Sapienza di Roma.

Nel resto del mondo

Al Cairo, nella moschea di Al Azhar, centinaia di fedeli hanno condannato l’attacco israeliano sulla Striscia di Gaza sventolando bandiere palestinesi. Nei giorni scorsi l’università di Al Azhar aveva esortato i governi arabi e islamici ad «adottare una posizione unitaria di fronte al sostegno disumano dell’occidente all’entità sionista».

Scene simili si sono viste anche a Baghdad e Yemen, dove i ribelli Houthi sono vicini all’Iran e ad Hamas. La Giordania, invece, è l’unico paese arabo ad aver usato la violenza per disperdere i manifestanti che si dirigevano verso il confine con Israele.

 

© Riproduzione riservata