Domenica 14 novembre verso le 11 del mattino un taxi è esploso nel parcheggio davanti al Women’s Hospital di Liverpool.

Si tratta di una fra le più grandi strutture in Europa specializzate in neonatologia, con circa cinquantamila pazienti l’anno. Dalla registrazione video delle telecamere di sorveglianza si nota il veicolo frenare davanti all’ingresso e un’esplosione che squarcia il tetto dell’auto, poco dopo l’autista riesce a lasciare il mezzo incolume.

Il presunto attentatore, non ancora identificato, è morto nell’esplosione o nell’incendio che si è sviluppato. L’autista David Perry, invece, è già stato dimesso con lievi ferite. Subito dopo l’attacco l’ospedale ha attivato un protocollo di sicurezza con la chiusura degli ingressi e ha sospeso i nuovi accessi di pazienti. Il coordinatore nazionale antiterrorismo Nick Aldworth ha affermato che si è trattato di un attacco con una carica esplosiva bassa oppure che è solo parzialmente esplosa, perché i dispositivi fatti in casa sono instabili e imprecisi.

Gli arresti

La polizia di Merseyside ha immediatamente avviato le indagini e arrestato quattro sospetti di 29, 26, 21 e 20 anni nel quartiere residenziale di Kensington, ritenuti legati al fatto.

I fermi sono avvenuti in base alla Sezione 41 del Terrorism Act ed è stato coinvolto anche il reparto antiterrorismo dell’Mi5. Non sono ancora state rivelate le identità dei sospetti o della persona deceduta.

Alle 13 di domenica le forze speciali hanno perquisito tre appartamenti della zona di Sefton Park, specialmente a Rutland Avenue, con la presenza di artificieri. Da quella zona il suicida avrebbe preso il taxi. Secondo alcuni residenti la casa sembrava disabitata da settimane, una vicina dell’appartamento perquisito in Sutcliffe Street ha invece detto di aver visto quattro uomini in casa, di cui uno che stava sempre al pc a letto.

Il premier Boris Johnson ha presieduto il comitato di crisi Cobr e l’Mi5 sta verificando se l’obiettivo fosse l’ospedale o fosse la cattedrale di Liverpool, oltre a capire l’eventuale matrice jihadista.

Se fosse confermato, l’attacco di un ospedale di neonatologia sarebbe per ferocia pari solo al brutale attacco all’ospedale di Medici Senza Frontiere Dasht-e-Barchi di Kabul, compiuto da Isis Khorasan il 12 maggio 2020, in cui morirono 24 persone tra cui vari neonati e madri.

I precedenti

Per le modalità maldestre, l’attacco di Liverpool ricorda l’episodio del 30 giugno 2007, quando una jeep si schiantò contro l’ingresso dell’aeroporto di Glasgow e prese fuoco. L’auto conteneva varie bombole di gas e benzina.

L’intenzione dei due occupanti era quella di sfondare le porte e detonare all’interno del terminal, ma l’auto non esplose. La polizia arrestò i terroristi: il medico Bilal Abdullah di origine irakena e l’ingegnere indiano Kafeel Ahmed, che morì per le ustioni riportate.

Il giorno precedente tentarono di far esplodere due autobombe a Londra ma fallirono. In quel caso la cellula con altri complici gravitava intorno ad al Qaeda e ai gruppi jihadisti dei territori tribali pakistani.

Negli ultimi anni ci siamo abituati ad attacchi all’arma bianca meno sofisticati rispetto a quelli di Madrid, Londra, Parigi e Bruxelles. Ma non sono mancati recenti tentativi di colpire con autobombe ed esplosivi.

Il 4 settembre 2016 un’auto con bombole di gas fu scoperta vicino alla cattedrale di Notre Dame a Parigi, a parcheggiarla furono due donne radicalizzate, parte di una cellula tutta femminile di cinque elementi, condannate per terrorismo. Proprio in Inghilterra, il 22 maggio 2017, il libico Salman Ramadan Abedi si fece saltare in aria con perossido di acetone durante il concerto di Ariana Grande a Manchester, provocando 22 morti e centinaia di feriti.

L’anno precedente, il richiedente asilo siriano Mohammed Daleel ci aveva provato in un’enoteca di Ansbach, in Germania, ma solo lui rimase ucciso. Entrambi aveva giurato fedeltà all’Isis. I controlli sul commercio di materiali sono aumentati anche in Italia, con la segnalazione dell’acquisto alle forze dell’ordine di fertilizzanti e prodotti chimici industriali, ma i manuali jihadisti offrono alternative per efficaci bombe fatte in casa.

Il contrasto alla circolazione di queste istruzioni è tra le priorità dell’antiterrorismo, che scandaglia il web alla ricerca di canali di propaganda e addestramento.

Si alza il livello di allerta

Il centro analisi congiunto antiterrorismo ha alzato il livello di allerta a “severo”, il secondo gradino più alto su cinque, vale a dire che un nuovo attacco è altamente probabile in base alle informazioni in possesso dell’intelligence.

La Gran Bretagna ha sofferto attacchi di vario tipo ad opera di affiliati all’Isis, come quello del convertito con auto e coltello a Westminster del 22 marzo 2017, responsabile di quattro vittime. Anche l’attentato del 3 luglio 2017 con otto vittime a Londra fu organizzato e commesso da tre giovani islamisti, tra cui l’italo-marocchino radicalizzato Youssef Zaghba.

Il 15 settembre di quell’anno un richiedente asilo iracheno fece esplodere un congegno nella metropolitana senza causare danni, mentre il 14 agosto 2018 il rifugiato sudanese Salih Khater prese nuovamente di mira Westminster, investendo i passanti con l’auto.

A Capodanno 2019 un rifugiato somalo ferì a coltellate tre persone alla stazione ferroviaria di Manchester e fu condannato, mentre il 29 novembre il britannico-pakistano Usman Khan, sottoposto ad un corso di de-radicalizzazione, fece due vittime e altri feriti vicino al London Bridge.

Anche nel 2020 un cingalese e un richiedente asilo libico attaccarono in due occasioni armati di coltello, provocando tre morti nel secondo episodio. Attacchi frutto dell’emulazione si affiancano perciò a quelli attentamente pianificati, con armi più sofisticate.

Sono numerosi anche i casi di attentati sventati dall’antiterrorismo e dall’Mi5, ma l’episodio di Liverpool dimostra la fallibilità di qualsiasi rete di sicurezza.

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