«Sono onorato di avere potuto esprimermi davanti al Congresso degli Stati Uniti per la seconda volta». Il premier indiano Narendra Modi ha voluto rendere omaggio, con un tweet, ai deputati e ai senatori statunitensi per avere partecipato alla seduta congiunta in cui ha presentato la sua visione politica. L’idea di uno dei più importanti leader del “sud del mondo” per il futuro della partnership tra Stati Uniti e India.

Secondo le intenzioni geopolitiche della Casa Bianca a trazione democratica, le due maggiori democrazie del pianeta sono chiamate a contrapporsi alle due autocrazie che le sfidano: Russia e Cina. Non a caso Modi, nel suo discorso al Congresso, ha usato la parola “democrazia” almeno 16 volte in un’ora. Ma non ha citato nemmeno una volta né la Cina né la Russia.

Un abile esercizio di retorica nel tentativo di non fare concessioni troppo stringenti e ribadire, se ancora ce ne fosse bisogno, che l’India continua a essere la più grande potenza ambigua del mondo. «Ospitiamo tutte le fedi del mondo», ha detto Modi, senza menzionare però le accuse ricorrenti delle opposizioni per la repressione dei musulmani e di altre minoranze.

Un esempio per tutti: il 23 marzo scorso il leader dell’opposizione e rappresentante di una delle più importanti famiglie del paese, Rahul Gandhi, è stato condannato a due anni di reclusione per diffamazione e poi dichiarato decaduto dal parlamento. Successivamente i giudici hanno respinto la domanda di sospensione della condanna mettendo un punto interrogativo sulla sua candidatura alle prossime elezioni.

Il dossier dei diritti umani

Per le strade di Washington c’erano centinaia di manifestanti in protesta contro la sua politica giudicata discriminatoria, ma Modi è andato dritto per la sua strada e ha ringraziato lo speaker della Camera Kevin McCarthy, il leader dei repubblicani al Senato, Mitch McConnell, e tutti i presenti per la loro attenzione. Il presidente ha ricordato i progressi economici sottolineando che oggi l’India è la quinta potenza economica. Un richiamo a Washington a prendere atto che il gigante asiatico è ormai un paese protagonista globale e non più una potenza emergente con forti ritardi e un mercato protetto da legislazioni interne. Non più un lento elefante ma una veloce tigre.

Nel suo discorso al Congresso, Modi ha ricordato che «tutti i passati leader dei due paesi hanno contribuito a rafforzare le relazioni bilaterali tra Stati Uniti e India», ma ha sottolineato: «Concordo col presidente Biden che afferma che noi l’abbiamo trasformata in partnership determinante per questo secolo».  

Una tiepida alleanza

Ma è proprio così? Fino a ora l’India, che vanta stretti legami con la Russia dai tempi dell’Unione sovietica e da cui importa petrolio a prezzi scontati e acquista armamenti sofisticati, è rimasta sostanzialmente neutrale sia nei confronti dell’invasione russa dell’Ucraina sia nei confronti della questione di Taiwan. L'India, la cui popolazione ha recentemente superato quella della Cina che a causa della politica del “figlio unico” ha rallentato la sua corsa demografica, rappresenta, insieme al Brasile e Sudafrica, i cosiddetti Brics, una delle più importanti nazioni del cosiddetto “sud del mondo“, quel fronte di paesi non allineati che Biden sta corteggiando con insistenza e determinazione, sia per il potenziale economico sia per la posizione geopolitica.

Gli accordi economici

Di fronte a Modi, mentre la banda militare suonava i rispettivi inni, Biden ha descritto la relazione Usa-India come costruita su «fiducia reciproca, franchezza e rispetto». Naturalmente presidente americano nell’incontro nello studio ovale, ha illustrato i vantaggi di una relazione più stretta tra Nuova Delhi e Washington. Uno di questi è che l'India potrà acquistare droni armati prodotti da General Atomics, mentre il produttore di chip Micron potrebbe aprire un sito produttivo da quasi 3 miliardi di dollari nel paese. Non solo, i due paesi dovrebbero firmare un accordo per la General Electric per la coproduzione di motori per aerei in India. Tutte aperture strategiche fatte per ridurre i legami militari con la Russia di Vladimir Putin e rinsaldare i legami anti cinesi. Basterà ad arruolare il “soldato” Modi nelle fila della coalizione anti russa? Per ora la cautela è d’obbligo.

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