Oltre alla prioritaria questione umanitaria ci sono molti scenari e vari calcoli dei vari attori nella delicata partita dietro alla sorte dei 230 ostaggi israeliani catturati da Hamas. L’amministrazione Biden vuole liberarli ad ogni costo, Netanyahu è più ambiguo, Abu Mazen ne resta fuori e il Qatar è sempre più al centro dei giochi. Non a caso il presidente americano si è sbilanciato affermando: «Credo che saranno rilasciati».

La Casa Bianca ha schierato i suoi uomini migliori per raggiungere l’obiettivo principale del rilascio insieme a quello di non estendere il conflitto: ha inviato il consigliere del presidente per il Medio Oriente, Brett McGurk, in Israele e Giordania a questo scopo, dopo aver deciso di schierare anche il capo della Cia, William Burns, e averlo spedito in Qatar. Il segretario di Stato, Antony Blinken, ha fatto la spola praticamente in tutte le capitali dell’area.

Biden vuole evitare di fare la fine del perdente alle prossime elezioni come accadde nel 1979 al presidente democratico, Jimmy Carter con gli ostaggi tenuti dagli studenti khomeinisti nell’ambasciata americana a Teheran.

L’inquilino della Casa Bianca sa che se non libera gli ostaggi, soprattutto quelli con passaporto americano, il suo sfidante (probabilmente Donald Trump) userà questo fallimento nella prossima campagna elettorale come una mazza.

La posizione di Netanyahu

Il premier israeliano Netanyahu sta insistendo sulla sua agenda: nessun cessate il fuoco senza il rilascio degli ostaggi, ma al primo posto mette la sconfitta militare del movimento fondamentalista e la rioccupazione della Striscia a tempo indeterminato, con l'Anp di Abu Mazen fuori da ogni prospettiva. Obiettivi che non sempre coincidono esattamente con la priorità del negoziato per il rilascio degli ostaggi.

Netanyahu, inoltre, deve offuscare le colpe del disastro del 7 ottobre, di cui molti israeliani lo ritengono responsabile, percorrendo una linea radicale più a destra di quanto fece nel 2005 il governo di Ariel Sharon, tra i più duri e bellicosi premier della destra israeliana, che decise di restituire la striscia ai palestinesi sgomberando i coloni.

Ma dove sono gli ostaggi? Nella struttura dell’ospedale di Al Shifa, da mercoledì occupato da Israele, secondo l’esercito israeliano ci sarebbero armi ma non ci sarebbe traccia degli ostaggi catturati il 7 ottobre.

Forse una parte di loro sono stati nascosti nel sud della Striscia di Gaza a Khan Yunis o Rafah, vicino al valico con l’Egitto.

Se così fosse l’esercito di Israele dovrebbe estendere il conflitto dove si sono concentrati migliaia di profughi proprio su indicazione degli stessi israeliani che hanno consigliato di abbandonare la zona nord della Striscia per aree descritte come più sicure.

Oppure l’esecutivo di unità nazionale di Israele dovrebbe percorrere con più determinazione la via del negoziato con Hamas accettando di sacrificare parte degli altri obiettivi messi sul tappeto.

Il ruolo del Qatar

Il Qatar ha assunto un ruolo di primo piano proprio grazie al fatto di essere al centro di ogni negoziato. Doha sta cercando di negoziare un accordo tra Hamas e Israele che includa il rilascio di circa 50 ostaggi civili da Gaza in cambio di un cessate il fuoco di tre giorni.

Lo ha detto alla Reuters un funzionario informato sui negoziati. L'accordo, coordinato con gli Stati Uniti, prevede anche che Israele rilasci alcune donne e bambini palestinesi dalle carceri israeliane e aumenti gli aiuti umanitari consentiti a Gaza, ha detto il funzionario.

Se andasse in porto, l'intesa segnerebbe il più grande rilascio di ostaggi detenuti da Hamas da quando il gruppo terrorista palestinese ha fatto irruzione oltre il confine di Gaza, attaccando il sud di Israele e facendo oltre 230 ostaggi. Hamas ha accettato le linee generali di questo accordo, ma Israele no e sta ancora negoziando i dettagli.

Non si sa quante donne e bambini palestinesi Israele libererebbe dalle sue carceri come parte dell'accordo.

I paesi arabi moderati

I paesi arabi moderati come Giordania e Egitto si stanno prodigando da giorni in sintonia con i vari emissari degli Stati Uniti affinché gli ostaggi vengano rilasciati al più presto per evitare che il conflitto tra Israele e Hamas si estenda oltre i confini della Striscia di Gaza.

Il loro è un obiettivo di sopravvivenza perché il conflitto ha bloccato il flusso dei turisti, uno dei principali introiti per le loro esauste casse erariali.

Tutti dunque vogliono salvare gli ostaggi sebbene con motivazioni e obiettivi diversi, spesso in conflitto tra loro.
 

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