Mentre l’Ucraina accusa il Cremlino di usare le stesse tattiche di “genocidio” usate da Stalin durante la terribile carestia dell’era sovietica (Holodomor) che provocò milioni di morti ucraini durante l’inverno del 1932-33, il ministro degli Esteri della Bielorussia, Vladimir Makei, è morto improvvisamente all’età di 65 anni. Una morte sospetta di un politico in carica dal 2012, che era stato prima favorevole a un riavvicinamento di Minsk all’Unione europea, ma poi aveva cambiato idea dopo le proteste di massa del 2020 contro i brogli alle elezioni presidenziali.

Ma che succede davvero a Minsk? Su Twitter Anton Gerashchenko, consigliere del ministero dell’Interno ucraino, ipotizza che «ci sarebbero voci secondo cui il ministro potrebbe essere stato avvelenato». «Makei è stato nominato come possibile successore di Aleksander Lukashenko. Era uno dei pochi non sotto l’influenza russa. Le voci dicono che questo potrebbe essere un segnale per Lukashenko», ha scritto ancora Gerashchenko. Ipotesi verosimile o solo disinformazione? Difficile dirlo ma i tentativi di avvelenamento degli oppositori in passato sono stati un’arma spesso usata dai servizi segreti russi.

L’incontro con Lavrov

Nei giorni scorsi, Makei aveva partecipato al summit dell’alleanza militare Csto a guida russa a Erevan, capitale dell’Armenia, paese che sta subendo l’iniziativa dell’Azerbaigian sostenuto dalla Turchia che gioca con ambiguità su tutti i fronti possibili per recuperare il suo passato imperiale ottomano.

Di certo c’è che Makei aveva in programma un incontro proprio per oggi con il suo omologo russo Sergej Lavrov, anche lui sospettato di “malori” improvvisi durante il vertice di Bali. «Siamo scioccati»: questa la prima reazione, su Telegram, della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, alla notizia della morte del ministro degli Esteri bielorusso Vladimir Makei. Secondo l’agenzia BelTa, anche il presidente Lukashenko ha inviato le sue condoglianze alla famiglia.

A febbraio il ministro, aveva assicurato che «non un solo» soldato russo sarebbe rimasto in Bielorussia dopo manovre congiunte con Mosca al confine ucraino, poche settimane prima dell’offensiva. Non è andata proprio così. Anzi. Poi la Bielorussia ha messo a disposizione il suo territorio per l’offensiva verso Kiev. 

Mosca vuole allargare il conflitto?

(Russian Foreign Ministry Press Service via AP, File)

La notizia della improvvisa morte del ministro degli Esteri bielorusso si inserisce in un contesto geopolitico molto fluido dove circolano voci secondo cui il Cremlino avrebbe preso una decisione su una “soluzione” radicale al problema di trascinare la Bielorussia nella guerra in Ucraina: eliminare lo stesso Lukashenko, o comunque costringerlo a collaborare con un fallito attentato: lo scrive il centro studi statunitense Robert Lansing Institute, che cita fonti nella leadership militare russa.

«Su istruzioni del presidente russo Vladimir Putin al suo ritorno dall’ultimo vertice Csto (l’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva), l’intelligence militare russa potrebbe tentare nei prossimi giorni di perseguire uno scenario che preveda un attentato al presidente bielorusso Alexander Lukashenko, o una sua imitazione con l’obiettivo di intimidirlo e spingerlo a ordinare finalmente alle sue truppe di impegnarsi direttamente nella guerra contro l’Ucraina, al fianco delle truppe russe», afferma l’istituto in un articolo pubblicato sul suo sito web. Ipotesi possibile o solo guerra di fake news? 

Comunque secondo il centro studi americano l’intelligence militare russa (Gru) starebbe esaminando lo scenario che prevede l’uccisione di Lukashenko, a seguito della quale le sue funzioni sarebbero affidate al Segretario Generale del Csto, Sanislav Zas, uomo fedele alla Russia e sotto il controllo del Gru. Comunque difficile dare giudizi su queste indiscrezioni.

Migranti come armi

Di certo c’è che la Bielorussia spinge migranti irregolari verso la frontiera con l’Ucraina. Lo scrive Ukrainska pravda, citando guardie di confine ucraine che hanno arrestato alla frontiera un gruppo di sei migranti provenienti da Pakistan e Bangladesh.

Un video li mostra infreddoliti nella neve, dopo che sono stati bloccati dalle guardie. I sei migranti hanno raccontato di essere stati trasporti verso la frontiera a bordo di un’auto guidata da uomini in uniforme. In precedenza i sei erano stati accompagnati dalle autorità bielorusse al confine polacco, ma non erano riusciti a passare.

Lo scorso autunno, prima dell’invasione russa dell’Ucraina, la Bielorussia aveva spinto verso il confine di Polonia, Lituania e Lettonia migliaia di migranti fatti arrivare in aereo con il miraggio di entrare nell’Unione europea. Ora Minsk ci riprova giocando sulla pelle di altri migranti.

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