L'ultima Brexit di Boris Johnson ha l'effetto di cauterizzare le residue ambizioni di Superlega europea. Come anticipato nella tardissima serata di giovedì 10 giugno dal quotidiano londinese The Times attraverso il sito web, il primo ministro inglese ha dato alla Football association (Fa, la federcalcio nazionale) il via libera a un meccanismo che consente di mettere fuori gioco calciatori e allenatori stranieri che partecipassero a una «breakaway league», cioè a un torneo per club secessionista rispetto agli ordinamenti di Fifa e Uefa. Definizione generica ma con chiarissimo referente: la Superlega europea, che qualcuno insiste a vedere come un approdo possibile e per questo agita ancora gli spauracchi delle cause legali contro l'Uefa e dei costosi indennizzi contro i nove club che rapidamente hanno battuto in ritirata. Adesso costoro devono incassare un colpo forse mortale. Perché la prospettiva di vedersi proibire l'approdo a quella che, allo stato delle cose, è la “vera” superlega del calcio mondiale (la Premier League, appunto) sarebbe un disincentivo determinante per gli atleti e i tecnici.

Una vigilanza mai abbassata

Per il governo di Londra il campionato europeo d'élite è un male sin dalla prima ora. Tanto da spingere il primo ministro conservatore alla mobilitazione immediata quando la bomba della Superlega deflagrava nelle mani di coloro che pretendevano di posizionarla alle fondamenta dell'edificio del calcio continentale. Né la vigilanza e la tensione si sono abbassati, dopo che il progetto è andato serenamente verso il suicidio. Perché in Inghilterra i tifosi dei club coinvolti nel piano di Superlega continuano a contestare i loro dirigenti senza alcuna prospettiva di concedere loro il perdono. E perché da quelle parti sia la Fa che il governo non si sono accontentati di registrare il fallimento del progetto, né di accogliere come figlioli prodighi i 6 club che in piena notte avevano provato la fuitina. Infatti la federazione ha continuato a lavorare per mettere paletti contro la prospettiva della Superlega. E ha deciso di farlo sfruttando giusto l'evento che fino a soltanto qualche mese fa il mondo del calcio inglese aveva accolto come una minaccia alla propria supremazia mondiale: la Brexit.

L'arma del Governing Body Endorsement

La definitiva entrata a regime del distacco dall'Unione europa ha costretto il calcio a fare i conti con la questione della libera circolazione di calciatori e tecnici. E poiché l'uscita dall'Europa comunitaria ha fatto sì che tutti i calciatori non inglesi tornassero a essere stranieri, anziché essere distinti tra comunitari e extracomunitari, è stato necessario approntare un complicato sistema di regole per stabilire quali calciatori stranieri, provenienti da quali federazioni, potessero avere un percorso facilitato per ottenere il permesso di lavoro. Che nel caso della Premier league è legato a un sistema molto selettivo di requisiti e punteggi, costruito con l'intento di far giungere soltanto calciatori di qualità. Con la differenza che fino al 31 dicembre 2020 questo sistema si applicava soltanto ai calciatori extracomunitari, mentre adesso riguarda gli stranieri. Compresi i calciatori Ue.

Ne è venuto fiori un sistema denominato Governing Body Endorsement (Gbe), una complicata architettura di parametri che ha creato polemiche e destato qualche perplessità (fra le tante, il fatto che releghi la Serie B italiana al rango dei campionati più scarsi del pianeta).

Applicato per la prima volta in occasione della finestra di calciomercato di gennaio 2021, il Gbe richiede ancora un ampio rodaggio e viene visto anche come uno strumento per garantire maggiori possibilità e minore concorrenza ai giovani provenienti dai vivai nazionali. Ma infine, pur così vituperato, nelle settimane delle polemiche sulla Superlega si può trasformare in uno strumento formidabile per ammazzare le mire dei secessionisti.

Come ha informato la Fa in una lettera inviata ai club, di cui il Times riproduce alcuni stralci, la federazione stessa ha raggiunto un'intesa con l'Home Office (equivalente del ministero dell'interno) per inserire nel Gbe il rigetto del permesso di soggiorno per calciatori e allenatori stranieri che prendessero parte a una lega secessionista. Facendo intendere che da parte di Downing Street c'è massima copertura. E poiché siamo in regime di Brexit, non è nemmeno ipotizzabile il ricorso alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea. Niente spazio per giudici ultras come a Madrid, insomma. Fine della storia. E certo, adesso i sostenitori del campionato secessionista invocheranno complotti internazionali e poteri forti. Come se la Superlega fosse un circolo di signorotti provinciali e poteri deboli. La disfatta fa perdere il lume. E il tempo per rinsavire sta scadendo.

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