Un nuovo accordo. Una svolta per un nuovo inizio nei rapporti tra Londra e Bruxelles, passando per Belfast. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, volata a Londra appositamente, e il premier britannico Rishi Sunak hanno trovato un’intesa sulle modifiche al protocollo nordirlandese. Un ulteriore capitolo – l’ennesimo, verrebbe da dire – del romanzo Brexit è stato quindi scritto con l’annuncio dei due leader in conferenza congiunta.

La carta di Windsor firmata oggi, o “Windsor framework”, potrebbe portare al superamento dell’impasse politica in Irlanda del Nord imposta dagli unionisti del Dup (Democratic unionist party), che da mesi si rifiutano di partecipare al governo della nazione in protesta contro il protocollo, dopo le elezioni che li hanno visti sconfitti dallo Sinn Féin, mettendo in pericolo il Good friday agreement del 1998. 

Le modifiche al protocollo

Sui termini principali dell’accordo è aleggiato il mistero fino all’ultimo, ma di fatto il testo prevede una differenziazione tra le merci e i beni destinati all’Irlanda del Nord e quelle che, passando per il nord dell’isola, sono dirette anche nella Repubblica d’Irlanda.

Le prime avranno una “corsia verde”, ovvero meno controlli e meno burocrazia doganale nei porti tra Belfast e il resto del Regno Unito, mentre le seconde continueranno a essere sottoposte agli accertamenti necessari in una “corsia rossa”. 

Un sistema che permetterebbe all’Unione europea di difendere l’integrità del mercato unico, senza intaccare il confine morbido tra Nord Irlanda e Repubblica d’Irlanda (per evitare un ritorno alle violenze degli anni dei Troubles) e l’appartenenza delle sei contee al Regno Unito. Sunak in conferenza ha sottolineato come sia stata «rimossa ogni sensazione di confine nel mar d’Irlanda».

Sono stati poi regolati anche i compiti e la giurisdizione della Corte europea di giustizia sulle questioni relative al protocollo. Per gli unionisti nordirlandesi, che l’organismo europeo avesse l’ultima parola sulle controversie è vista come un’ingerenza insopportabile rispetto alla propria sovranità. Tuttavia, Sunak ha ammesso che la Corte di giustizia dell’Ue avrà ancora un ruolo, seppur parziale e con alcune possibili contromisure da parte di Belfast.

Gli ostacoli interni

Dopo mesi di negoziati tra i delegati di Londra di Bruxelles si è arrivati a un compromesso. Ora però, paradossalmente, viene il difficile. L’accordo deve passare dal parlamento britannico e gli ostacoli potrebbero spuntare all’interno dello stesso partito di Sunak.

Nel partito conservatore, che arranca nei sondaggi dietro ai laburisti, ci sono malumori. Su tutti, l’ex premier Boris Johnson – che mantiene un certo seguito – ha criticato duramente Sunak per i possibili cambiamenti degli accordi post Brexit firmati proprio da BoJo nel 2020.

Intanto l’ala più euroscettica – l’European research group – ha promesso di studiare nel dettaglio l’accordo prima di prendere una decisione, ma oggi Steve Baker, ministro per l’Irlanda del Nord e membro del gruppo, ha evidenziato come l’intesa voluta da Sunak sia un grande risultato per tutte le parti coinvolte.

Per il premier è già un test decisivo per il suo governo: se nei Tories si creano ulteriori divisioni il suo mandato ne uscirebbe provato e la sua credibilità minata. Al contrario, se riuscisse a superare il voto al parlamento, potrebbe rivendere l’accordo con l’Ue come un successo importante. Ma Sunak ha ribadito che l’accordo non riguarda il suo futuro o quello di altri politici – come Johnson – ma solo l’interesse della popolazione del Nord Irlanda.

La tensione in Irlanda del Nord

Il via libera lo dovranno dare anche e soprattutto gli unionisti del Dup. Negli ultimi mesi hanno cavalcato l’onda di malcontento per il protocollo, montato nella comunità lealista nordirlandese, e hanno impedito la formazione di un governo condiviso con i nazionalisti dello Sinn Féin, vincitori della scorsa tornata elettorale. 

In Irlanda del Nord la situazione è tesa. L’Uvf e i gruppi paramilitari unionisti da mesi hanno alzato la voce contro il protocollo, chiedendo una sua revisione totale. Una richiesta fatta non solo con striscioni e parate, ma anche con minacce reali, come quelle nei confronti degli operatori portuali rei di dover controllare le merci nei porti nordirlandesi.

Dall’altra parte, l’aria si è fatta ancora più pesante a causa dell’attentato compiuto dai dissidenti repubblicani della New Ira, un gruppo che vuole raccogliere l’eredità dell’Irish republican army.

A Omagh mercoledì 22 è stato ferito gravemente con armi da fuoco l’ispettore di polizia John Caldwell. Un attacco, rivendicato dalla New Ira con un volantino apparso a Derry nella serata di domenica, che rappresenta un nuovo tentativo di escalation da parte dei dissidenti nazionalisti. 

L’attentato è stato condannato in maniera bipartisan da tutti i partiti politici nordirlandesi, che hanno evidenziato come non siano più tollerati attacchi condotti dai «nemici della nostra pace». Una pace raggiunta con gli Accordi del Venerdì Santo del 1998 messi in crisi in primis dalla Brexit.

Per difendere proprio il Good friday agreement sono scesi in campo gli Stati Uniti, con Washington che ha pressato Londra affinché raggiungesse un accordo con Bruxelles. L’occhio di riguardo degli Usa verso l’isola irlandese, per questioni storiche, è noto, e non a caso in occasione del 25° anniversario degli accordi è previsto un viaggio a Belfast del presidente Joe Biden.

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