Il governo russo ha espulso tre diplomatici europei “colpevoli” di avere partecipato alle proteste in favore del dissidente politico, Aleksej Navalny. I funzionari sono di nazionalità polacca, tedesca e svedese. L’annuncio è arrivato a stretto giro dopo l’incontro avvenuto a Mosca tra il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, e l’Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri, Josep Borrell. 

L’espulsione ha scatenato le dure reazioni da parte dei principali leader europei. Sia il presidente francese, Emmanuel Macron, sia la cancelliera tedesca, Angela Merkel, hanno condannato la decisione del governo russo. E lo stesso Borrell ha respinto le accuse contro i funzionari espulsi di «avere assunto comportamenti incompatibili con il loro status diplomatico».

I rapporti tra Ue e Russia

La visita di Borrell a Mosca arriva in un momento critico delle relazioni tra il Cremlino e Bruxelles. L’Unione europea ha più volte richiesto il rilascio di Navalny che è invece stato condannato a tre anni e mezzo di carcere. Il Parlamento europeo ha inoltre chiesto all’Unione europea di intervenire per bloccare il gasdotto russo tedesco Nord Stream 2 se Navalny non sarà rilasciato. Merkel ha però frenato sulle richieste dicendo che il gasdotto è «un progetto controverso» che «va discusso in Europa», ma è comunque possibile trovare «soluzioni comuni». 

Il caso Navalny

Aleksej Navalny è considerato uno dei principali oppositori politici del presidente russo, Vladimir Putin. Il 20 agosto 2020 l’attivista è stato colto da un malore mentre si trovava in un volo in Russia e, grazie alle pressioni della famiglia, è stato ricoverato in Germania dove è stato ricoverato in coma per oltre un mese.

Le autorità tedesche hanno detto di avere le prove dell’avvelenamento di Navalny che sarebbe stato causato dall’agente nervino, Novichok. La Russia ha sempre negato ogni accusa, ma l’Unione europea ha approvato diverse sanzioni contro i funzionari russi che sarebbero coinvolti nella vicenda. Dopo essere guarito, a inizio gennaio, Navalny è tornato in patria venendo arrestato e condannato con l’accusa di essersi impadronito dei fondi destinati al suo partito in occasione delle elezioni del 2014. Inoltre, il politico è accusato di diffamazione per avere chiamayo «tirapiedi corrotti» e «traditori»  una serie di persone, tra cui il veterano Artemenko, comparse in un video per la campagna per il referendum costituzionale dello scorso anno, che ha consentito l'estensione del mandato del presidente, Vladimir Putin.

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