Bando agli equivoci, la risposta al titolo-interrogativo di cui sopra è “no”: Emmanuel Macron non può assicurare a Pechino quella stabilità nelle relazioni col suo paese (e con Bruxelles) garantita dai sedici anni di cancellierato “a tutta Cina” di Angela Merkel; i rapporti economico-commerciali con la Francia per la Cina sono meno rilevanti di quelli con la Germania; la cooperazione europea con la Cina dell’èra Merkel è stata soppiantata dalla competizione.

Detto ciò, Xi Jinping e compagni guardano con interesse all’idea di “autonomia strategica” promossa dal presidente francese, che sperano possa tradursi in una maggiore indipendenza dell’Unione europea dagli Stati uniti, e per questo – in una fase in cui il dialogo con l’Ue si è fatto via via più difficile – “corteggiano” l’inquilino dell’Eliseo che, tra quelli dei grandi paesi del Vecchio continente, si è mostrato come il leader più aperto alla Cina.

L’ultima riprova arriva dal colloquio telefonico di lunedì 18 luglio tra il ministro degli Esteri Wang Yi e il consigliere politico di Macron, Emmanuel Bonne. Secondo quanto riportato nel resoconto del ministero degli Affari esteri di Pechino, subito dopo la sua rielezione il 24 aprile scorso, Macron aveva avuto una conversazione con il suo omologo cinese, Xi Jinping, nella quale i due presidenti hanno espresso la comune determinazione a dare nuovo slancio alla collaborazione Pechino-Parigi. In particolare, la Francia sarebbe pronta a rafforzare la cooperazione nei settori dell’aviazione, dell’industria alimentare, in quello energetico e negli scambi culturali e tra popoli.

Secondo la versione cinese del colloquio Wang-Bonne, la Francia «vuole dimostrare congiuntamente le responsabilità dei grandi paesi e adoperarsi per un cessate il fuoco tempestivo per ridurre al minimo gli effetti negativi di ricaduta della crisi ucraina sui paesi vulnerabili e sottosviluppati», vuole dunque lavorare con la Cina a tal fine. «La Cina», prosegue il comunicato, «apprezza gli sforzi di mediazione attivati del presidente Macron e sostiene e crede che la parte francese continuerà a svolgere un ruolo unico e importante nel ristabilire la pace come principale paese europeo».

Insomma, dopo che negli ultimi anni non sono mancati gli scontri (con il documento strategico della Commissione secondo cui la Cina è anche un “rivale sistemico”; con le sanzioni reciproche sulle questioni di Hong Kong e del Xinjiang; il congelamento del Comprehensive Agreement on Investment, Cai), Pechino proverà a riavvicinarsi al suo ex partner commerciale numero uno, primato che l’Ue ha perso durante la pandemia, a vantaggio dei dieci paesi dell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (Asean).

Intanto però il dialogo sul commercio tra Pechino e Bruxelles – ripartito martedì 19 luglio dopo due anni di incomunicabilità – ha prodotto solo affermazioni generiche e nessuno sblocco del Cai. È evidente che, prima di far ripartire la cooperazione sui diversi temi della relazione bilaterale, sarebbe necessario ricucire una fiducia logorata negli ultimi anni. Dopo l’uscita di scena di Merkel ci proverà Macron?

Brusca frenata del Pil, si va verso la revisione della stima per il 2022

L’economia cinese ha fatto registrare il dato peggiore di sempre dopo il -6,8 per cento del primo trimestre 2020. L’Ufficio nazionale di statistica (Nbs) ha reso noto venerdì 15 luglio che il prodotto interno lordo (Pil) nel secondo trimestre del 2022 è aumentato dello 0,4 per cento su base annua. Secondo il portavoce del Nbs, Fu Linghui, «le basi per una ripresa sostenibile e costante devono ancora essere consolidate a causa, dall’estero, dell’aumento del rischio di stagflazione nell’economia mondiale, delle politiche delle principali economie che tendono a essere irrigidite, a cui si aggiungono instabilità e incertezza globale. E», ha proseguito Fu, «a livello nazionale, per i persistenti contraccolpi dell’epidemia, la contrazione della domanda che si intreccia con l’interruzione dell’offerta, i problemi strutturali che si combinano con quelli ciclici, e perché le aziende incontrano tuttora difficoltà operative».

  • Perché è importante

Pesano soprattutto la debole domanda interna, il crollo del settore dei servizi e la flessione dell’immobiliare. In assenza di un massiccio piano di stimolo – dopo il +4,8 del primo trimestre – si allontana il traguardo del +5,5 per cento indicato dal premier Li Keqiang per il 2022, per raggiungere il quale il Pil dovrebbe crescere di oltre il 7 per cento nel secondo semestre. Le persistenti difficoltà potrebbero indurre la leadership ad allentare ulteriormente la politica “contagi zero”, le cui restrizioni agli spostamenti di persone e merci limitano gli effetti di qualsiasi provvedimento economico.

  • Il contesto

Wang Jun – membro del China Chief Economists Forum – ha sollecitato politiche più decise, inclusa l’emissione fino a 2mila miliardi di yuan (296 miliardi di dollari) di buoni del tesoro speciali, aumentando anche il deficit fiscale al di sopra del previsto 2,8 per cento. «Tutto dipende dal giudizio dell’Ufficio politico sulla situazione alla fine di questo mese». Secondo Wang, «l’organismo che riunisce i 25 leader del partito comunista o correggerà l’obiettivo di crescita annuale, o adeguerà la cassetta degli attrezzi».

A Pechino però non intendono modificare con uno stimolo “eccessivo” la politica monetaria e fiscale prudente fin qui seguita. «Non ricorreremo a un super-stimolo, né stamperemo denaro in gran quantità per raggiungere un obiettivo di crescita elevata», ha affermato martedì 19 luglio il premier Li Keqiang durante un dialogo virtuale ospitato dal Forum economico mondiale con quasi 400 leader aziendali globali.

Il Consiglio di Stato ha presentato a fine maggio un pacchetto in 33 punti per sostenere le piccole imprese e gli investimenti infrastrutturali. Dunque potrebbe essere in vista una revisione al ribasso delle stime di crescita per l’anno in corso.

Il 7 per cento della popolazione cinese è iscritto al Partito comunista

Il dipartimento per l’organizzazione ha pubblicato le statistiche sul Partito comunista cinese (Pcc) aggiornate alla fine del 2021. Il partito fondato a Shanghai nel luglio 1921 ha raggiunto 96,7 milioni di iscritti, il 7 per cento della popolazione cinese. Da quando è stato eletto segretario generale nel novembre 2012, Xi Jinping aveva lanciato lo slogan “qualità piuttosto che quantità”, evidenziando la necessità di una selezione più rigida degli aspiranti membri. Così è stato per diversi anni, ma il Pcc ha ripreso a crescere a ritmo sostenuto nel 2020 (+3,5 per cento) e nel 2021 (+3,7 per cento), anni di pandemia, nei quali il partito-stato ha nuovamente accelerato il tesseramento.

  • Perché è importante

Il Pcc sta provando a equilibrare la sua composizione, in particolare la rappresentanza di genere e delle minoranze etniche. Per quanto riguarda il genere, dal 2012 al 2019, la media dei nuovi iscritti donne è stata del 25 per cento, salita rispettivamente al 45 e al 47 per cento nel 2020 e nel 2021. Le donne hanno così raggiunto il 30 per cento del totale degli iscritti. Restano scarsamente rappresentate nel Comitato centrale, ce n’è solo una (la vice premier Sun Chunlan) tra i 25 componenti l’Ufficio politico, e sono da sempre assenti dal suo Comitato permanente, la leadership ristretta (sette membri) che prende le decisioni più importanti. La quota di membri delle minoranze di etnie non han (l’8,9 per cento della popolazione totale) nel partito è cresciuta dal 6,1 per cento nel 1998 al 7,5 per cento nel 2019.

  • Il contesto

Il Pcc si sta espandendo sempre di più all’interno della società cinese. Secondo lo statuto del partito, «nelle imprese, nei villaggi, nelle istituzioni governative, negli istituti di ricerca, nelle comunità, nelle organizzazioni sociali, nelle forze armate e in altre organizzazioni dove sono presenti almeno tre membri del partito, deve essere istituita un’organizzazione di base». Nel 2021, la rete del Pcc ha aggiunto altre 117mila organizzazioni di base, registrando una crescita del 2,4 per cento. Il rapporto afferma che le organizzazioni di base sono state istituite in quasi tutti i luoghi che ne giustificano una.

Consigli di lettura della settimana:

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Weilai vi invita a seguire il futuro della Cina su Domani, e vi dà appuntamento a giovedì prossimo.

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Michelangelo Cocco @classcharacters

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