Il dialogo sul cambiamento climatico non è una bacchetta magica per rianimare le relazioni tra Pechino e Washington, al contrario rischia di finire vittima dalla “rinnovata competizione tra grandi potenze”. Una conferma di questa realtà, tristissima per il pianeta (Cina e Usa sono rispettivamente la prima e i secondi emettitori di anidride carbonica), è arrivata dal discorso pronunciato da Xi Jinping alla conferenza sulla protezione ambientale che si è svolta lunedì e martedì a Pechino, alla presenza dell’inviato di Biden, John Kerry. «Gli impegni della Cina sono incrollabili, ma il percorso verso gli obiettivi, nonché il modo, il ritmo e l’intensità degli sforzi per raggiungerli saranno determinati dalla Cina stessa, e non influenzati da altri», ha avvertito il presidente cinese.

Xi ha promesso il picco per il 2030 e la neutralità carbonica nel 2060 e, a conferma delle preoccupazioni della leadership del partito comunista per il cambiamento climatico, al summit hanno partecipato tutti e sette i componenti del comitato permanente dell’ufficio politico, il governo di fatto della Cina.

Kerry, che ha concluso ieri la sua visita di quattro giorni, ha twittato che Cina e Stati Uniti possono lavorare assieme per la limitazione entro gli 1,5 gradi del riscaldamento globale auspicata dall’Accordo di Parigi del 2015. Ma a Pechino non sembrano altrettanto convinti.

Sparito Qin Gang

Perfino Ma Jun, il moderato, da sempre dialogante con l’Occidente, autorevole ambientalista ideatore di una app con la quale ecologisti e cittadini partecipano al monitoraggio dell’inquinamento, ha ammesso che «la collaborazione sul cambiamento climatico dipende dal clima delle relazioni Cina-Stati Uniti, e sono questi rapporti che determinano se le forme di cooperazione sulle quali le parti si sono accordate possono essere pienamente attuate».

Nell’attuale fase di rallentamento della crescita per Pechino viene prima di tutto lo sviluppo socioeconomico. Inoltre ci si chiede che futuro possa avere il dialogo climatico con Washington, dal momento che tra un anno e mezzo nella Casa Bianca potrebbe fare nuovamente irruzione una leadership negazionista.

Kerry si è intrattenuto con il suo omologo Xie Zhenhua, con il premier Li Qiang e con il capo della commissione esteri del partito, Wang Yi, complessivamente per una dozzina d’ore. Discussioni non ideologiche, questioni i cui termini sono chiariti dalla scienza, con l’interesse comune di fermare la corsa verso il baratro.

Assente anche in questa occasione il ministro degli esteri Qin Gang, sparito dalla scena pubblica da quasi un mese. “Problemi di salute - come da versione ufficiale - o epurazione a seguito di uno scandalo? La seconda eventualità potrebbe creare qualche imbarazzo a Xi, dato che Qin è un suo uomo, promosso in un paio d’anni da addetto al protocollo diplomatico, ad ambasciatore a Washington, infine al governo.

Svolta eolico-solare

Come che sia, in occasione della ripresa ufficiale del dialogo ad alto livello sul clima (sospeso un anno fa, in seguito alla visita a Taiwan dell’ex speaker della Camera, Nancy Pelosi) i cinesi hanno stigmatizzato l’annunciato transito negli States di William Lai, il vice della presidente taiwanese Tsai Ing-wen candidato a succederle. E ricordato che le tecnologie e le filiere legate alla protezione ambientale sono parte integrante della questione climatica: una richiesta indiretta di fermare quello che a Pechino chiamano “containment” tecnologico per frenare lo sviluppo industriale e militare della Cina.

Inoltre a Pechino non hanno gradito il recente invito del consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, secondo cui la Cina deve fare di più e «non può nascondersi dietro alla pretesa di essere ancora una nazione in via di sviluppo».

La Cina nazionalista e assertiva di Xi Jinping ha annunciato l’aggiunta di 160 milioni di kilowatt di capacità eolica e solare installata entro la fine del 2023, per portare al 15,3 per cento la quota di consumi elettrici di fonte eolica e solare.

Nello stesso tempo però difende il principio secondo cui sul cambiamento climatico le responsabilità sono “comuni ma distinte”. Li lo ha detto chiaramente a Kerry: le economie avanzate devono assumere la guida della riduzione delle emissioni di CO2 accollandosi i relativi oneri finanziari, i paesi “in via di sviluppo” devono invece procedere secondo le loro possibilità. Anche nel contrasto al cambiamento climatico Pechino rivendica la sua strada e, nello stesso tempo, si candida alla guida del Sud del mondo.

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