Dopo aver inviato lettere di protesta ai rispettivi leader politici occidentali che hanno annunciato le loro intenzioni di riconoscere lo stato della Palestina, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha garantito carta bianca ai suoi alleati dell’estrema destra per prendere contromisure politiche. E così, senza alcuna remora il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha annunciato ieri una decisione «storica» che «cancella praticamente l’illusione dei due Stati e consolida la presa del popolo ebraico sul cuore della Terra di Israele».

Dichiarazioni che in un altro periodo storico probabilmente non sarebbero mai state pronunciate con così tanta franchezza e senza indugi. Il nuovo piano di insediamento East 1 approvato ieri dal ministero della Difesa esclude, quindi, la nascita dello stato palestinese. Come se non avesse reso bene l’idea della gravità delle sue affermazioni, Smotrich ha aggiunto che «ogni insediamento, ogni quartiere, ogni unità abitativa è un altro chiodo nella bara di questa pericolosa idea».

Il nuovo progetto di insediamento approvato, infatti, prevede entro un anno la costruzione di 3.400 unità abitative tra Gerusalemme e l’attuale insediamento di Ma’ale Adumim.

La Cisgiordania viene divisa, non c’è più continuità territoriale. Il territorio dove sorgeranno le nuove abitazioni dei coloni rappresenta uno degli ultimi collegamenti geografici tra Ramallah, a nord, e Betlemme, a sud.

Reazioni a metà

Il ministro dell’ultradestra, lo stesso che non vuole raggiungere un accordo di tregua a Gaza, aveva dato il proprio via libera al piano la scorsa settimana. «Con il pretesto della guerra, Smotrich e la sua minoranza di amici messianici stanno creando un insediamento illusorio che dovremo abbandonare in caso di accordo», ha detto l'organizzazione Peace Now commentando la notizia. La Ong israeliana si batte da anni contro i coloni e fornisce mappature costantemente aggiornate sulla nascita di nuovi insediamenti illegali.

«Il solo scopo di East 1 è sabotare una soluzione politica», dicono da Peace Now. Il progetto è stato ideato da oltre vent’anni, ma non ha mai visto la luce per via delle pressioni statunitensi durante le precedenti amministrazioni. Ora con Donald Trump la musica è cambiata. E dalla Casa Bianca, infatti, non è arrivata nessuna dichiarazione di condanna. La Palestina è così un’«idea pericolosa» nella mente degli estremisti, mentre la comunità internazionale rimane inerme e si limita a ennesime dichiarazioni di condanna di fronte a mosse politiche concrete che verranno realizzate se non viene posto un freno.

La Germania ha definito il nuovo insediamento approvato come una violazione del diritto internazionale e ha esortato il governo di Benjamin Netanyahu a bloccarlo. Parole simili sono provenute anche dall’Ue che valuta «misure volte a salvaguardare la fattibilità della soluzione dei due Stati». Per l’Autorità nazionale palestinese significa trasformare la Cisgiordania in una prigione.

La trattativa su Gaza

È tornato a parlare a Fox News l’inviato speciale degli Stati Uniti per il Medio Oriente, Steve Witkoff, secondo cui Donald Trump vuole vedere «tutti gli ostaggi tornare» da Gaza e che la guerra «finisca immediatamente». Ma nella Striscia sono continui i bombardamenti dell’Idf. Entro domani è attesa la risposta del governo israeliano all’ultimo accordo di tregua accettato da Hamas che prevede una restituzione graduale degli ostaggi in 60 giorni in cambio del rilascio di centinaia di detenuti palestinesi e l’ingresso a Gaza degli aiuti umanitari.

La decisione dello stato ebraico non appare così scontata, dopo che ieri il ministro della Difesa, Israel Katz, ha approvato il piano per attaccare e occupare Gaza City. E per portare a termine l’operazione militare ha dato l’ordine di richiamare 60mila riservisti. I primi 40mila sono stati chiamati domani mentre il reclutamento inizierà il 2 settembre. L'operazione includerà le cinque divisioni regolari dell'esercito israeliano, e al suo apice comprenderà 12 brigate di combattimento.

La nuova offensiva si chiamerà I carri di Gideon B, richiamando la precedente operazione mortale iniziata lo scorso maggio e che ha colpito l’area sud della Striscia facendo aumentare il numero di vittime civili esponenzialmente. Difficile pensare a evacuazioni di massa della popolazione, l’Egitto ha ribadito ieri che lo sfollamento dei palestinesi da Gaza è una «linea rossa». Per gran parte dell’opinione pubblica internazionale, invece, le linee rosse sono state superate da tempo.

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