Il governo israeliano non risponderà prima di venerdì alla proposta accettata dai miliziani. L’Egitto, in allerta, ammassa 40mila soldati nel Sinai per evitare l’esodo dei gazawi
Il destino degli ostaggi israeliani e del cessate il fuoco a Gaza è sempre di più nelle mani di Benjamin Netanyahu. Il silenzio del suo governo a poco più di 24 ore dalla risposta di Hamas alla nuova proposta di accordo sottoposta da Egitto e Qatar è indicativo.
Il bivio è tra proseguire una guerra criminale, sanguinaria e che per ora non ha raggiunto l’obiettivo iniziale prefissato, ovvero l’annientamento totale di Hamas, oppure quello di accettare un accordo di tregua, riportare gli ostaggi e gettare le basi per il futuro della Striscia. Da Tel Aviv fanno sapere che la risposta ufficiale arriverà entro venerdì, per ora si prende tempo mentre l’Idf ragiona sull’evacuazione di Gaza City e la sua occupazione nei prossimi mesi.
A parlare ieri è stato solo un alto funzionario che ha concesso qualche dichiarazione in forma anonima ai media dello Stato ebraico. «La politica di Israele è coerente e non è cambiata», ha detto. «Israele chiede il rilascio di tutti i 50 ostaggi in linea con i principi stabiliti dal governo per la fine della guerra. Siamo alle fasi conclusive della sconfitta definitiva di Hamas e non lasceremo indietro nessun ostaggio», ha detto la fonte.
Parte del gabinetto di guerra vorrebbe il rilascio immediato di tutti i prigionieri e non graduale. Un’altra parte, quella capeggiata dai ministri dell’ultradestra Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, vorrebbe soltanto portare avanti i loro piani per l’annessione completa di Gaza.
A mettere ulteriori pressioni è leadership qatarina che ieri ha messo pubblicamente alle strette il governo israeliano, ricordando che la bozza di accordo accettata di Hamas aveva già precedentemente ricevuto l’assenso di Tel Aviv. L’organizzazione palestinese ha fornito «una risposta molto positiva, riproducendo quasi interamente» un piano «precedentemente accettato da Israele», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, Majed Al-Ansari.
Intanto secondo quanto riporta l'emittente israeliana Kan, l’Egitto si sarebbe offerto di fare da deposito alle armi di Hamas per un periodo di tempo non specificato.
Al Cairo il clima, però, è molto teso. I mediatori egiziani hanno fatto parecchie pressioni nei confronti di Hamas per paura che l’occupazione militare di Gaza, annunciata da Netanyahu, possa spingere la popolazione civile nel Sinai del Nord. Per questo motivo, una fonte militare ha detto al Middle East Eye che sono stati schierati circa 40mila soldati.
Si tratterebbe di quasi il doppio del numero consentito dal trattato di pace tra Egitto e Israele siglato nel 1979. «L’esercito egiziano è al più alto stato di allerta visto negli ultimi anni», ha sottolineato la fonte, precisando che questo è avvenuto su «ordine diretto del presidente Abdel Fattah al-Sisi nella sua veste di comandante in capo, dopo un incontro con il Consiglio supremo delle Forze armate e il Consiglio di sicurezza nazionale».
«Siamo in un momento umanitario decisivo. Se non raggiungiamo un accordo ora, ci troveremo di fronte a una catastrofe umanitaria che farà impallidire tutte quelle che l'hanno preceduta», ha aggiunto il portavoce qatariota.
Ancora sangue
La conta dei morti aumenta di giorno in giorno senza sosta. Altre tre persone sono morte per via della carestia, troppo pochi i tir che Israele fa entrare nella Striscia. Lunedì sono entrati 370 camion, poco più di un centinaio, invece, nella giornata di ieri. Nelle ultime 24 ore sono stati uccisi 60 palestinesi e 343 sono quelli rimasti feriti negli ultimi attacchi dell’esercito israeliano.
Almeno otto persone sono morte nei bombardamenti hanno colpito anche alcune tende di sfollati nella zona di Mawasi a Khan Yunis, nel sud della Striscia. Altri mentre erano in fila in attesa di ricevere gli aiuti umanitari. Tra le vittime, secondo l’agenzia Wafa, c’è anche un altro giornalista. In totale, secondo il ministero della Salute di Gaza, sono oltre 62mila i morti.
Riconoscimento
Mentre la diplomazia segue i suoi canali e i bombardamenti non danno tregua ai gazawi, Benjamin Netanyahu ha attacco i governi che hanno promosso il riconoscimento della Palestina. «Il vostro appello per uno stato palestinese getta benzina sul fuoco antisemita. Non è diplomazia, è pacificazione. Premia il terrore di Hamas, rafforza il rifiuto di Hamas di liberare gli ostaggi, incoraggia coloro che minacciano gli ebrei francesi e alimenta l'odio per gli ebrei che ora infesta le vostre strade», ha scritto il premier israeliano in una lettera indirizzata al presidente francese Emmanuel Macron. Un carteggio simile è pervenuto anche nella scrivania del primo ministro australiano Anthony Albanese e arriverà anche ad altri capi di stato e di governo che nelle ultime settimane hanno aperto alla possibilità di riconoscere la Palestina.
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